di F.T.
«Continueremo a dire no alle adozioni internazionali prive di garanzie e non ci faremo intimidire dalle denunce né tantomeno dalle minacce». Vanno all’attacco e ci mettono la faccia le associazioni animaliste che si battono contro il ‘traffico’ di cani verso l’estero. Mercoledì mattina hanno esposto il proprio punto di vista in una conferenza stampa a cui hanno preso parte i rappresentanti di alcune realtà che operano sul territorio: Grandi Amici Onlus, Enpa Terni, Piccoli Amici, Canile rifugio di Monte Argento, La Ferriera e il Movimento anti-traffico randagi in Europa (‘Mare’).
«No adozioni al buio» Per Alessandra Ruffini dell’associazione Piccoli Amici, «il fenomeno delle adozioni internazionali di cani randagi, di cui poi si perdono completamente le tracce, riguarda l’intero Paese ed ha numeri da capogiro, anche dal punto di vista economico. Su questo aspetto – spiega – il comune di Terni si è dimostrato sensibile, bloccando le adozioni in attesa che venga fatta chiarezza su un fenomeno dai risvolti inquietanti. Non possiamo accettare che si usino gli animali per fare cassa. Continueremo la nostra battaglia, nonostante le denunce e gli esposti che ci sono piombati addosso, per fatti a cui siamo completamente estranei».
«Non ci fermeremo» Concetti condivisi in pieno da Silvia Festuccia della ‘Grandi Amici onlus’: «Le adozioni devono essere verificabili e tracciabili. Molti Paesi, a differenza del nostro, non dispongono di un’anagrafe canina. Anche per questo il Tar dell’Umbria ci ha dato ragione quando ci siamo opposti alla partenza verso la Germania di alcuni animali del canile di Stroncone». Sulla recente sentenza del tribunale legata alle condizioni precarie in cui sono stati tenuti in passato i cani nella struttura comunale di Colleluna, l’associazione Grandi Amici – parte civile nel procedimento attraverso l’avvocato Francesco Mattiangeli – la vede così: «Quella emessa dal tribunale non può essere considerata una sentenza di assoluzione. La prescrizione del reato contestato dal giudice conferma che l’impianto accusatorio ha retto. Dopo aver letto le motivazioni, decideremo se chiedere il risarcimento dei danni in sede civile».
Ipotesi inquietanti A disegnare uno scenario inquietante per i cani che finiscono all’estero è Sonia Desideri dell’associazione Mare: «Abbiamo le prove che molti di questi animali non sono stati affidati a delle famiglie – afferma -. Purtroppo in diversi paesi, come la Germania, l’Austria e la Svizzera, è possibile vendere animali a scopo di sperimentazione o per pratiche da noi illegali, come la concia delle pelli. Ci sono associazioni in Italia che incassano fra i 300 e i 400 euro, dai Comuni, per ogni bestiola che esce dal canile e finisce all’estero. Per questo continueremo ad opporci alle adozioni fittizie, senza cedere alle intimidazioni».
Capitolo denunce I principali procedimenti che coinvolgono le volontarie delle associazioni, uno di questi legato all’ispezione della Forestale presso il canile di Colleluna, avvenuta lo scorso luglio in seguito ad un esposto in Procura, sono ancora in fase di indagini preliminari. «È nostro interesse chiarire e difenderci – spiega Lidia Pennacchi, l’avvocato che insieme a Francesco Mattiangeli segue gli aspetti legali -. A questa ondata diffamatoria, proveniente da associazioni nazionali e singoli privati, abbiamo risposto nelle sedi opportune. Ovviamente confidiamo nel lavoro degli inquirenti e siamo convinti che il tutto si risolverà in una bolla di sapone». «Le ispezioni – aggiunge Silvia Festuccia – hanno evidenziato le buone condizioni degli animali presenti a Colleluna e questo conferma l’impegno con cui ogni giorno svolgiamo questa attività che è completamente volontaria e per la quale non incassiamo un solo euro dal Comune».
«Serve prevenzione» Sul tema, interviene anche il vicepresidente provinciale dell’Enpa, Giuseppe Moscatelli: «Lo svuotamento dei canili passa attraverso la prevenzione e non inviando semplicemente gli animali all’estero. Ho chiesto direttamente all’Asl ed alle istituzioni di effettuare controlli a campione sui cani partiti dall’Italia, per verificarne le condizioni. Questa proposta è stata osteggiata in ogni modo perché manca l’interesse da parte di chi dovrebbe effettuare i riscontri. Qualsiasi associazione che si definisce ‘animalista’ non può e non deve incassare soldi per le adozioni effettuate. Nessuno può lucrare sulla pelle di questi animali. Le nostre attività di affido non sono bloccate, ma continuano con gli stessi criteri: tracciabilità e affidabilità della famiglia di destinazione».