Terni, Consiglio ‘caro’: quanto costa alla città

90mila euro in tre mesi: per ogni eletto se ne sono spesi 2.800

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Tra sedute ordinarie, quelle straordinarie e quelle ‘aperte’, il consiglio comunale ternano, nel 2015 ha fatto gli straordinari. E così pure le commissioni. Tanto che, come ha fatto presente il presidente, Giuseppe Mascio: «Tra gennaio e febbraio si sono spesi 60mila euro». Ma nessuno, tra i consiglieri – anche tra quelli solitamente più attenti a come palazzo Spada utilizza i soldi – ha dato l’impressione di farci caso. E manco i sindacati.

Spese certe A gennaio, per dire, per l’attività del consiglio comunale se ne sono andati 29.245 euro: 3.279 per il presidente, 10.842 per il consiglio – 4 sedute –  e 15.142 per le commissioni – 5 riunioni della prima, 4 della seconda, 4 della terza e 4 della quarta. A febbraio, invece, la somma è salita a 30.657 euro: sempre 3.279 per il presidente, 10.568 per il consiglio – 4 sedute – e 16.809 per le commissioni, 6 volte si è riunita la prima, 5 la seconda, 4 la terza e la quarta.

Spese presunte E siccome il presidente Mascio ha dichiarato in aula che «nel mese di marzo le spese saranno superiori, perché l’attività (solo il consiglio si è riunito sette volte; ndr) è aumentata», tutto lascia pensare che il totale, per i primi tre mesi del 2015, sia superiore a 90mila euro. Cioè a quei mille euro al giorno a cui si è già fatto riferimento.

La media Ora, visto che i consiglieri comunali sono 32, facendo un po’ di moltiplicazioni e divisioni, viene fuori che per l’attività svolta – compreso il ‘gettone di presenza’ di 91 euro lordi che percepiscono per ogni seduta di consiglio o di commissione – si sono spesi, da gennaio ad oggi, circa 2.800 euro. Per ciascuno di loro.

La precisazione Ovvio che quei soldi non sono finiti nelle tasche dei singoli consiglieri – in media ciascuno di loro arriva ad incassare tra i 400 e i 600 euro al mese di ‘gettoni’ – ma il calcolo è riferito al totale dei costi che palazzo Spada sostiene per il complesso delle attività svolte. Ma in tempi di spending review e di battaglie campali sulle così dette ‘posizioni organizzative’, il dato non è trascurabile. Soprattutto per chi – direttamente in aula o attraverso la diretta streaming – alle sedute assiste.

Il M5S Le spese dichiarate per l’attività dello svolgimento del Consiglio comunale, secondo Thomas De Luca (M5S) «non vanno inserite solo all’interno del quadro dei costi della politica ma vanno soprattutto lette alla luce dei disastrosi risultati ottenuti e dell’inerzia nei confronti di problemi che sono prioritari nell’agenda della città. 3000 euro al giorno per aprire la svendita delle partecipate del nostro Comune, dichiarando il vero e proprio fallimento della politica che per poter far funzionare le proprie aziende è costretta a rivolgersi ai privati. 3000 euro al giorno per non agire tramite un ordinanza per interdire l’uso idropotabile e la costruzione di nuovi pozzi sulle aree contaminate da trielina. 3000 euro al giorno per togliere alla cittadinanza il diritto di voto e ricostituire le abolite circoscrizioni. 3000 euro al giorno per non decidere sul Briccialdi, su Atc, sulla scuola Montessori. 3000 euro al giorno per fare un consiglio come quello sull’area di crisi complessa in cui si è stati incapaci di mettere sul tavolo progetti, idee, azioni e una visione industriale per la città. Se ne sono andati 30 mila euro al mese negli ultimi mesi soprattutto per le spese delle commissioni e proporzionalmente per lo stipendio del presidente Mascio, ma andiamo a vedere quante volte la maggioranza ha richiesto il rinvio in commissioni per gli atti presentati in Consiglio. Andiamo a vedere come la maggioranza ha rinviato in commissione atti come ‘Adesione alla manifestazione Bimbimbici’ o ha completamente fatto sparire atti come l’adesione al Banco della Terra che offre un’opportunità concreta di lavoro per il 51% di giovani disoccupati in città. Se si esautora il consiglio perchè si vuole mettere il cappello sulle questioni, allora si paga tre volte: il tempo della discussione in consiglio prima, il tempo della discussione in commissione e il tempo della discussione finale in consiglio».

Il ‘gettone’ La lunga nota di De Luca, poi, prosegue spiegando che «come M5S, è impossibile inoltre non portare all’evidenza che il Presidente della commissione di garanzia e controllo, Federico Pasculli, ha decisamente un record al ribasso per il minor numero di convocazioni a fronte di un lavoro decisamente colossale di analisi di documenti che non ha paragoni, che ha visto la produzione di due relazioni quella sull’ATC e quella sul Briccialdi e altre due sono in fase di conclusione, due relazioni che hanno fatto luce su argomenti vergognosi per la città. Massima efficenza e produttività. E’ facile poi vedersi erogare gettoni quando non si partecipa, quando non si seguono le questioni leggendo, studiando, facendo un lavoro di approfondimento anche sul campo che ogni giorno impegna come e più di un lavoro a tempo pieno. Facile farlo venendo in commissione o in consiglio senza aver la cognizione di causa di ciò di cui si sta dicendo. Basti pensare che nella scorsa consiliatura solo due volte si è fatto uso del diritto di iniziativa dei consiglieri proponendo delibere e regolamenti, insomma consigli fatti solo per alzare la braciola e ripetere insensati atti retorici. Ecco perchè è sempre più necessario che il consiglio comunale approvi la nostra proposta del 75% di presenza per l’erogazione del gettone, osteggiata da parti della maggioranza e dell’opposizione. Nessuno vuole fare l’amministratore gratis ma l’amministratore deve vedere quell’impegno come un vero e proprio lavoro. Un lavoro fatto per migliorare la vita della comunità in particolar modo in un momento storico come questo. Chiunque non si senta in grado di fare questo, rassegni le proprie dimissioni».

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