Dei colleghi di Giovanni Giannini, ex medico del Santa Maria di Terni
Lettera letta al rito funebre
Lo sgomento e il dolore che mi hanno rapito due giorni fa è lo stesso che ho trovato negli occhi di tutti i colleghi della cardiologia, di tutto il personale. Allo stesso modo lo sconforto e il dispiacere hanno colpito tanti altri colleghi dell’ospedale che hanno tutti incontrato i tuoi passi in ospedale.
Terni: muore durante una visita. Addio al cardiologo Giovanni Giannini. Giovedì i funerali
Ieri (mercoledì, ndr), non ho trovato che incredulità ferita nelle persone che ho incontrato e mi sono messa a scrivere questo testo che ha per semplice obiettivo di raccontare con il cuore quanto sei importante per tutti noi, anche a nome di tutti coloro dell’ospedale che non sono potuti venire qui oggi. Fino al tuo pensionamento che è già stato una tappa giusta per te ma non semplice per noi sei stato un faro, una presenza fissa alla quale fare riferimento per un consiglio, per un modo di risolvere una situazione. Per tanti, giovani e meno, sei stato un padre nei consigli e nei rimproveri e hai fatto crescere generazioni di cardiologi ed infermieri con il tuo esempio. Bastava vedere il tuo sguardo farsi concentrato e le mani precise quando cominciavi a visitare un paziente, dandogli tutta l’attenzione in quel preciso momento.
Burbero in apparenza, ma sempre garbatissimo di modi, con l’occhio che all’improvviso si metteva a frizzare in certe circostanze prima di far uscire una battuta fulminante, a volte anche in situazioni lavorative di fuoco. Ti buttavi nella mischia del reparto in situazioni di ordinaria follia con impegno e dedizione senza colpo ferire, riportavi l’ordine in ore di battaglia e ripartivi a fine turno con il sorriso soddisfatto di chi aveva portato l’obiettivo a casa al meglio possibile.
A volte si fermava la tempesta il tempo di una barzelletta, e dopo si riprendeva a lavorare dopo una risata fragorosa che ci aveva fatto bene a tutti. Riuscivi sempre, anche nelle situazioni pesanti a trovare un lato leggero per sdrammatizzare, sempre con grande eleganza e pudore. Spesso quando noi cardiologi ospedalieri affrontiamo ora delle situazioni simili, sia da solo che in piccoli gruppi che ti hanno frequentato tendiamo a farci la domanda ‘E Giovanni che cosa avrebbe fatto? Che cosa avrebbe detto?’ Mi tornano in mente il tuo spirito di sintesi, di risoluzione concreta dei problemi clinici ed organizzativi, la dedizione, il rigore conditi spesso di elegante nonchalance e il gusto dello stare insieme, medici, infermieri ed Oss nei rari momenti di calma del reparto o dell’ambulatorio.
Alcuni di noi hanno memoria di serate fra colleghi, dopo alcuni congressi dove impugnavi anche la chitarra di gusto per dilettarci, alternandosi con altre barzellette che tutti aspettavano, anche quelle già note, tanto le raccontavi bene. Ci parlavi del tuo amore per la moto, per le macchine, per i viaggi in camper, per i tuoi oggetti di collezione, per la storia e l’arte, e soprattutto per la tua famiglia, tua moglie Rosanna, i tuoi figli Michele ed Eleonora e tuoi genitori che hai accudito fino all’ultimo soffio con gentilezza e dedizione nonostante i mille impegni.
Non hai mai voluto fermarti, saltando da un impegno professionale ad una formazione in congresso, ad un breve viaggio in moto e di nuovo, via in ambulatorio che era l’altro cuore della tua vita oltre alla famiglia. A chi ti consigliava di rallentare per goderti la pensione rispondevi ‘eh no, dopo mi annoio’.
Mi rivedo ancora il tuo sorriso ironico e tenero all’occasione di incontri casuali con la sempiterna domanda, ‘Allora ragazza, come va?’.
Oggi ci sentiamo tutti orfani della tua presenza ma ricchi di tutto quello che ci hai dato. Per questo posso solo dire, a nome di noi che siamo stati la tua seconda famiglia: Grazie Giovanni.