Terni, Di Girolamo rassegna le dimissioni

Diventeranno definitive dopo 20 giorni. In mezzo una difficile opera di ‘ricomposizione’: «Percorso trasparente nell’interesse della città. Mantenuta la parola»

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Leopoldo Di Girolamo si è dimesso dalla carica di sindaco di Terni: il passo è stato formalizzato martedì, attraverso la comunicazione inviata al presidente del consiglio comunale Giuseppe Mascio in base all’articolo 53 del Tuel. Dimissioni che diventeranno definitive – salvo che il primo cittadino ci ripensi, formando una nuova giunta – trascorsi venti giorni. In mezzo, una difficile opera di ricomposizione – con il dissesto dell’ente che deve essere solo formalizzato dalla giunta e quindi dall’assemblea di palazzo Spada – le cui probabilità, allo stato, sembrano davvero ridotte al lumicino. L’ipotesi più probabile resta quella del voto amministrativo nella prossima primavera anche se per una parte della maggioranza sarebbe meglio andare alle urne nel 2019, dopo un anno e più di commissariamento. E forse l’ultimo terreno di scontro, in ordine cronologico, per le ‘beghe’ interne del Pd ternano era ed è proprio questo: la data del voto.

Il sindaco Leopoldo Di Girolamo

«Sconcertato da Finocchio» «Nel consiglio comunale del 1° giugno 2017 – ha esordito Di Girolamo nell’incontro con la stampa di martedì pomeriggio, che ha fatto seguito a quello con la maggioranza – il primo dopo la revoca degli arresti domiciliari applicati nei miei confronti, ho preso un impegno chiaro: che mi sarei dimesso al termine dell’iter del piano di riequlibrio economico finanziario. Lo stesso impegno l’ho ribadito agli organismi dirigenti del mio partito che ringrazio per avermi confermato la stima e il sostegno politico in questa fase. Non ringrazio alcuni singoli esponenti che hanno scelto le colonne della stampa per esprimere il proprio pensiero. Sono rimasto sconcertato dalla scelta fatta da Giorgio Finocchio di comunicare pubblicamente la rinuncia ad entrare nel consiglio comunale. Non voglio entrare nella sostanza di ciò ha detto, ci sarà modo di confrontarsi, ma voglio ricordare a lui e a tutti che fu proprio Giorgio da segretario comunale del Pd, nel 2009 e dopo la rinuncia di Enrico Micheli per motivi di salute a candidarsi a sindaco, a chiedermi di mettere a disposizione la mia candidatura. E i sondaggi vedevano indietro il centrosinistra rispetto alla figura di Antonio Baldassarre. Al tempo avevo appena iniziato la legislatura che mi vedeva impegnato come senatore dell’opposizione. Ma accettai e si arrivò anche a vincere, ribaltando i pronostici. Un inciso che ho voluto fare perché nella memoria delle cose c’è la verità».

La passerella della stazione

Le cose fatte Il sindaco di Terni, dimissionario, ha sottolineato poi che «in quel consiglio del 1° giugno avevo dichiarato che avrei mantenuto l’incarico fino al termine dell’iter del piano di riequilibrio pluriennale, per poi rimettere il mandato al consiglio. Quel piano avevo detto che non ci avrebbe distolto dai tanti progetti in itinere, come il completamento dei varchi elettronici che regolano l’accesso alla Ztl, portato faticosamente a termine, la sistemazione di palazzo Gelasi a Collescipoli che dà una sede prestigiosa all’università telematica Pegaso; l’apertura al completo utilizzo del parco sensoriale nella zona di Cesure, infine l’apertura della passerella ciclo pedonale che collega la stazione ferroviaria con via Proietti Divi, ridisegnando la mobilità di urbana e riqualificando l’area dello scalo. Inoltre l’avvio operativo, grazie ai canoni idrici, degli interventi sul decoro cittadino. Molte cose importanti sono in corso di attivazione concreta, come la posa della banda larga da febbraio, la firma presso il Mise del piano di riconversione industriale inerente l’area di crisi complessa, così come l’avvio operativo della fase progettuale esecutiva delle opere contenute nel piano periferie dove Terni si è classificata al 33° posto nazionale contro l’84° di Perugia. Questo piano porterà risorse per 10 milioni di euro e riqualificherà una parte importante della città».

La sconfitta sul piano di riequilibrio Passaggio sul piano di riequilibrio pluriennale: «Non siamo stati immobili ma abbiamo continuato a lavorare per il bene della città. Ma ora la questione che interessa i cittadini è quella del percorso intrapreso e anche dovuto per trasparenza e onestà, quello del piano di riequilibrio finanziario pluriennale. Un piano complesso che, quando faremo il consiglio sul dissesto, approfondirò nel dettaglio. Ma alcuni elementi generali voglio darli: la situazione di difficoltà nelle finanze dei Comuni che determinano situazioni critiche in molte realtà, come a Torino e Perugia. Il parlamento ha tentato di rivedere la normativa per renderla più praticabile. L’entità del nostro debito è di 14 milioni e 600 mila euro, inferiore alla prima versione accertata. In proporzione al bilancio è il ‘buco’ più piccolo fra tutti i comuni dissestati, anche rispetto ad amministrazioni i cui piani sono stati ritenuti realizzabili. Il governo ha diviso in quattro fasce i comuni e noi siamo nella prima fascia, cioè quelli che hanno una quota debitoria inferiore al 20% del proprio bilancio, con la possibilità di ‘rientrare’ in quattro anni. Il piano di riequilibrio come strumento per risanare l’ente è stato un atto di responsabilità e chiarezza verso i cittadini, fatto nel loro interesse proprio per evitare il quadro che oggi ci vediamo costretti ad affrontare. Le difficoltà finanziarie sono figlie di un percorso che si è sedimentato a partire dagli anni ’90. Questa decisione della Corte dei Conti nazionale chiude in maniera purtroppo negativa quel percorso che avevamo impostato».

La resa e la critica: «No saluto fascista in consiglio» «Avendo ricevuto oggi – ha proseguito – la notifica del dispositivo con cui la Corte dei Conti a sezioni riunite che respinge il ricorso del Comune di Terni, ho comunicato al presidente del consiglio comunale le mie dimissioni da sindaco di Terni. Il motivo fondamentale è che la pubblica amministrazione si muove per atti e la decisione della Corte dei Conti ci era stata comunicata a voce dagli avvocati incaricati. Oggi è giunto l’atto formale dei giudici. In secondo luogo, dal punto di vista politico, vorrei ricordare che il consiglio comunale che è la casa della città, non è uno stadio dove ci sono tifosi che si azzuffano. Non è il posto dove possono essere tenute certe condotte, come l’esibizione del saluto fascista. Lo ritengo inaccettabile e con me tutti quelli che hanno a cuore la democrazia. Non mi faccio imporre scelte da chi ha fatto della violenza verbale la propria cifra politica. Preferisco il silenzio e il rispetto dei luoghi e delle istituzioni che noi frequentiamo e rappresentiamo. Sono una persona che nella propria vita pubblica ha sempre tenuto a preservare la dignità e la legittimità di istituzioni e regole, anche quando queste vanno contro gli interessi politici».

Il consiglio comunale

«Coerenza morale» Sulle dimissioni, Di Girolamo ha ribadito che «sono un atto di coerenza morale e politica che mi mette nelle condizioni di assumermi le mie responsabilità nei confronti della città. In questi giorni ho letto articoli e titoli, talvolta imprecisi e aggressivi: il consiglio comunale per votare il dissesto non poteva essere convocato prima della relativa comunicazione del prefetto. In quanto alla nomina di un commissario ad acta per deliberare, non c’è nulla di tutto ciò perché la giunta è stata ricostituita grazie alla disponibilità di Moreno Rosati. Delibereremo a strettp giro sugli spazi elettorali, perché non è ancora arrivata la lista dei partiti da Perugia. Permettetemi poi una precisazione sul fatto che il sindaco sia ‘incollato’ alla poltrona: se io sono qui, su questa poltrona similpelle e piuttosto malmessa, è perché lo hanno deciso i cittadini ternani nel 2009 e nel 2014. Nessun primo cittadino è aggrappato al proprio posto perché ognuno di noi sta vivendo una stagione drammatica, tanto che nell’ultimo consiglio di Anci ci è stato detto che ormai circa un quinto dei sindaci in carica sono oggi alle prese con procedimenti penali che vanno dall’abuso d’ufficio all’omicidio colposo. Senza dire delle tante iniziative della magistratura contabile. Comuni che non vanno al voto perché non ci sono candidati, sindaci che si dimettono, altri che non si ripresentano per il secondo mandato o che non vengono riconfermati».

Le rinunce e le vicende giudiziarie «Mi sono messo – ha ricordato – a disposizione perseguendo l’interesse pubblico e senza mai avere vantaggi personali e politici. Mi sono dimesso dalla carica di senatore un mese dopo l’elezione, unico a farlo in tutto il parlamento italiano. Sui benefici personali voglio far presente che oltre alle problematiche personali e professionali che riguardano chi viene eletto in ruoli apicali, il sottoscritto ha rinunciato a 600 mila euro dei quattro anni in parlamento, anche se io trattenevo solo la parte ‘stipendiale’, trasferendo il resto al partito nazionale e locale. Nel 2011 ho scelto volontariamente di prendere solo gli emolumenti dovuti per legge al sindaco e il Comune di Terni in tal modo ha potuto beneficiare di 300 mila euro in più. Le vicende giudiziarie mi hanno provato nel profondo ma ormai il sindaco è il parafulmine di tutto ciò che accade. Basti pensare a chi governa i piccoli comuni, persone animate più di tutte dalla passione civile e dall’amore per le proprie comunità.

Moreno Rosati

I ringraziamenti Di Girolamo ha voluto fare un plauso «a tutti i consiglieri di maggioranza che hanno condiviso con me questo percorso complicato, le forze politiche che mi hanno sostenuto. Ringrazio Moreno Rosati e Giuliano Rossi (consigliere comunale subentrato al dimissionario Andrea Zingarelli, ndR) per la generosità che hanno mostrato, dando la propria disponibilità a stare uno in giunta e l’altro in consiglio, sapendo quali erano le tempistiche e le questioni in gioco. Ringrazio la stampa perché penso che con la vostra comunicazione, tutti possano essere protagonisti di una fase di ascolto per fare sempre bene e meglio nella nostra città. Nel prossimo consiglio comunale, oltre a parlare del dissesto, traccerò un bilancio delle cose fatte e non, spiegando perché si è giunti a tale esito dal punto di vista finanziario».

I prossimi giorni e l’iter per il dissesto Ora attenzione alle prossime settimane: «Le dimissioni divengono irrevocabili dopo venti giorni – ha spiegato Di Girolamo -. Ora noi, come giunta, dovremo deliberare, una volta acquisita la relazione del collegio sindacale, analizzando gli elementi che hanno portato a questa situazione di dissesto finanziario. Lo faremo entro un paio di giorni. Voteremo l’atto e lo trasmetteremo al presidente del consiglio comunale che convocherà la seduta. In base alla normativa odierna il dissesto dura cinque anni, nonostante noi fossimo nella prima fascia del predissesto che prevede il ‘rientro’ in quattro esercizi. Noi abbiamo fatto di tutto per evitare il dissesto ma la Corte umbra e quella centrale hanno respinto il nostro piano».

Emanuele Fiorini

Lega Nord Terni «È arrivato il momento che tutti aspettavano con ansia e trepidazione: le dimissioni di Di Girolamo»: così il capogruppo della Lega in Regione, Emanuele Fiorini, che prosegue: «Un gesto, quello del sindaco, che arriva con almeno tre anni di ritardo e con una città ormai sul baratro del dissesto. Bisogna solo sperare che siano irrevocabili e che l’agonia della città, dopo un annuncio di mera facciata utile solo a placare gli animi, non sia prolungata dall’attaccamento al respiratore artificiale delle alchimie politiche e dei rimpasti».

Melasecche e M5S Così il consigliere comunale di I Love Terni e i componenti del gruppo consiliare M5S (Patrizia Braghiroli, Valentina Pococacio, Angelica Trenta, Thomas De Luca, Federico Pasculli): «Mentre continuano a fioccare le dimissioni ed i rifiuti, Cavicchioli, Zingarelli, Finocchio cui si aggiungono oggi Piermatti e Ricci che, come i sottoscritti, chiedono elezioni subito, il sindaco dopo una manifestazione epocale di ieri dei cittadini in consiglio e l’occupazione del municipio ad iniziativa di alcuni consiglieri di minoranza cui si sono uniti molti ternani, si è deciso a dare le dimissioni prima della dichiarazione del dissesto. Una nostra piccola parziale vittoria. Ma come al solito – aggiungono – decide e non decide. Si tratta di dimissioni revocabili mentre giungono voci sinistre da questa ribollente maggioranza in cui alcuni di quei consiglieri sono ormai convinti che solo e soltanto le elezioni a giugno 2018 possano ridare alla città la possibilità di ripartire dopo questi nove anni caratterizzati da errori macroscopici, irregolarità ed illegalità che la legge sta perseguendo».

Marco Cecconi

Cecconi Per l’esponente di FdI «nessuno li rimpiangerà, perché lasciano in eredità per gli anni a venire un Comune fallito – tecnicamente – e per il modo in cui hanno fatto sì che questo accadesse, negando l’evidenza fino all’ultimo ed oltre ogni limite di decenza. Nessuno li rimpiangerà: perché, oltre ai soldi che i ternani saranno costretti a pagare per ripianare quei debiti, ai ternani e a Terni hanno fatto perdere troppo tempo. Il tempo di una deriva e di un degrado sempre più gravi, il tempo di un non-governo che si sconta fin nel più recondito meandro di palazzo Spada e nelle pieghe delle pratiche più semplici. Fermi, immobili, muri di gomma contro i quali hanno rimbalzato inutilmente le accuse della procura e le bocciature plurime della magistratura contabile, ma anche le censure di quelle opposizioni che, come noi, da anni avevano previsto il default. Nessuno li rimpiangerà: perché se avessero ammesso quando era ora il dissesto dei conti pubblici, adesso ne saremmo già fuori. Nessuno li rimpiangerà: perché, al di là di qualunque tecnicismo, dignità avrebbe imposto un passo indietro  già da mesi e mesi, piuttosto che fare in modo e maniera (proprio come hanno fatto loro) di tirare avanti il più a lungo possibile, giusto per scongiurare in tutti i modi il rischio (per loro altissimo, da tanti punti di vista) di elezioni anticipate. Nessuno li rimpiangerà: perché questa è stata la peggiore amministrazione del dopoguerra. E tutti, oggi, considerano le dimissioni odierne nient’altro che un atto dovuto, sotto il profilo politico e morale. Un atto dovuto, ma odiosamente tardivo. A fronte di così tanti errori e responsabilità, non ci può essere neanche l’onore delle armi».

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