13 anni e 8 mesi di reclusione oltre a 4 anni di misura di sicurezza presso una Rems, in ragione della sua pericolosità sociale: questa la condanna inflitta martedì dal tribunale di Terni – giudice Barbara Di Giovannantonio – con le modalità del rito abbreviato, nei confronti del 48enne di origini cubane Osiel Mancha Pereira, accusato dell’omicidio dell’imprenditore 40enne, originario di Spoleto, Luca Bruschini, morto il 26 giugno del 2024 all’ospedale di Terni – dopo quattro mesi di coma – a seguito della brutale aggressione con un’arma da taglio compiuta dall’uomo la sera del 16 febbraio dello stesso anno in via Natta, all’esterno della ditta Ternicolor di cui Bruschini era titolare.
In aula il pubblico ministero Marco Stramaglia, titolare delle indagini condotte dai carabinieri del comando provinciale di Terni, ha visto pienamente accolta la richiesta di condanna a 13 anni e 8 mesi di reclusione, legata sia alla riduzione di un terzo della pena per il rito disposto dal tribunale, che al vizio parziale di mente riscontrato. Di contro i legali difensori del 48enne, gli avvocati Luca Gentili e Laura Spaccino del Foro di Perugia, oltre a chiedere in prima battuta l’assoluzione, hanno rimarcato la sussistenza delle attenuanti generiche per il proprio assistito, ricordando anche l’esito della perizia condotta dal professor Stefano Ferracuti, disposta dal tribunale di Terni in fase di indagine con le modalità dell’incidente probatorio, che aveva rilevato una parziale capacità di intendere e di volere del Manche Pereira, unita comunque alla sua capacità di stare in giudizio.
In apertura di udienza, il 48enne cubano – accusato anche di porto di armi/oggetti atti ad offendere – ha parlato per oltre un’ora – rilasciando spontanee dichiarazioni al giudice -, affermando sia di non essere stato lui a colpire Bruschini («ho visto solo tanto sangue», avrebbe detto), di essere stato vittima di abusi durante l’infanzia trascorsa a Cuba e di essersi sentito in qualche modo perseguitato, a Terni, da gruppi di persone che cercavano di ‘incastrarlo’ accusandolo di reati, furti nel caso di specie, da lui mai compiuti. Elemento quest’ultimo che, nel contesto delle indagini, è sempre stato ritenuto insussistente e legato alle supposte problematiche psichiatriche dell’uomo. Che conosceva i Bruschini avendo eseguito dei lavori, a partita Iva, per conto della Ternicolor a partire dall’aprile 2023 e per circa nove mesi complessivi.
In aula, sempre presenti i genitori di Luca Bruschini – parti civili, unitamente alla sorella della vittima, attraverso gli avvocati Attilio e Daniele Biancifiori del Foro di Terni – che, oltre a vivere sulla propria pelle una tragedia iniziata con il grave ferimento del figlio, passata per il drammatico e purtroppo atteso epilogo e sfociata in un procedimento penale doloroso, hanno assistitito con ammirevole pazienza e compostezza all’udienza, alle dichiarazioni del 48enne e quindi alla lettura del dispositivo da parte del giudice. L’azione criminale del Mancha Pereira non sarebbe fondata su motivi oggettivi, non essendoci peraltro stata alcuna discussione quella sera con la vittima, ma solo su elementi noti al solo 48enne, arrestato dai carabinieri poco dopo il fatto – si era presentato spontaneamente in caserma – con l’arma del delitto, forse un machete, che ad oggi non è stata ancora ritrovata.
«È stato riconosciuto il vizio paziale di mente – affermano gli avvocati difensori Luca Gentili e Laura Spaccino – e la sentenza ha un che di giustizia per la morte di un uomo che, forse, poteva essere evitata. In ragione dei tanti esposti presentati dallo stesso nel tempo all’autorità giudiziaria, esito della patologia persecutoria che lo affligge. In merito all’eventuale appello, decideremo anche a seguito delle motivazioni della sentenza». Motivazioni che verranno depositate entro i prossimi 90 giorni.
Per i legali della famiglia Bruschini, Attilio e Daniele Biancifiori, «è stata pienamente accolta la richiesta del pm e ovviamente condividiamo il giudizio finale di condanna. La pena dipende da meccanismi processuali ed aspetti tecnici, ma lascia comunque l’amaro in bocca. Se dal punto di vista processuale c’è soddisfazione per quanto deciso, sul piano morale nulla potrà sollevare i familiari di Luca dalla sofferenza in cui sono improvvisamente piombati quasi un anno e mezzo fa». Il tribunale ha stabilito provvisionali pari a 20 mila euro ciascuna per le tre parti civili – padre, madre e sorella della vittima -, con il risarcimento definitivo che dovrà essere stabilito dal tribunale in sede civile.
«Questo soggetto – sono le parole di Claudio Bruschini, padre di Luca, dopo la sentenza – aveva presentato diciassette denunce in dieci anni, tutte contro persone, vicini, colleghi, che secondo lui cercavano di attribuirgli furti e reati compiuti, filmandolo, costruendo prove nei suoi confronti. Tutto questo è l’indice delle manie persecutorie da cui è affetto e, visto che una denuncia era stata sporta anche contro di noi, ma nessuno ci ha mai avvertiti, dico che forse tutto quello che è accaduto si sarebbe potuto evitare. Se avessimo saputo che ci aveva denunciati, e chiaramente la cosa ci avrebbe sorpreso perché questa persona ha sempre lavorato bene e si è sempre comportata correttamente con noi, forse avremmo interrotto ogni rapporto o comunque l’avremmo visto con occhi diversi».