Riceviamo e pubblichiamo la nota del gruppo ‘Noi per Norcia’
‘La ricostruzione privata è finalmente partita. Oltre il 60% delle domande di ricostruzione già evase, visto che sono state finanziate 12.500 domande su circa 20 mila’. Questo è il messaggio che il circo mediatico che gira intorno alla ricostruzione ha fatto passare nel giorno del ricordo del terremoto, a cinque anni di distanza dal 2016. Un messaggio rassicurante diffuso da tutti i mezzi di informazione locali, nazionali ed internazionali, sui siti Internet e Facebook, che aveva l’obiettivo di tranquillizzare tutti quelli che abitano lontani dal cratere del terremoto e che ovviamente ha scatenato i ‘mi piace’ di coloro che debbono apparire protagonisti e non si rendono conto di che cosa ‘gli piace’.
Questo messaggio però ha anche aumentato la rabbia e l’indignazione di tutti coloro che abitano nel cratere del terremoto e che ancora, a cinque anni di distanza, aspettano la ricostruzione e, guardando in giro, vedono la realtà opposta. La domanda allora è ovvia: ma come è possibile che dei numeri rendano felici alcuni e fanno arrabbiare i diretti interessati? Il problema è che i numeri si possono diffondere in tanti modi parziali e diversi, a seconda di come è più comodo. Far sapere che oltre il 60% delle domande presentate è stato finanziato, porta a credere che la ricostruzione abbia superato il 60%. Senza approfondire, siamo tutti illusi e contenti.
Se andiamo ad approfondire (nemmeno tutto) però dovremmo aggiungere che accanto alle 20 mila domande presentate, ce ne sono almeno altre 60 mila che ancora non sono state presentate. E allora se sono state finanziate 12 mila domande sugli oltre 80 mila edifici inagibili totali (e secondo noi sono molti di più quelli danneggiati), ecco che la percentuale scende vertiginosamente dal 60 al 15% per tutte e cinque le regioni colpite. In Umbria, come ha giustamente rilevato Andrea Fabbri, i numeri ufficiali parlano di 11.890 edifici inagibili, 3.463 progetti presentati, 1.687 autorizzati (ovvero poco più della metà delle richieste e circa il 10% del bisogno).
Quando sentite o leggete qualcuno che annuncia ‘la chiusura di oltre 300 cantieri sul territorio’, è necessario sottolineare che 300 su 1.687 fa circa il 18% e 300 su 11.890 fa il 2,5%. Tra l’altro per cantiere si intende un qualsiasi tipo di cantiere, anche quello aperto per sistemare una sola crepa e per il quale si sia richiesto lo specifico contributo allo Stato. La quasi totalità di questi 300 cantieri chiusi è rappresentata, appunto, da questi lavori ‘minori’. Non pensate si tratti di interventi pesanti, tipo demolizione e ricostruzione che si contano davvero sulla punta delle dita di una sola mano. ‘Poi – conclude Andrea – , ripeto: basta farsi un giretto’.
Magari il giretto bisognerebbe farlo, se non si è in malafede (e tanti lo sono), prima di mettere ‘mi piace’ sotto le dichiarazioni di chi vuole (sbagliando) a tutti i costi far girare la voce che la ricostruzione è partita. Sbagliando, perché non è vero e affermare il contrario serve soltanto a far contenti ‘gli amici degli amici’ o a nascondere una realtà di cui si è responsabili o conniventi. Ci dispiace che in questo circuito partecipi anche l’unica persona che (ancora) non c’entra niente. E cioè il commissario per la ricostruzione Legnini che si è trovato a gestire una situazione tragica, viziata dagli errori dei suoi predecessori e di chi ha governato, dal 2016, a livello nazionale, regionale e comunale. Legnini sta facendo salti mortali per accellerare, ma il problema, come dicono i numeri, non sta soltanto nelle pratiche presentate. Il problema più grande sta nelle migliaia di domande che ancora non sono state o non possono essere presentate.
E fino a quando non si affronteranno questi problemi, la ricostruzione sarà ogni anno un anniversario in cui pubblicare i dati giusti per far apparire quello che non è. E colpevoli, più di tutti, sono quelli che, pur vedendo con i loro occhi la reale situazione, si girano dall’altra parte, fanno finta di non vedere e di non sentire.