Il mese di maggio, dedicato nel mondo cristiano alla Madonna, volge al termine. Questa volta ci occuperemo di una piccola cappella rupestre dedicata alla Madonna del Rosario, un tempo assai frequentata dai residenti della frazione di Terria (Ferentillo). “L’edificio, innanzitutto ricco di singolari affreschi – afferma lo storico locale Carlo Favetti – è formato da una piccola struttura inserita in parte tra altri piccoli edifici rurali. Restaurata grazie alla tenacia ed alla raccolta dei fondi da parte dei cittadini in occasione della festa di San Lorenzo, tutelata dal Fai, ma soprattutto importante è stato l’atto di buona volontà della famiglia di Primo Piermarini».
«Ci piace raccontare curiosità riferite alla devozione – prosegue Favetti -. La cappella, come detto, è inserita in un complesso ad uso agricolo. Probabilmente, prima della pertinenza religiosa, era una stalla per animali. Forse un evento religioso, verificatosi nella prima metà del XV secolo, ha spinto i primi proprietari a destinare questo vano a cappella. Il luogo è veramente singolare, lo si può incontrare ai piedi dell’antico castello di Terria, passando sopra ad un ponticello sul fosso, lungo la mulattiera a gradini che ascende l’abitato. Da qui si può raggiungere la torre quadrata, di recente restaurata. Qui è luogo ideale per incontrare animali selvatici come l’istrice, il riccio, la donnola, la volpe, il tasso e l’immancabile cinghiale. L’edificio – prosegue lo storico ferentillese – è composto da due piccoli vani. L’ingresso è semplice: portale rettangolare, sviluppato in altezza, costituito da piedritti che sorreggono un architrave semplice. All’interno probabilmente la parte originaria è costituita dalla nicchia. Le pareti sono affrescate, con dipinti databili al XV-XVII secolo. Sulla parete subito dopo l’ingresso, sulla destra, due affreschi raffiguranti Sant’Elmo vestito con i paramenti vescovili e con mitria, con la mano sinistra sorregge il pastorale mentre un San Felice, che uccide il drago, indossa una tunica verde stretta alla vita da una cinta rossa, così anche le calze. Il santo è armato di una lancia che infila nella bocca del drago insidioso ai suoi piedi. I due santi probabilmente sono stati dipinti dal cosiddetto maestro di Eggi o da un suo allievo. Questo lo si può accertare – aggiunge – nelle fattezze dei personaggi qui raffigurati, che rispecchiano nella loro arcaicità le suggestioni dei santi prodotti nella prima metà del quindicesimo secolo nell’abside della chiesa abbaziale di San Pietro in Valle».
«Dipinti molto suggestivi – osserva Carlo Favetti – fatti realizzare su commissione della comunità. Infatti era noto che le famiglie del luogo, per immortalare le grazie ricevute, finanziavano artisti più o meno noti per realizzare queste opere. Sotto Sant’Elmo è scritto: HO OPVS FACTA FARE FAMILIA ROSATI. Nella nicchia, che fungeva da altare, è riprodotto un Cristo Maestro nel sottarco e ai lati una Madonna del Rosario; altro frammento di santa, forse una Santa Caterina. Nella parete di destra della nicchia, un bell affresco di contenute dimensioni raffigurante le stigmate di San Francesco datato 1513. La chiesetta – conclude – prima del recupero, era in un avanzato stato di abbandono. Ora aspetta i devoti ma soprattutto i turisti che si avventurano lungo il fiume Nera alla scoperta di questi antichissimi borghi, pregni di profumi, tra il silenzio della natura incontaminata».