Tk-Ast, acciaio e dazi: l’Europa alza le difese

Una ‘tassa’ del 25% per le importazioni dalla Cina di circa il 12% per quelle da Taiwan. Il sindaco Di Girolamo plaude

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di Marco Torricelli

L’indiscrezione, molto importante per Tk-Ast, arriva da una fonte notoriamente attendibile come l’agenzia Reuters e dice che a fine mese l’Unione europea imporrà dazi antidumping sulle importazioni di acciaio inossidabile da Cina e Taiwan.

I tassi La Commissione, secondo l’agenzia, prevede di fissare l’importo del dazio al 25% per le importazioni dalla Cina e circa al 12% per quelle da Taiwan. Il tutto avverrebbe in seguito ad una denuncia presentata nel maggio 2014 dall’associazione europea dei produttori di acciaio, Eurofer.

I tempi La proposta dovrebbe essere presentata agli Stati membri dell’Ue nel corso della prossima settimana e entro il 26 marzo è atteso un pronunciamento che sarà provvisorio, in attesa dei risultati di un’indagine che si concluderà nel mese di settembre.

I valori Eurofer, nella denuncia presentata, parlava di un totale di importazioni dalla Cina e Taiwan per circa 620 milioni di euro, che corrisponde a circa il 17% dell’acciaio inossidabile laminato a freddo circolante nell’Unione europea nel 2013 e venduto a prezzi ingiustamente bassi. Le esportazioni totali di acciaio cinese sono salite, secondo Eurufer, al massimo storico di 93 milioni di tonnellate nel 2014: un valore che sempre Eurofer ha stimato pari al 60% del consumo totale di acciaio dell’Ue.

Il sindaco La notizia, dice Leopoldo Di Girolamo, «rappresenterebbe un elemento di grande importanza per tutti i produttori europei di acciaio, ad iniziare da Ast», ricordando poi che «da tempo ci siamo attivati, insieme al territorio, alle altre istituzioni, alle forze politiche e sindacali, affinché da Bruxelles arrivi un pronunciamento chiaro su quanto richiesto dall’associazione dei produttori europei di acciaio con il pieno sostegno dei sindacati europei dell’industria. Gli acciai di scarsa qualità nel volgere di un anno, provenienti dai paesi asiatici, hanno raggiunto in Europa una fetta di mercato del 30%. Una cifra rilevante per produzioni industriali disattente alle tematiche ambientali e con standard di qualità che non possono essere paragonati a quelli europei. La misura richiesta con forza e presentata in varie occasioni anche alle organizzazioni europee, sia istituzionali che sociali, non è provvedimento di tipo protezionistico, ma il giusto riconoscimento dei maggiori costi che i produttori europei sostengono a fronte di qualità, retribuzioni salariali e soprattutto rispetto dell’ambiente attraverso procedure certificate. Continueremo a lavorare, anche in sinergia con il governo, in particolare con il ministero delle attività produttive, affinchè le indiscrezioni rilanciate da rilevanti fonti informative e sindacali europee trovino l’adeguata concretizzazione».

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