di Giuliana Renelli
Cgil Umbria
Da giorni sulla stampa nazionale e locale non facciamo altro che leggere numeri che esaltano la ripresa del mercato del lavoro (salvo poi rivederli al ribasso nei giorni successivi), in un crescente entusiasmo per una ventilata “crescita occupazionale”. Naturalmente tutto ciò non può non farci piacere anche se, a nostro avviso, sarebbe consigliabile maggiore prudenza.
Anche oggi l’INPS consegna per l’Umbria un profilo di grandi numeri sulle assunzioni a tempo indeterminato. Peccato però che sappiamo bene che non si tratta nella maggior parte dei casi di nuovi posti di lavoro ma, per lo più , di trasformazioni di tempi determinati e, qualche volta, anche di false partite IVA , incentivate dalle nuove norme sul lavoro. Situazione che avevamo peraltro previsto, lanciando l’allarme sulle possibili distorsioni di un mercato del lavoro “dopato”.
Il combinato disposto tra decontribuzione triennale, data dalla legge di stabilità, e contratto a tutele crescenti, frutto del Jobs Act, fa sì, infatti, che stabilizzare per tre anni un lavoratore sia quanto mai conveniente, rispetto al mantenimento di un tempo determinato, soprattutto perché, se allo scadere dei tre anni di sgravi contributivi il lavoratore viene licenziato (facilissimo col Jobs Act), al datore di lavoro non viene chiesto nulla indietro. Non dovrà risarcire nessuno, neanche quell’istituto al quale non ha versato gli oltre 24mila euro di sgravi contributivi. Insomma: assumo, godo dei lauti sgravi e quando finiscono licenzio. Ottimo!
L’Umbria è entrata nella crisi con indici occupazionali molto buoni, superiori alle altre regioni del Centro e vicini a quelli del Nord, poi ha avuto un arretramento notevole, posizionandosi su valori più bassi delle altre regioni del Centro e avvicinandosi pericolosamente alle percentuali del Sud, segno che la nostra regione ha subito fortemente l’arretramento del mercato.
Ora è davvero possibile parlare di ripresa? Al momento, a giudicare dalle crisi industriali che stiamo gestendo, non ci sembra. Per questo, continueremo a tenere sott’occhio i numeri, confrontandoli con la realtà quotidiana dei posti di lavoro, per non trovarci fra tre anni a leccarci le ferite dopo aver troppo presto cantato vittoria.