Umbria, scuole chiuse: arriva il ricorso al Tar

Un gruppo di genitori e docenti impugnano l’ordinanza della Regione: «Basta usare le scuole come capro espiatorio»

Condividi questo articolo su

«Nel momento più buio per l’Umbria, speravamo di non dover essere costretti a rivolgerci agli organi della giustizia. Anche noi siamo preoccupati come tutti per la situazione dei contagi e abbiamo genitori e nonni anziani da proteggere, ma è inaccettabile che in questa Regione gli studenti siano utilizzati come capro espiatorio». Un gruppo di genitori e docenti hanno deciso di impegnarsi per garantire ai ragazzi «il diritto ad un’istruzione efficace e ad una crescita socio-psicologica equilibrata».

SPECIALE COVID – UMBRIAON

Il ricorso al Tar

Alcuni di loro, vista la situazione e avvertendo la loro responsabilità in quanto parte integrante della comunità educante, intendono organizzarsi per associarsi formalmente al fine di dare una voce a tutti gli studenti (delle scuole di ogni ordine e grado, paritarie e statali) e genitori che volessero essere tutelati nei loro diritti, in quanto gli stessi hanno raccolto le testimonianze di numerose famiglie che sono state abbandonate a gestire una situazione sempre più insostenibile e si sono rivolte a loro in cerca di qualcuno che desse loro voce. Giovedì mattina è stato notificato tramite Pec un ricorso al Tar Umbria contro il provvedimento della Regione Umbria (Ordinanza n. 14 del 6/2/2021) che ha disposto, tra l’altro, all’articolo 2, la chiusura in presenza di tutte le classi delle scuole primarie, secondarie di primo e secondo grado, statali e paritarie, di tutti i comuni della provincia di Perugia, nonché nei comuni della provincia di Terni indicati nell’allegato n. 1 dell’ordinanza.

«Trovare soluzioni nuove»

«I principali focolai di Covid-19 in Umbria – scrivono i genitori – sono nelle Rsa e negli ospedali. Finora le scuole si sono dimostrate posti sicuri e questo lo dicono i dati: i contagi avvenuti in ambito scolastico rappresentano una percentuale irrisoria del totale. E giunti a questo punto è inaccettabile avanzare la scusa del trasporto pubblico urbano. Passato più di un anno dall’inizio della pandemia, qualcuno avrebbe dovuto affrontare (e risolvere) il problema molto tempo fa. Non si può nemmeno sostenere che il problema siano gli assembramenti fuori dalla scuola. Certo, a fronte di una larghissima maggioranza di studenti che si comportano in maniera attenta e disciplinata, ce ne sono alcuni che ancora non hanno capito l’importanza del rispetto delle regole. Questi vanno prontamente indirizzati ed educati al rispetto delle norme (ma chi educa con le scuole chiuse?), gli istituti scolastici siano aiutati dalle forze dell’ordine preposte al controllo. È compito degli Enti locali prevedere l’utilizzo delle forze dell’ordine a questo scopo, come ad esempio avviene nella vicina Toscana. Non è necessario chiudere tutto. È necessario trovare soluzioni nuove. Come genitori e docenti ci siamo proposti in più occasioni di essere coinvolti nei tavoli preposti al fine di suggerire linee ed indirizzi più mirati per monitorare sistematicamente al meglio lo stato di pandemia cogliendo l’opportunità di tenere le scuole aperte anche come presidio di tracciamento e prevenzione sul territorio per migliorare e mantenere lo stato di sicurezza generale della popolazione intera».

«Le difficoltà per le famiglie»

E invece, concludono, «di nuovo, la Regione ha preferito la via più semplice, sospendendo ancora una volta un diritto imprescindibile per bambini e ragazzi, e mettendo in difficoltà molte famiglie che si sono ritrovate dall’oggi al domani a dover gestire figli a casa e lavoro, a volte ricorrendo ai nonni, coloro che dovrebbero essere tutelati e protetti. Inoltre questa chiusura aggrava indirettamente la situazione sanitaria in quanto molti genitori che svolgono attività sanitarie, si trovano a dover scegliere tra garantire la loro presenza in ospedale e assistere i figli piccoli a casa».

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli