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Home » Vaccini in Umbria, percentuali ‘falsate’ per settimane: ecco spiegato il perché

Vaccini in Umbria, percentuali ‘falsate’ per settimane: ecco spiegato il perché

di Redattore
30 Settembre 2021
in Ambiente e salute, Apertura 5, Coronavirus, In evidenza
Tempo di lettura: 4 minuti di lettura
Condividi su FacebookCondividi su X (Twitter)Invia su Whatsapp

di P.C.

Non sorprendetevi se nelle prossime ore, consultando la dashboard regionale sui dati Covid dell’Umbria, doveste trovare, nella sezione ‘vaccini’, delle percentuali di somministrazione più basse rispetto ai giorni scorsi. Tutto normale. Anzi, proprio da oggi, 29 settembre, le percentuali umbre possono finalmente essere considerate attendibili – diciamo più attendibili di prima – dopo che nelle ultime ore i tecnici di Umbria Digitale, che curano il sito dedicato al Covid della Regione Umbria, su indicazione della struttura Covid regionale, hanno riparametrato le varie sezioni, uniformando le comunicazioni della nostra regione a quelle nazionali e correggendo alcuni errori di calcolo e semantici che falsavano l’interpretazione dei dati. Aspetto che ha finito per indurre in errore anche alcune testate giornalistiche che, basandosi su quei dati, poi realizzavano articoli e grafiche riepilogative. 

COVID IN UMBRIA: I DATI DI OGGI

Come cambia la dashboard vaccini Umbria

L’asimmetria presente fino a martedì e corretta in queste ore, faceva sì che la percentuale umbra di vaccinazioni fosse sovrastimata rispetto alla media delle altre regioni, in virtù di un errato calcolo della platea vaccinabile, conseguente alla mancata ratifica negli algoritmi dei nuovi criteri di somministrazione dei vaccini, e di una errata definizione nella didascalia che induceva in errore chi quei dati li consultava per paragonarli con gli omologhi dati nazionali. Cosa sia successo nel dettaglio ve lo spieghiamo di seguito; voi intanto armatevi di calcolatrice e utilizzate la combinazione di tasti CTRL+F5 sulla dashboard, così da essere sicuri di visualizzare la versione aggiornata.

SPECIALE CORONAVIRUS

Il contesto

Le comunicazioni sui vaccini in dashboard sono cominciate in primavera, quando la campagna ha preso il via. All’inizio il dato che veniva maggiormente monitorato dai media era quello dell’arrivo delle dosi e della percentuale di utilizzo sulle dosi consegnate: più o meno esplicitamente, nella platea mediatica, c’era la volontà di misurare, insieme all’andamento delle somministrazioni, anche la capacità organizzativa delle varie strutture regionali nell’ottemperare ai propri compiti, smaltendo per tempo i carichi che via via arrivavano.

In una seconda fase, poi, stabilizzata la struttura vaccinale e ampliate le vie di approvvigionamento, si è cominciata a misurare la percentuale di somministrazione rispetto alla popolazione residente (obiettivo: valutare la cosiddetta ‘immunità di gregge’ che si raggiunge intorno all’80%) e rispetto alla popolazione vaccinabile (obiettivo: misurare il lavoro fatto da ogni Regione in relazione al proprio target).

L’errore di calcolo

In una prima fase, i vaccini disponibili venivano somministrati ad una platea limitata di persone (a seconda della marca si destinavano i sieri a fasce d’età diverse) e comunque a cittadini di età superiore a 15 anni. La platea dei vaccinabili quindi era più ristretta rispetto ad oggi, che è stata abbassata agli over 12. Se, quindi, la prima percentuale (sulla popolazione residente) veniva calcolata sempre allo stesso modo, quella sulla ‘popolazione vaccinabile’ aveva bisogno di una modifica nella formula che, in Umbria, non è stata fatta. Fino a ieri (28 settembre, ndR), all’interno della dashboard, la percentuale era ancora calcolata su una platea di over 15 e non di over 12, falsando quindi il risultato. 

L’errore nella dicitura

Ma l’errore probabilmente più evidente, e che ha indotto in confusione anche molte testate giornalistiche, era nella didascalia della dashboard: in corrispondenza della percentuale di vaccinati, infatti, era indicato ‘residenti’, lasciando quindi intuire che quel dato indicasse il rapporto fra cittadini vaccinati e cittadini residenti. In realtà, quel dato indicava la popolazione vaccinabile (fino a ieri calcolata sugli over 15, ora sugli over 12, come detto). Insomma, come paragonare mele e pere.

Cosa comportava questa errata definizione? Che molte testate realizzavano grafiche con percentuali nazionali calcolate in un modo e percentuali regionali calcolate in un altro. E ciò dava la sensazione che l’Umbria fosse in vantaggio rispetto alla media nazionale delle vaccinazioni. Tanto per dare un’idea: attualmente a livello nazionale la percentuale dei vaccinati sulla platea ‘residenti’ è del 71,31% mentre quella calcolata sui ‘residenti vaccinabili’ è del 78,24% (fonte: Lab24). Una bella differenza.

Il glossario a fondo pagina

Per rendersi conto dell’errore bisognava andare a leggere la pagina descrittiva delle definizioni usate: in corrispondenza della dicitura ‘residenti’ si legge infatti che «i dati relativi alla popolazione residente si riferiscono alla platea vaccinabile over 12 dati Istat 2020 a partire dal 29.09.2021 (nel periodo precedente si faceva riferimento ai residenti over 15)». 

Difficile capire se si sia trattato di una semplice distrazione, di un eccesso di linguaggio burocratese, di un errore di calcolo o di un metodo furbo per fare ‘bella figura’ ma, a questo punto, poco conta: l’importante ora è aver ripristinato un minimo di chiarezza e soprattutto di coerenza fra i dati locali e i dati nazionali.

La platea

Su Lab24 si definisce «popolazione italiana» quella rilevata dagli ultimi dati Istat: 59.257.566 residenti. Invece la «popolazione vaccinabile» è rappresentata dagli over 12 e si basa sui dati forniti dalle regioni dei titolari di tessera sanitaria o di certificati sanitari come il tesserino Stp (stranieri temporaneamente presenti) riconosciuto ai migranti irregolari. Si tratta di una platea più ampia (54 milioni di persone) rispetto a quella Istat (53,4 milioni di persone) perché comprensiva anche – ad esempio – di richiedenti asilo non ancora iscritti all’anagrafe ma iscritti al servizio sanitario e perciò titolari di tessera sanitaria.

Insomma, un calcolo assai difficile, che varia inoltre di giorno in giorno.

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