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Home » Differenziata, la strana storia del vetro

Differenziata, la strana storia del vetro

di Lucina Paternesi
15 Gennaio 2016
in Attualità, Dal territorio, Economia
Tempo di lettura: 4 minuti di lettura
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L.P.

Tanto antico quanto prezioso, ieri come oggi il vetro è uno dei materiali più lavorati nella storia dell’uomo. Eco-compatibile per eccellenza, può essere riciclato infinite volte e diventare, alla fine del ciclo, una nuova risorsa. Così accade o, dovrebbe accadere, anche in Umbria dove, a differenza della plastica, esiste un centro di recupero e avvio al riciclo, la società cooperativa Vetreria Piegarese, di cui fa parte anche la Eurorecuperi aderente al consorzio nazionale del vetro CoReVe.

In Umbria Così uno si aspetterebbe che tutto il vetro raccolto in Umbria finisse lì, a pochi chilometri di distanza da dove viene raccolto e differenziato. E invece scorrendo il report ‘Rifiuti urbani’ dell’Arpa per il 2013 si nota che, per l’anno preso in considerazione, sono state raccolte in modalità monomateriale 13.761 tonnellate di rifiuti in vetro di provenienza urbana, ma l’azienda di Piegaro ne ha ricevute solo 6.124 tonnellate, circa il 44,5 per cento del totale raccolto in Umbria. Il resto, dunque, è andato fuori regione.

Il ciclo del vetro In quasi tutta l’Umbria, soprattutto nei Comuni degli Ati 2 e 4, il vetro viene solitamente raccolto in modalità multimateriale, cioè assieme a plastica e lattine. Dopo le prime operazioni di separazione, confluisce per la gestione agli stessi impianti cui viene conferito il vetro monomateriale. Superata questa fase, le strade del vetro diventano davvero infinite.

Negli Ati Il vetro raccolto nell’Ati 1, proveniente da Città di Castello e dintorni, ad esempio, ha seguito quattro diversi flussi. Il 56% è stato conferito in due impianti fuori regione, all’Andolfi in provincia di Forlì-Cesena e alla Ecoglass in provincia di Vicenza. Il 12% è stato portato al centro di recupero CoReVe a Piegaro. Dall’impianto di stoccaggio di Ponte Rio, a Perugia, tutto il vetro raccolto nell’Ati 2, 5.069 tonnellate, è stato portato in due centri di recupero CoReVe fuori regione: il 65% a Vicenza e il 35% a Firenze. Il vetro raccolto nell’Ati 3, Spoleto, Foligno e dintorni, è invece stato portato a Piegaro, mentre per quello dell’Ati 4 solo il 66% è rimasto nel territorio. Il resto è stato trasportato prima a Viterbo, per il recupero, e poi di nuovo a Piegaro.

Trasporto Un traffico alquanto insolito, dunque, soprattutto se si considera la pesantezza del materiale e i conseguenti costi di trasporto a carico delle aziende che, dai gestori, ricevono e pagano a tonnellate il vetro differenziato e lo avviano poi al riciclo. Senza contare i costi indiretti per l’ambiente, in termini di inquinamento, se, ad esempio, da Perugia il vetro fa circa 390 chilometri per arrivare a Vicenza o 144 per giungere a destinazione nella provincia di Forlì-Cesena. Come mai, allora, più della metà del vetro raccolto in Umbria finisce fuori regione?

Il CoReVe Circa l’80 per cento dei comuni italiani ha aderito, nel tempo, al CoReVe, il consorzio che dal 1997 si occupa della raccolta, riciclo e recupero dei rifiuti di imballaggio in vetro prodotti sul territorio nazionale e che opera all’interno del Conai, il Consorzio nazionale imballaggi. Per la raccolta del vetro, il CoReVe firma una convenzione con il Comune che solitamente, a sua volta, delega il gestore della raccolta a occuparsi del ritiro dei rifiuti e garantire l’avvio al riciclo. La quantità di vetro che viene poi conferita effettivamente a ogni centro di recupero è quella stabilita nelle aste bandite dal CoReVe. Come ogni asta, il vincitore risulterà essere quello che propone il prezzo più basso per la raccolta e il trasporto del vetro. Un costo che, necessariamente, deve tenere conto anche del trasporto oltre che della qualità e della pulizia del vetro riciclato negli impianti di stoccaggio.

Miglior prezzo «Quello che a voi sembra strano – spiega l’ingegner Massimiliano Avella del CoReVe – è in realtà un diktat dell’Antitrust italiano: i rifiuti devono seguire il miglior prezzo di aggiudicazione». Dal 2009, infatti, gradualmente il consorzio si è dovuto adeguare alla normativa e si è avviata la trasformazione del sistema di gestione che prima si basava sulla prossimità degli impianti, passando a un sistema che privilegia il prezzo di aggiudicazione del materiale. «Un sistema che si basa solo sulla prossimità ora sarebbe passibile di azioni legali. Ovviamente chi sta più vicino – prosegue Avella – dovrebbe essere in grado di fare un’offerta migliore rispetto a chi sta più lontano, perché i costi di trasporto vengono abbattuti».

Qualità Ma allora la questione riguarda la qualità del materiale raccolto? «I motivi alla base del fatto che il vetro esca dalla regione possono essere molteplici. Può darsi, ad esempio, che l’impianto umbro si trovi a dover coprire un fabbisogno di materiale ma che, al momento, non ci sia disponibilità di vetro raccolto localmente nelle aste in corso. Oppure può darsi che l’azienda conosca bene il tipo di materiale e, soprattutto, la qualità dello stesso, per cui non ne voglia prendere più di un certo quantitativo. A memoria – prosegue Avella – mi risulta che Gesenu non sia scevra da problemi di qualità. Sarebbe opportuno migliorare la raccolta in partenza, per rendere più appetibile il materiale da riciclo».

‘Rifiuti Zero’? La realtà è dunque questa. In un’ottica di raccolta differenziata e riciclo, volti a diminuire l’inquinamento e l’impatto dei rifiuti e considerato anche che il programma elettorale della coalizione che ha vinto le elezioni e guida oggi la Regione fa esplicito riferimento al rinnovamento del Piano regionale in chiave ‘Rifiuti Zero’, sembra assurdo che il vetro raccolto in Umbria finisca a 400 chilometri di distanza piuttosto che a pochi passi da dove viene raccolto. «Le leggi del mercato impongono che sia il minor costo e non la vicinanza a regolare il traffico di vetro da nord a sud Italia. L’unica gestione efficiente, efficace ed economica – conclude Avella – non può che essere quella al minor costo. E l’unico modo per ovviare al problema è intervenire a monte. Cioè organizzare una raccolta differenziata più precisa, di qualità e in quantità. Solo così, passando dal multimateriale al monomateriale, verrà a costare di meno al cittadino e il vetro sarà più appetibile sul mercato».

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