Indagine sul percolato: la ‘talpa’ è il sindaco

Terni: l’esposto da cui è partita l’indagine – finito anche alla corte dei Conti – è firmato da Di Girolamo e dal segretario generale Aronica

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di F.T.

Dopo che l’indagine sull’affidamento dei lavori di smaltimento del percolato dell’ex discarica Rsu di vocabolo Valle è venuta alla luce – con venti persone, tre dirigenti comunali e diciassette fra assessori ed ex del Comune di Terni, indagate per ‘turbata libertà degli incanti’ – molti si sono chiesti, e si stanno chiedendo, chi sia la ‘talpa’ che ha fatto scattare l’inchiesta condotta dal pm Raffaele Iannella e giunta a conclusione con gli ‘avvisi’ inviati nei giorni scorsi ai venti coinvolti.

Doppia firma La risposta sta nelle carte del procedimento e in particolare nei due esposti – identici – inviati il 26 marzo del 2015 alla procura della Repubblica di Terni e alla procura regionale della corte dei Conti dell’Umbria. Sui due atti ci sono altrettante firme. La prima è del segretario generale del Comune e, al tempo, responsabile del nucleo anticorruzione (Nop), Giuseppe Aronica. L’altra è del sindaco Leopoldo Di Girolamo, coinvolto nell’indagine insieme a tutti gli assessori delle ultime due giunte – ad eccezione di Francesca Malafoglia e Vittorio Piacenti D’Ubaldi – e che, di fatto, si è ‘autodenunciato’.

L’inizio L’esposto, con cui Aronica e Di Girolamo chiedono alla procura di valutare la sussistenza di eventuali profili penali, prende le mosse dalla relazione stilata dal coordinatore del Nop – incaricato dallo stesso Aronica in qualità di responsabile – su tutta una serie di aspetti ‘poco chiari’ – costi del servizio, affidamento dei lavori, pubblicazione delle manifestazioni di interesse – relativi alle attività delle direzioni competenti, ambiente in primis, circa lo smaltimento del percolato dell’ex discarica di Valle.

La denuncia Nel documento il sindaco e il segretario generale, oltre a spiegare di non essere in possesso di «ulteriori e più incisivi strumenti di indagine volti ad individuare eventuali illeciti penali o eventuali responsabilità contabili», segnalano tutta una serie di anomalie riscontrate in seguito alle verifiche: «La mancata presentazione di proposte alternative, da parte della dirigenza alla giunta comunale, che avrebbero potuto comportare una riduzione notevole delle spese per il trattamento del percolato; il vertiginoso ed improvviso aumento delle spese (242 mila euro nel 2010, 521 mila nel 2011, 496 mila nel 2012, 1 milione e 232 mila euro nel 2013, 990 mila nel 2014) nei vari anni; la pubblicazione dell’avviso di interesse sul solo sito del Comune, con attenuazione della libera concorrenza e conseguente limitata possibilità di scelta da parte dell’amministrazione; la riduzione del costo del servizio del 15,5% operata dalla direzione solo dopo l’avvio della procedura di monitoraggio».

Corte dei Conti Tutte questioni finite al centro dell’indagine congiunta da parte della guardia di finanza e della procura. Anche sulla base di precedenti esposti inviati nel 2014 da un funzionario della direzione ambiente alla corte dei Conti, appare scontato che anche la magistratura contabile possa interessarsi – se non lo ha già fatto – alla vicenda.

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