Terni, call center chiuso per sciopero

K4Up e Overing bloccati dalla protesta dei lavoratori che temono di perdere il lavoro

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di F.T.

Contratti a progetto e poco più di 500 euro al mese per 90 ore di lavoro, ferie e malattie non pagate, dieci minuti di pausa (per andare al bagno o mangiare) ogni quattro ore. E poi il lavoro: vendere contratti al telefono è un’impresa. I ‘no grazie’ ricevuti con gentilezza sono molti meno di quelli conditi da improperi per il telefonista di turno. In questa situazione non si può fare altro che stringere i denti e tirare avanti. Fino a quando il tuo datore di lavoro non ti annuncia, a sorpresa, che verrai licenziato.

CALL CENTER: SINDACATI ALL’ATTACCO

A casa Questo è accaduto venerdì ai circa venti lavoratori della Overing, call center di Terni, a cui è stato più o meno detto che, siccome le commesse sono giunte al termine, l’unica soluzione è quella del licenziamento.

SCIOPERO AL CALL CENTER: PARLANO LE LAVORATRICI

«Ora basta» La reazione è stato lo sciopero a oltranza a cui si sono subito aggiunti i lavoratori, un centinaio circa, della K4Up, un’altra società che opera nello stesso call center di via Bramante. A mettere quest’ultimi sul piede di guerra, oltre alla solidarietà con i colleghi, il fatto che l’ultimo stipendio – in base ai primi riscontri – sarebbe stato liquidato soltanto a metà. Senza, al momento, altre spiegazioni. Le due società, Overing e K4Up, svolgono la stessa attività – la prima attraverso commesse Eni Luce e Gas e la seconda per conto di Telecom – e sono sostanzialmente riconducibili alla stessa dirigenza.

Il racconto «Venerdì scorso – a parlare è una lavoratrice della Overing – un collega è stato convocato per firmare il nuovo contratto e lì ha scoperto che il compenso (7,20 euro l’ora, ndR) sarebbe stato tagliato a 5,70 euro. Senza alternative possibili. La cosa ci è stata riferita e siamo andati dai sindacati a chiedere se tutto ciò fosse normale». La risposta dell’azienda è arrivata una settimana dopo: «Venerdì 28 febbraio – spiega la lavoratrice – una decina di colleghi, presenti in quel momento in postazione, sono stati convocati e gli è stato detto che a causa della chiusura della campagna Eni, sarebbero stati tutti mandati a casa a strettissimo giro. Stesso discorso per tutti gli altri». Un boccone duro da ingoiare per chi non può contare neppure su un qualche ammortizzatore sociale.

Nodo contributi Fra i lavoratori c’è chi denuncia il mancato versamento dei contributi relativi al 2014: «Ho verificato qualche giorno fa – spiega un ragazzo – e non risulta versato neanche un euro. Per il 2013, invece, le cifre non corrispondono a quelle previste. E questa è purtroppo una costante». Sul punto ci sarebbe anche una vertenza in corso fra l’Inps e la stessa azienda.

Lo sciopero Sabato mattina i lavoratori delle due società si sono radunati davanti alla sede del call center per dire ‘basta’: «Abbiamo resistito anche troppo – dice una donna -. Per molti di noi questo lavoro, che svolgiamo con tutto l’impegno possibile, è l’unica fonte di sostentamento. C’è chi ha dei figli, una famiglia da mantenere e non sa come arrivare a fine mese. Mandarci a casa così è un’ingiustizia». Accanto ai lavoratori anche i sindacati – Uil, Cisl e Cgil – che stanno cercando di ricomporre i cocci di una situazione che appare al momento alquanto complicata.

L’incontro Le scelte improvvise della proprietà hanno spiazzato gli stessi sindacati, soprattutto perchè con la K4Up è in corso una trattativa per ridefinire il contratto dei lavoratori, che punta a mettere insieme i contenuti dell’intesa nazionale con quelli dell’ultimo accordo siglato a livello locale nel 2006. Un dialogo interrotto bruscamente e che si tenterà di far ripartire a stretto giro, anche prima di quel 5 marzo già fissato da tempo nell’agenda degli incontri ufficiali. E questa volta ci saranno parecchi argomenti di cui discutere.

La politica  Sulla vertenza Overing-K4Up interviene anche Valeria Masiello, consigliere comunale Pd, che conosce bene la realtà dell’azienda per averci lavorato: «Purtroppo di fronte a certe condizioni il lavoratore si sente debole e ricattabile – spiega -, anche se attraverso lo sciopero è stata dimostrata una compattezza straordinaria e per certi versi sorprendente. Le forze politiche e sindacali della città – afferma il consigliere – devono prendere in mano la situazione perché quanto accaduto al call center è solo la punta di un iceberg. Nella nostra città esistono decine di realtà, sconosciute ai più, in cui non vengono rispettati neanche i minimi diritti. E ciò riguarda tutti i settori, a partire dal commercio dove molte commesse vengono assunte con contratto di associazione in partecipazione». Sulla questione lo stesso esponente del Pd ha annunciato che presenterà un’interrogazione in consiglio comunale.

Rifondazione Il segretario provinciale di Rifondazione Comunista, Lorenzo Carletti, parla di «scelta praticata attraverso la più brutale modalità di avviso, con la comunicazione arrivata ai diretti interessati attraverso i colleghi e senza alcuna comunicazione preventiva e certificata». Il Prc stigmatizza quella che definisce «un’arroganza senza uguali che colpisce indiscriminatamente l’intera forza lavoro. Ai licenziamenti in blocco – aggiunge Carletti – si somma la non corresponsione degli stipendi del mese di febbraio e il versamento di metà della spettanza di gennaio. Decisioni inaccettabili che, nei fatti, rendono carta straccia gli accordi raggiunti sull’integrativo del 2006 e ai successivi aggiornamenti contrattuali, oggetto di confronto tra sindacati e azienda fino allo scorso mese di dicembre».

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