Tk-Ast: «La fabbrica come io la vorrei»

Un delegato delle Rsu di fronte al cambiamento in atto alle acciaierie di Terni

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Lo stereotipo è quello del sindacalista che, per definizione, è ‘contro’. Ormai, però, fa parte del passato. Un delegato della Tk-Ast, nella ‘lettera aperta’ che chiede di rendere nota attraverso umbriaOn, ne è la dimostrazione.

di Massimiliano Angelini
Rsu della Uilm alla Tk-Ast

Osservando dall’interno tutto quello che è accaduto dal 3 dicembre, giorno dell’accordo di Roma, ad oggi, nonostante tutti  i sacrifici che noi lavoratori abbiamo fatto e stiamo continuando a fare, scommetto che questi cambiamenti, anche se forzati per la vicenda ormai nota da mesi del ‘caso’ giudiziario, porteranno risultati positivi per l’azienda, perché il lavoro per vivere a noi ce lo fornisce l’azienda.

E se l’azienda è sana, produce ed è redditizia, creando e mantenendo lavoro, inverte la tendenza degli ultimi anni, nei quali ha solo prodotto bilanci in rosso.

Quelle che si stanno facendo sono nomine importanti, io direi vitali per un’azienda. I dirigenti che si stanno scegliendo vantano profili professionali di altissimo livello: lo stabilimento sta cambiando, si sta trasformando e giorno dopo giorno si chiede efficienza, polifunzionalità, si cerca di gestire un’organizzazione del lavoro sbagliata che, come è ormai noto, a volte porta anche a rischi per la sicurezza.

Se questi nuovi dirigenti riusciranno a cambiare un sistema ormai obsoleto, del quale ancora oggi stiamo pagando le conseguenze, allora sì che che lo stabilimento sarà competitivo sui costi, sulla produzione e sulla qualità.

Lancio un appello: basta con i balletti dei cambi di ‘enti’ e ‘mansioni’ a tutti i livelli – impiegati, tecnici ed operai – perché la ‘meritocrazia’ costituisce il patrimonio fondamentale dell’attività professionale ed è evidente che le risorse umane costituiscono la forza trainante di ogni organizzazione. Pertanto, il successo di un’impresa deve anche fondarsi su una politica aziendale che punti ad una valorizzazione dei propri dipendenti.

Un’azienda come Ast, con 2.300 dipendenti e tutti gli strumenti che ha a disposizione, non può più permettersi di essere costretta a far svolgere i lavori di ingengneria, analisi e progettazione a terzi: sono costi che potrebbero essere abbattuti.

Negli anni passati è mancata la progettualità, o forse la volontà di costruire figure di rilievo, con competenze professionali specifiche, che avrebbero potuto abbattere quei costi che ancora oggi paghiamo.

Questo stabilimento siderurgico, se si parla di competitività, qualità ed avanguardia, non può essere sprovvisto, o quasi, di ingegneri industriali, chimici, dei materiali, meccanici e di manutenzione con competenze ben definite.

Il mio auspicio è quello di poter vedere un ritorno al trend positivo ed il recupero del fasto tecnologico che vantavamo e che ci era riconosciuto nel mondo. Solo così potremo tornare ad una serenità che oggi non abbiamo.

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