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Home » Ospedale di Terni: «Criticità e vincoli»

Ospedale di Terni: «Criticità e vincoli»

di Marco Torricelli
16 Febbraio 2017
in Ambiente e salute, Attualità
Tempo di lettura: 4 minuti di lettura
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di Fra.Tor.

«Il nostro ospedale ha criticità e vincoli oggettivi, li conosciamo fin dall’inizio del nostro mandato, quasi un anno fa, le soluzioni si possono trovare solo con la ridefinizione dell’assetto organizzativo, già avviata e che chiuderemo entro l’estate, che deve guardare unicamente all’interesse e alla salute del paziente e non a singoli ‘pezzi’ dell’organizzazione, nel rispetto della sicurezza e della qualità delle cure erogate». Il direttore generale dell’azienda ospedaliera Santa Maria di Terni, Maurizio Dal Maso, elenca le criticità del nosocomio dando conto delle misure programmate e di quelle già adottate in urgenza e in prospettiva.

Foto di archivio

I posti letto «Considerato che 70 pazienti su 100 non dovrebbero accedere al Pronto soccorso – spiega Dal Maso -, ma vi accedono perché non trovano altre risposte sul territorio, abbiamo potenziato l’area medica riconvertendo posti letto sotto utilizzati nell’area chirurgica, dove la quantità di interventi, con una programmazione appropriata da parte dei primari, richiede meno posti letto di quelli attuali». Ciò ha consentito «di eliminare appoggi da altri reparti su letti chirurgici, garantendo la normale attività chirurgica programmata. E per agevolare il turnover dei ricoveri e ridurre la degenza di tutta l’area medica, abbiamo anche attivato la Discharge Room e chiesto di garantire le dimissioni dei pazienti anche il sabato e la domenica».

L’INTERVISTA A MAURIZIO DAL MASO – IL VIDEO

Standard ospedalieri Il direttore generale ricorda che «esistono degli standard ospedalieri definiti dal Ministero che fissano anche il numero dei posti letto di un ospedale. Se non è possibile aumentare i posti letto si deve allora utilizzare meglio quelli che già ci sono. A Terni, ad esempio, sono circa 520». Per dare soluzioni nuove ai problemi vecchi «occorre riorganizzarsi e dare un segnale forte e chiaro di inversione di tendenza. La direzione ha la collaborazione di professionisti che non si sentono disturbati dalla prospettiva del cambiamento, con gli altri continueremo a confrontarci, anche perché quello che preme alla direzione è l’interesse dei pazienti e quindi anche gli altri professionisti capiranno e se ne faranno una ragione».

Maurizio Dal Maso

Integrazione con il territorio Non è, secondo Dal Maso, «l’ospedale Santa Maria da solo che può risolvere tutti i problemi clinico-assistenziali della popolazione di riferimento e di tutti i pazienti che arrivano dalle altre province anche extraregionali. È necessario costruire rapidamente una vera rete clinica integrata con gli ospedali di Narni e Amelia, che deve prevedere precisi percorsi clinico-diagnostici e terapeutico-assistenziali condivisi, allo scopo di ridurre gli accessi impropri in un ospedale di alta specializzazione come il nostro, agevolare le dimissioni e permetterci di aumentare le attività e le risorse per la casistica ad alta complessità, che è la vera missione della nostra azienda». Per questo la direzione ha invitato tutti i professionisti e i rappresentanti sindacali a proporre modifiche e soluzioni diverse «che siano, però, nell’interesse del paziente e non di singoli ‘pezzi’ o ‘personaggi’ dell’organizzazione».

I direttori di struttura in totale «sono 10 e consapevoli che solo la figura di un direttore può assicurare ai reparti una gestione clinica e organizzativa efficace», ricorda il direttore generale. «Abbiamo già bandito i concorsi per la copertura della direzione di Nefrologia, Ortopedia, Oculistica, Radiologia, i più urgenti con nomina e presa di servizio entro l’estate, dell’Uroginecologia universitaria, Pediatria e Laboratorio analisi. Poi sarà la volta della Maxillo-facciale, della Farmacia, dell’Endocrinologia». Per quanto riguarda, invece, le professioni sanitarie (infermieri, ostetriche, OSS, tecnici) «era stato già annunciato l’incremento di 50 unità che dopo il confronto con i sindacati sono salite a 66. La richiesta di incremento è già stata presentata alla Regione».

I sindacati Le nuove esigenze organizzative e le modifiche allo studio, che saranno progressivamente attuate, «sarebbero state spiegate anche alla componente sindacale medica durante la riunione del 26 gennaio scorso, ma le organizzazioni sindacali l’hanno disdetta e sono stati quindi riconvocati a febbraio». I nuovi modelli organizzativi sono attualmente allo studio di sei diversi gruppi di lavoro (dalla chirurgia a ciclo breve al percorso nascita) formati da professionisti dell’azienda e saranno presentati il prossimo 7 marzo in un incontro intitolato ‘L’ospedale che vorrei: traguardi e obiettivi per un cambiamento di qualità’ e il 14 marzo in occasione di un convegno organizzato in associazione con Cerismas – Università Cattolica, in cui saranno analizzati i risultati tecnici di questo lavoro e presentato il cronoprogramma di attuazione dei nuovi modelli organizzativi aziendali.

Sandro Fratini

Alcuni dati del 2017 Il Dea (Dipartimento emergenza e accettazione) dell’ospedale di Terni registra circa 43 mila accessi nall’anno, quindi una media di circa 120 pazienti al giorno con picchi che variano da oltre 150 a 80. «Nel periodo compreso fra gennaio e metà febbraio 2017 l’ospedale ha avuto un incremento di afflusso di pazienti medici al Pronto soccorso di circa il 30% rispetto allo stesso periodo del 2016 – sottolinea il diretto sanitario Sandro Fratini -, e questo spiega perché la direzione è intervenuta in modo radicale. Dal primo febbraio sono stati ridotti drasticamente gli appoggi nei reparti chirurgici, passati indicativamente da 21 a 3 al giorno, e i letti in corridoio sono stati al massimo 2 ogni giorno e per un periodo limitato di ore. Per quanto riguarda l’area medica, la soluzione attuata, cioè la concentrazione dei pazienti al quinto piano, ha ottenuto come effetto una migliore assistenza e una contestuale ottimizzazione dei percorsi di cura, avendo iniziato a trattare i pazienti secondo parametri di media e bassa intensità di cura».

 

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