Stando al rapporto stilato dall’Inps sui nuovi rapporti di lavoro che sono stati attivati nel 2016 la situazione non è delle più rosee, ma in Umbria un dato all’apparenza positivo c’è: la vendita dei vaucher è diminuita.

Voucher Il campione di riferimento è il mese di gennaio e gli anni analizzati sono il 2015, il 2016 e il 2017. I voucher venduti in questo primo mese dell’anno, pari a 8,9 milioni in tutta Italia, si sono stabilizzate su livelli analoghi a quelli del 2016, quando i voucher venduti sono stati 8, 5 milioni, registrando quindi una variazione percentuale del 3,9 per cento che in valori assoluti equivale a 331.434 biglietti in più.
Italia centrale Osservando il rapporto dell’Inps si può notare come l’incremento, anche se minore rispetto a quello che c’è stato tra 2015 e 2016, avviene in tutte le parti d’Italia tranne al sud. In fondo allo stivale, infatti, a gennaio 2017 sono stati venduti circa 16 mila voucher in meno rispetto allo stesso mese del 2016. Tuttavia il numero maggiore di ticket staccati nel centro Italia (6,0%) sono da attribuire alla Toscana, dove ne sono stati venduti 62.520, e al Lazio dove si raggiungono i 49.136. Infatti, in tutte le altre regioni dell’Italia centrale c’è stato un calo.
Umbria Il dato umbro stupisce, perché se tra 2015 e 2016 si era registrato un aumento abbastanza importante (28,6 per cento in più, un valore che equivale a 32.366 voucher in più), tra il 2016 e il 2017 la tendenza è inversa. Infatti i ‘biglietti’ sono diminuiti del 3,1 per cento. Se nel 2016 sono stati 145.537, a gennaio 2017 se ne sono registrati 4.057 in meno, per un totale di 141.030.
Il Commento Per Mario Bravi, presidente di Ires Cgil Umbria, c’è poco da stare allegri: «Nonostante le promesse del governo i voucher continuano a galoppare e a dilagare». Per Bravi, il lievissimo calo dei voucher venduti non rappresenta «nessuna inversione di tendenza, i voucher continuano a dilagare anche nella nostra regione, soprattutto se teniamo conto che l’Inps continua a non fornire dati sulla differenza tra voucher venduti e voucher riscossi e il fatto che spesso (quasi sempre) ad un ora retribuita con il buono lavoro corrispondono ore e ore a nero: e su questo nessuna reale forma di controllo è stata attivata in questi mesi».
Sempre più precari In Umbria, insiste Mario Bravi, «il fenomeno voucher è molto vasto ed esteso e non è assolutamente in via di riduzione. Secondo gli stessi dati dell’Inps (rapporto Anastasia) sono stati 24 mila gli umbri costretti a lavorare in questa forma che più precaria non si può. Nel 2016, secondo stime dell’Ires Cgil, il numero delle persone coinvolte sfiora le 30 mila unità. Non è assolutamente un fenomeno marginale e che tra l’altro vede alcune amministrazioni pubbliche (tra cui la Regione con il progetto family help) impegnate inopinatamente a diffonderlo ulteriormente. I voucher non fanno emergere il lavoro come dice la vulgata governativa ma anzi lo nascondono, così come negano diritti fondamentali».
I diritti I voucheristi spiega il presidente di Ires Cgil Umbria, «non hanno diritto alla maternità, alle ferie, alla invalidità e gli stessi diritti previdenziali sono praticamente cancellati. Di fronte ad un versamento previdenziale pari al 13%, il massimo della pensione prevista corrisponde a 208,35 euro mensili (calcolo Inca Cgil nazionale). Una vera e propria beffa. Per tutti questi motivi non seve una manutenzione i voucher vanno cancellati. E il Governo deve fissare da subito la data per indire il referendum promosso dalla Cgil. Sono passati già 32 giorni dalla sentenza della Corte Costituzionale ed è ora che la parola passi al popolo».