Le due aperture straordinarie dell’ultimo mese – prima il 22 febbraio e poi il 29 marzo – hanno suscitato curiosità sul destino della chiesa di San Fortunato a Perugia, che sorge a due passi dall’Arco Etrusco e di fronte a Palazzo Gallenga.
Una messa per l’ateneo In occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università per Stranieri, che ha sede a Palazzo Gallenga, il Cardinale Gualtiero Bassetti ha officiato una celebrazione nella chiesa di San Fortunato alla presenza del rettore Giovanni Paciullo e di numerosi docenti. Molti dei presenti entravano per la prima volta nella chiesa, inattiva dal terremoto del 1997 e riaperta sporadicamente per iniziative straordinarie.
Da un sisma all’altro Sono passati quasi 20 anni da quell’anno orribile che sconvolse l’Umbria. Tanti morti, tanti danni. Tutti ricordano i crolli nella Basilica di San Francesco, ad Assisi, ma anche a Perugia ci furono danni nei luoghi di culto. Uno di questi è proprio la Chiesa di San Fortunato che, ironia della sorte, ritornerà in attività nel 2017, vent’anni dopo quel terribile anno, proprio mentre il centro Italia sta uscendo da un altro sciame sismico. In realtà i danni della chiesa non furono ingenti. Decisiva per la chiusura fu però la rottura dell’arco dell’abside, che rischiava di crollare. Per questo motivo le autorità competenti fecero chiudere San Fortunato. Parroco, allora come oggi, era Don Agostino Graziani, che ricostruisce per umbriaOn il difficile iter che ha riportato al restauro e che presto restituirà al pubblico e ai fedeli la piccola ma graziosa chiesa perugina: «Percepisco che c’è molta attesa – dice – e mi piacerebbe fare un bell’evento per l’inaugurazione».
La scoperta dell’affresco Le dimensioni del terremoto del ’97 hanno portato l’attenzione delle istituzioni verso altre urgenze: San Fortunato non era una priorità. «Per questo motivo è passato un po’ di tempo per cominciare i lavori», dice Don Agostino. Quindici anni per la precisione. Nel frattempo, ricorda il parroco, la Regione ha finanziato il restauro con circa 50mila euro. Con quei soldi, oltre all’arco, si è messo mano anche all’intonaco, il che ha fatto scoprire i resti di un affresco del Trecento, parzialmente restaurato grazie ad un secondo finanziamento, in parte proveniente dalla Cei e in parte da Comunione e Liberazione, che attualmente ha la custodia della chiesa. «Con i soldi raccolti fin qui – rivela Don Agostino – siamo riusciti ad intervenire solo su una parte dell’affresco. La restante parte è ancora coperta dall’intonaco». Grazie al secondo intervento, è stato anche sistemato l’altare e sono stati installati gli impianti di riscaldamento, quello elettrico e un diffusore audio.
Una chiesa aperta al dialogo La data dell’inaugurazione non è ancora ufficiale, ma Don Agostino conta di arrivarci presto, fremente di riaprire la sua chiesa al popolo dei fedeli: «Sarebbe un bel regalo per i miei 50 anni di messa», dice. Non c’è la data, ma c’è già un’idea chiara di quello che la chiesa dovrà essere dopo la riapertura: «Nel 1997, prima del terremoto, avevo in mente l’idea di porre la parrocchia al servizio degli studenti dell’Università per Stranieri, per tutti, non solo come supporto religioso ma anche proponendo forme di incontro, di integrazione, per riflettere sulla visione dell’uomo, sulla sua positività». Si pensa anche di proporre delle funzioni in lingua straniera (sicuramente in Inglese, forse anche altre), proprio per facilitare la partecipazione degli studenti che non parlano ancora italiano.