Sgl Narni, i lavoratori: «Vogliamo risposte»

Alcuni dipendenti in mobilità ai liquidatori: «Rispettate il mandato della casa madre, ma anche i sacrosanti diritti dei lavoratori»

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di un gruppo di lavoratori ex Sgl Carbon in mobilità

Dopo mesi e mesi di silenzio assordante sulla vicenda Sgl Carbon, alternato da messaggi tranquillizzanti ma senza alcun risultato concreto, siamo ormai giunti alla fine del mese di luglio e in prossimità del periodo feriale, dove tutte le attività si fermano, con buona pace di chi le ferie non potrà farle e non sarebbe nemmeno nello spirito giusto per poterne godere.

Tutto ciò comporterà, a meno di un miracolo, che la fabbrica, qualora venisse affidata ad un investitore seriamente intenzionato, non sarà in grado di ripartire in tempo per poter acquisire gli ordini per il 2018. Chi conosce la realtà del mercato della grafite, come chi ci ha lavorato, sa che gli ordini vengono acquisiti nel mese di ottobre e per poter fare la campagna occorre avere la certezza di poter produrre gli elettrodi in tempo utile.

Come non bastasse i lavoratori, in buona parte, hanno finito gli ammortizzatori sociali e molti li finiranno a dicembre 2017, rimanendo senza alcun sostentamento economico per le proprie famiglie. I lavoratori sono stufi della benevolenza di facciata della liquidazione, sono stufi di aspettare una decisione che non arriva nonostante ben tre soggetti si sono dichiarati interessati all’acquisizione.

La prima società è da circa un anno che è in trattativa, ha avuto l’esclusività ma non ha ancora fatto un passo concreto per prendere lo stabilimento, oltretutto non ha mai dichiarato quali siano le sue effettive intenzioni riguardo alla produzione agli investimenti e all’occupazione. Anche le altre due società interessate hanno visitato la fabbrica, incontrato il sindaco di Narni e la Regione, si conoscono i nomi ma non sappiamo se abbiano un piano industriale e se soprattutto abbiano l’intenzione di produrre gli elettrodi dal crudo alla finitura con l’utilizzo di tutti gli impianti.

L’utilizzazione di tutti gli impianti rappresenta la condizione essenziale per accettare qualsiasi soluzione che abbia come obiettivo quello di salvare l’occupazione e dare garanzie alla cittadinanza per quanto attiene la gestione e il rispetto delle procedure ambientali. Particolare importante e da non sottovalutare questo perché, se è loro intenzione utilizzare lo stabilimento soltanto per rifinire materiale semilavorato, importato da altri Paesi, verrebbe assunta una minima quantità di personale lasciando la maggior parte dei lavoratori in mezzo ad una strada.

Le Istituzioni, le forze politiche e le organizzazioni sindacali non possono più trincerarsi dietro al silenzio, immaginando che le responsabilità restino solo in capo alla liquidazione, se hanno a cuore le sorti di decine e decine di famiglie devono intervenire e far si che questo stillicidio sulla pelle dei lavoratori e del territorio finisca. Anche perché l’attuale congiuntura di mercato potrebbe dare ottime e irripetibili chance di successo ad una nuova ripartenza dello stabilimento con importanti e significativi sviluppi occupazionali per il territorio.

A questo punto viene spontaneo porre queste domande ai liquidatori: Le tre società interessate all’acquisto hanno presentato dei piani industriali seri, coerenti e non di facciata che prevedano la riassunzione di tutti i dipendenti nel più breve tempo possibile? I liquidatori stanno tenendo conto di questo nella loro scelta? C’è veramente l’intenzione di cedere la fabbrica ad un produttore di elettrodi o si sta perdendo tempo per far si che la fabbrica non riparta più?

I lavoratori vogliono delle risposte immediate, il tempo delle manovre elusive è finito, occorre che ognuno si assuma le proprie responsabilità. I liquidatori devono si rispettare il mandato della casa madre, ma devono anche rispettare i legittimi e sacrosanti diritti dei lavoratori e gli interessi del territorio e della comunità narnese.

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