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Home » Sanità: gli umbri si curano fuori regione. Dal 2022 al 2024 persi 88 milioni di euro

Sanità: gli umbri si curano fuori regione. Dal 2022 al 2024 persi 88 milioni di euro

Nel 2023 l’Umbria è stata maglia nera d'Italia. La priorità è ripianare il passivo di bilancio senza interventi del fondo nazionale

di Fabio Toni
7 Febbraio 2025
in Ambiente e salute
Tempo di lettura: 2 minuti di lettura
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di Giovanni Cardarello

I numeri, come sempre, sono lo strumento principe per spiegare un fenomeno e descrivere una tendenza. Se non altro perché i numeri non mentono mai. E i numeri afferenti alla cosiddetta mobilità passiva della sanità dell’Umbria spiegano meglio di ogni altro strumento il pesante rosso di bilancio ereditato dalla presidente Stefania Proietti e, al tempo stesso, la sconfitta elettorale patita del centrodestra a guida leghista.

La mobilità passiva non è altro che il meccanismo per il quale i cittadini di una regione decidono di accedere alle prestazioni sanitarie in un territorio diverso dal proprio. Evento che poi, in automatico, obbliga la regione di partenza a saldare la prestazione alla regione di arrivo. I motivi di questa scelta sono tra i più disparati, dalle liste di attesa troppo lunghe, alla mancata fiducia del paziente nella sanità locale, passando per l’assenza della specifica prestazione nella propria regione. Non da ultimo i cascami del Covid-19 che ha visto ripartire le regioni a macchia di leopardo.

Ed è proprio sul fenomeno della mobilità, quello che spesso in modo improprio viene definito ‘turismo sanitario’, che si è centrata un’informativa di giunta, mutuata dai dati Agenas, sulla quale ‘Il Corriere dell’Umbria‘ ha spiegato nel dettaglio i numeri e gli effetti diretti. Il primo dato che emerge, prepotente, è che dal 2022 al 2024 la Regione Umbria ha dovuto rimborsare poco meno di 305 milioni di euro di prestazioni erogate in altre regioni. Salendo alla cifra record di 119.041.945 milioni di euro nel 2024 con un saldo negativo di 34 milioni rispetto al dato del 2022 e di circa 18 milioni rispetto al 2023.

La tabella pubblicata dal quotidiano mostra, plasticamente, come è cresciuto il fenomeno passando da una cifra di circa 90-95 milioni l’anno nel periodo 2015-2019 ai dati attuali. Ma non solo. Nonostante nel post Covid si sia riattivata anche la mobilità attiva, ovvero chi viene in Umbria a curarsi da altre regioni, il saldo è comunque pesantemente negativo. Analizzando solo i tre successivi alla fine dell’emergenza sanitaria, parliamo di 88 milioni complessivi: 20 milioni di euro nel 2022, 31 nel 2023 e 37 nel 2024. Tra questi da registrare che, sempre secondo i dati Agenas, nel 2023 il saldo negativo della Regione Umbria è stato, rapportato alla popolazione, il peggiore d’Italia.

Da sottolineare che i numeri reali in termini di bilancio andranno poi misurato al termine del saldo delle prestazioni ma la tendenza è chiara. Una tendenza da invertire e in fretta. Se non altro perché il passivo di bilancio di circa 200 milioni è in gran parte composto da questo elemento che, come accennato, è diretto discendente dei numeri delle liste d’attesa e che va assolutamente ridotto. Va ridotto per esigenze sociosanitarie, operative e per evitare che il fondo sanitario nazionale copra il buco bloccando di fatto ogni investimento nella sanità dell’Umbria e aprendo la strada al rischio commissariamento.

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