di G.R.
Fine dei giochi. Andrea Ranocchia mercoledì ha rescisso consensualmente il contratto con il Monza, giovedì ha annunciato nei social il suo ritiro dal calcio giocato. Qualcosa si è rotto da tempo, ancora prima dell’infortunio rimediato a Napoli a fine agosto. È da un anno e mezza che qualcosa non andava: «Mi sentivo strano da maggio scorso. Ho provato anche a cambiare aria e rilanciarmi a Monza ma sentivo che non era cambiato nulla. L’infortunio ha poi complicato tutto. Non avevo più dentro la passione che mi ha portato avanti per trent’anni. Il dottor Galliani è stato un signore a capire il momento». Froggher, come viene soprannominato traducendo il cognome in inglese, racconta la sua carriera su un lungo video Instagram. A parlare è però l’uomo prima che il calciatore che visibilmente commosso fa trasparire l’entusiasmo, la determinazione, la voglia di divertirsi e di confrontarsi con persone diverse che lo hanno fatto diventare un punto di forza degli spogliatoi di cui ha fatto parte. Solo due i nomi ringraziati esplicitamente nel calcio: «Nelle giovanili del Perugia Pietro Montanelli mi ha adattato da attaccante a difensore facendo iniziare la seconda fase della mia carriera. Antonio Conte ad Arezzo mi ha preso e fatto diventare un professionista e un vincente». Dai campi di periferia ai migliori stadi d’Italia, Ranocchia ha vissuto momenti bellissimi e altri più bui in cui già aveva avuto il pensiero di smettere. Ora appende definitivamente gli scarpini al chiodo senza avere idee chiare sul futuro: «Mi prenderò del tempo per godere di altre cose e poi deciderò il da farsi».
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