Ast e green pass, sale la tensione anche fra le Rsu

Le tre sigle confederali chiedono a viale Brin di «evitare decisioni unilaterali». La replica dei rappresentanti Fismic: «Minata l’unità»

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«Preoccupazione per la rigidità dell’azienda» in merito alla gestione dell’obbligo del green pass sul posto di lavoro a partire dal 15 ottobre. Ad esprimerla sono le Rsu dei sindacati Fim, Fiom e Uilm di Acciai Speciali Terni: «A nostro avviso – osservano – la commissione Covid, ancora in vigore e istituita dai precedenti Dpcm e dai protocolli nazionali, poteva risolvere alcune criticità che l’attuale decreto non affronta. L’azienda con le sue posizioni di fatto supera anche la commissione congiunta che in tutta la pandemia si è assunta la responsabilità di tenere lo stabilimento aperto e in una complessiva sicurezza, tutto ciò nel momento in cui il numero dei contagi era da record». La tensione per ciò che potrò comportare l’entrata in vigore dell’obbligo è quindi palpabile, in Ast così come in molte altre realtà private e pubbliche del territorio nazionale.

Ast e green pass: produzione a rischio, nessun passo avanti

«Stop ad azioni unilaterali»

«Per questo – affermano le Rsu dei tre sindacati confederali – era necessario, oltre la mera applicazione del Dpcm, accogliere alcune proposte di buonsenso per risolvere le problematiche che, se eluse, rischiano di fermare la produzione in un momento di picco produttivo, oltre che dividere ulteriormente i lavoratori con l’incertezza sull’organizzazione del lavoro. Riteniamo che l’azienda debba velocemente rivedere le proprie posizioni, anche e soprattutto perché avvengono in una fase già di per sé delicata come quella della vendita, e abbandonare azioni unilaterali che sono dannose per l’intero sistema». Le Rsu di Fim, Fiom e Uilm confermano la disponibilità «all’assunzione di responsabilità, utile al governo di tutte le attuali problematiche» e chiedono «di avviare un confronto su un livello di correttezza e incisività chiaramente diverso».

TUTTO SU AST – UMBRIAON

Le Rsu Fismic: «Così Fim, Fiom e Uilm minano l’unità sindacale»

Non è andata giù, di contro, alla Rsu di Fismic la nota diffusa dalle Rsu delle tre sigle confederali. Un passo che è stato ritenuto uno ‘strappo’: «Prendiamo atto con stupore e delusione – spiegano i rappresentanti Fismic – del comunicato che le Rsu di Fim, Fiom e Uilm hanno scritto ed inviato a tutti i lavoratori dello stabilimento dopo che, per l’intera giornata, si era deciso di condividere in maniera unitaria un percorso di informazione per i lavoratori del sito. Tale atteggiamento ci costringe ad uscire in maniera autonoma, minando profondamente l’unità sindacale nel momento più critico del nostro stabilimento: la fase di cessione, l’attesa del pronunciamento dell’Antitrust e la perdita di un turno di lavoro presso il Tubificio di Terni. Mai a nostra memoria – affermano le Rsu di Fismic – si era visto un comportamento simile soprattutto in tema di sicurezza e salute, percorsi mai messi in discussione da quando circa due anni fa abbiamo messo in campo la commissione Covid che ad oggi ha portato risultati eccellenti grazie soprattutto all’attenzione, all’attuazione e alla partecipazione di tutti i lavoratori che hanno evitato che la pandemia prendesse piede nel nostro sito. Dopo quanto accaduto sabato a Roma, dove c’è stata una grave aggressione al sindacato, ai partiti democratici e alle istituzioni, dare un segnale di ‘scollamento’ e spaccatura tra Rsu è un fatto grave e inaccettabile, a poche ore dell’entrata in vigore del green pass sui posti di lavoro, con il rischio di bloccare la produzione in una fase cruciale di rilancio industriale. In questo momento – proseguono i rappresentanti sindacali della Fismic in seno ad Ast – i lavoratori hanno bisogno di un fronte sindacale unitario in grado di tracciare il percorso condiviso per uscire da una situazione di grande caos che si è creata con la messa in vigore del Dpcm sul green pass nei posti di lavoro, che non deve ricadere sui lavoratori stessi. Tutelare la sicurezza e la salute di tutti i lavoratori è un obiettivo e un obbligo che possiamo raggiungere soltanto attraverso l’apertura di tavoli aziendali e istituzionali che portino, nel rispetto e nella tutela di tutti i lavoratori, a misure chiare e condivise e pertanto tali atteggiamenti generano solo confusione».

Rsu Ugl: «Ingiusto far pagare i tamponi ai lavoratori»

Sulla questione, tenendosi lontana dalle polemiche ‘interne’, interviene anche la Rsi di Ugl: «Il rispetto letterario del Dpcm va a ledere economicamente sia la forza lavoro, in quanto costretti a sborsare una somma economica ad oggi ingiusta e non sostenibile, e l’azienda che subira inevitabilmente una perdita di produzione a causa di coloro che non potranno permettersi o non vorranno effettuare i tamponi a proprie spese. Pur riconoscendo che quanto introdotto è perfettamente in ottemperanza al Dpcm, restiamo disponibili ad ulteriori tavoli di confronto per mediare la soluzione più appropriata nel rispetto delle disposizioni di legge e di tutte le maestranze».

La segreteria Fismic: «C’è un paradosso di fondo: dover pagare per poter lavorare»

Nella giornata di mercoledì la segreteria provinciale della Fismic, rappresentata da Giovacchino Olimpieri, aveva spiegato che «il sindacato non ha competenze né ruoli in campo scientifico e sanitario ma ha un compito ben preciso: quello di evitare qualsiasi tipo di discriminazione nei luoghi di lavoro. Fermo restando che fare o non fare il vaccino è una libera scelta prevista dalla Costituzione e il Governo non ha ritenuto ci fossero le condizioni per sospendere tale libertà, l’imposizione del green pass per accedere nei luoghi di lavoro non può essere trasformata in un obbligo mascherato. Di fatto il requisito del green pass comporta l’alternativa tra il vaccino o l’effettuazione di ricorrenti test antigenici a pagamento, con consistenti costi economici mensili che gravano su stipendi già esigui. Oltre che di un’evidente discriminazione – è il punto di vista del segretario locale della Fismic -, si tratta di un vero e proprio paradosso che i lavoratori debbano pagare per poter lavorare. Per questo, come Confsal Fismic, abbiamo attivato una convenzione per il prelievo di tamponi relativi a test sierologico o test rapido, a tutela dei nostri iscritti che per scelta personale hanno preferito non vaccinarsi».

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