Ast, il mercato cambia: giusto seguirne i gusti

Terni, flessibilità, tempistica, piccoli ordinativi e fornire al cliente ciò di cui ha bisogno: il futuro appare questo – Il corsivo di Walter Patalocco

Condividi questo articolo su

di Walter Patalocco

Le “mazzate” del grande maglio, le nuvole rosse del fumo delle colate, le vagonate di lingotti di ghisa e poi di acciaio, camion uno dietro l’altro per portare i “rotoloni” di inox in mezza Europa, quote produttive misurate in centinaia e centinaia di tonnellate. Le acciaierie di Terni sono state questo. Ma non potranno continuare ad esserlo. Non esistono più le condizioni. Adesso sono in altri Paesi le fabbriche che funzionano così e la concorrenza è aspra, forte.

Un esempio? La torre che si sta costruendo alla stazione di Terni, quella che nella mente di qualcuno dovrebbe addirittura diventare un nuovo simbolo, è fatta con acciaio che proviene da paesi dell’Est. A Terni, la città che ai tempi della retorica era la “Manchester italiana”! E il motivo è più che comprensibile: quell’acciaio lì costa meno.
Prima o dopo ci si arriverà, è inutile nascondersi.

Per fare un paragone: negli anni Novanta del secolo scorso quando si registrò l’invasione degli iper e supermercati ad opera dei “barbari” delle grandi catene di distribuzione che potevano permettersi l’abbattimento dei prezzi, ai commercianti che gestivano piccoli e medi esercizi cosa spiegavano istituzioni e associazioni di categoria? Che era inutile alzare barriere, utili solo a rinviare – di poco – il problema. Che era invece necessario attrezzarsi, puntare sulla particolarità, su prodotti ad alto valore aggiunto, quelli che negli ipermercati non si trovano, distinguersi insomma nell’offerta uscendo da quella generica e di massa e cercando di utilizzare e valorizzare la propria specializzazione commerciale, la propria tradizione, le proprie peculiarità, il,proprio know how.

E’ più o meno quel che sostiene in un’intervista al Sole 24 Ore il nuovo amministratore delegato di Ast, Massimiliano Burelli riferendosi – ovviamente – alla “sua materia”. Burelli arriva all’Ast con una specializzazione diversa, a quanto sembra, rispetto a chi lo ha preceduto: non riduzioni di costi mediante compressione di occupazione e tagli dei contratti esterni, ma ricerca di strade nuove. Dice in sostanza l’Ad Ast: per battere la concorrenza asiatica (soprattutto, ma non solo) non possiamo certo puntare sui prezzi ma dobbiamo invece contare sulla flessibilità, sulla tempistica, su piccoli lotti di ordinativi e sulla capacità di fornire al cliente proprio ciò di cui ha bisogno.

Chi ricorda quando Harald Espenhahn annunciò entusiasta che le acciaierie di Terni avevano acquisita la capacità tecnologica di produrre acciaio colorato? La faccenda, a suo tempo, fu presa quasi come una curiosità. Invece pare sia uno dei fattori di sviluppo. Un produttore di automobili – per esempio – al momento acquista l’acciaio poi lo modella, lo vernicia ecc. ecc. fino ad allestire la vettura di un dato colore. E se invece avesse a disposizione il pezzo già bell’e pronto per essere montato? “Dal produttore all’utilizzatore” può essere lo slogan, e basta con l’acciaio venduto ai grossisti mentre ciò che rimane finisce alla casa madre in Germania. Già ora un quarto della produzione delle acciaierie ternane segue la strada nuova, ma si vuole fare di più.

Le quote produttive, in tal modo, potranno subire un ridimensionamento, ma nei voti dei vertici Ast c’è il fatto che una produzione del genere avrebbe un altro mercato, un altro valore aggiunto, un altro prezzo, un altro margine di ricavo che – ovviamente – si valuta maggiore rispetto a quello attuale. Un modo di far quadrare i bilanci utilizzando non la sopportazione, ma le capacità e la professionalità degli operai.

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli