Gli avvocati Paolo Crescimbeni e Maria Teresa Lavari festeggiano: «Primo caso a Terni – annunciano – di annullamento con reintegra di un licenziamento intimato da Ast, con la ‘famigerata’ legge Fornero, in base alla quale si può licenziare un lavoratore per un fatto disciplinarmente rilevante anche se non di gravità tale da meritare il licenziamento. Basta che il fatto, pur non grave, sussista: in tal caso l’azienda viene condannata a pagare un risarcimento che può variare dalle 12 alle 24 mensilità, ma il posto di lavoro è perso per sempre».
Il rentregro Nel caso di specie, invece, spiegano i due legali, «l’Ast, in persona dell’ad, dottoressa Lucia Morselli, è stata condannata tanto al reintegro del lavoratore licenziato che al risarcimento del danno (12 mensilità): i fatti risalgono al febbraio 2015 quando venne licenziato il signor M. R., ternano, addetto alla vigilanza in Ast, senza che ricorressero “gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti del datore di lavoro”. Così ha stabilito il tribunale di Terni di fatto stabilendo che la sanzione espulsiva fu troppo grave rispetto al fatto contestato».
Legge in discussione? La «’scure’ Morselli – spiegano gli avvocati Crescimbeni e Lavari – calò quindi troppo forte, il licenziamento fu sanzione troppo grave, quindi illegittima. Da quanto risulta questo è il primo caso di reintegrazione in Acciaieria. La legge Fornero scricchiola? A livello legislativo forse, ma a livello applicativo essa è in vigore a tutti gli effetti anche se, nel caso di specie, il tribunale di Terni ha superato le maglie strettissime della legge stessa volta a rendere residuali le ipotesi di reintegra. In effetti la Corte di cassazione, in questi ultimi tempi, sta tentando di limitare, in via interpretativa, gli effetti più perversi della legge Fornero in attesa, forse, di una modifica della stessa in sede legislativa».