Ast, la ripartenza è terreno di scontro

Rsu, sindacati e buona parte della politica critici. L’azienda replica punto su punto. Il sindaco spiega e invoca controlli. Tutti chiedono «massima sicurezza»

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di F.L.

‘Falsa’ ripartenza – stando almeno al fronte sindacale – per l’Ast di Terni, dove da lunedì mattina alle 6 è stata programmata la riattivazione degli impianti in deroga al blocco delle attività produttive non essenziali dovuto all’emergenza coronavirus: un sopralluogo svolto da rsu e rls presso il sito – hanno fatto presente gli stessi rappresentanti dei lavoratori – avrebbe portato a galla diverse problematiche, a partire dall’assenza di mascherine ad inizio turno, poi consegnate ai lavoratori dopo circa due ore.

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In una mail inviata all’amministratore delegato Massimiliano Burelli e agli altri dirigenti dell’acciaieria, rsu e rls evidenziano di aver inoltre riscontrato anche la mancanza della formazione necessaria propedeutica all’uso e alla gestione delle stesse mascherine, oltre alla difficoltà all’ingresso delle portinerie di Centro di finitura e Tubificio nella misurazione della temperatura e all’assembramento nella consegna dei cestini pranzo, che hanno sostituito il servizio mensa. Secondo i delegati di fabbrica è stato anche riscontrato un eccesso di personale nei reparti ed una mancata organizzazione finalizzata a contenere il contagio. Alcuni lavoratori non sarebbero inoltre stati avvisati del possibile rientro al lavoro. Tutti elementi, questi, che hanno portato ad un inevitabile rallentamento nel riavvio della produzione, di fatto lunedì non ancora ripresa.

EMERGENZA CORONAVIRUS – UMBRIAON

LA POSIZIONE DEL SINDACO LATINI

Responsabilità e rischi

Sono il senatore Valeria Alessandrini e il consigliere regionale Daniele Carissimi – entrambi della Lega – ad esporsi sulla riapertura: «La salute dei cittadini deve essere messa sempre al primo posto. Se il prefetto di Terni, sulla base delle disposizioni di legge applicabili, ha ritenuto di concedere il via libera alla riapertura degli stabilimenti Ast, con il suo competente apprezzamento e la sua capace valutazione, avrà sicuramente verificato le precauzioni e misure di contenimento che l’azienda avrà pensato, indicato e attuato al fine di garantire la prioritaria sicurezza dei lavoratori. La salute delle persone è prioritaria sia per le amministrazioni pubbliche che per il datore di lavoro. Ancora una volta – evidenziano – il governo Pd-M5S scarica tutte le responsabilità sugli enti locali,
come ha fatto più volte fin dall’inizio di questa emergenza, lasciando sindaci e prefetti da soli ad affrontare le questioni più difficili, quelle che mettono cioè a dura prova la tenuta sociale ed economica del territorio. Anche queste sono le scelte da cui dipende il futuro del paese in termini di contenimento del contagio da coronavirus e dei danni che esso sta producendo. La decisione di riaprire il più grande stabilimento ternano e umbro merita ogni approfondimento e cautela che coinvolge la città tutta: è fondamentale che l’azienda prevenga e presidi ogni rischio, proceda a controlli continui sul rispetto delle norme, oltre a prevedere visite mediche e tamponi, dotare ogni lavoratore degli strumenti adeguati, come guanti e mascherine. Nessuno dovrà lavorare in presenza di rischio o contravvenendo alla regola di distanziamento. In questo caso la scelta non deve essere tra lavoro e salute, ma entrambi devono essere garantiti con la massima attenzione. Saremo vigili e proattivi sulla vicenda per assistere i lavoratori nella perduranza del Covid-19 senza tuttavia permetterci di trascurare una visione sul domani che deve poter garantire il lavoro per loro stessi in un’azienda che sappia resistere agli attacchi del Covid e della concorrenza in assenza di misure di protezione garantite dall’Unione Europea».

Cgil,Cisl e Uil: «Si esprima la comunità scientifica»

A sostenere il fronte dei sindacati metalmeccanici ci pensano anche le segreterie regionali e provinciali di Cgil, Cisl e Uil, che in una nota ribadiscono di ritenere la ripartenza di Ast, seppur non a pieno regime, «molto pericolosa» e chiedono che «la comunità scientifica si esprima chiaramente a riguardo».«È evidente – scrivono Sgalla, Manzotti e Bendini per i sindacati confederali dell’Umbria e Cipolla, Marcelli e Venturi per quelli delle provincia di Terni – che quanto determinatosi rappresenta una contraddizione rispetto alle raccomandazioni che quotidianamente arrivano dal Governo, dalla Protezione civile, dal ministero della salute, e dall’Istituto superiore della sanità sull’assoluta necessità di non rallentare con il rispetto delle prescrizioni previste nel dcpm. Riteniamo che in un momento in cui, grazie al sacrificio di tutti, si è sensibilmente attenuato l’andamento dei contagi, sarebbe stato più opportuno proseguire su questa strada, senza aprire nuovi fronti di esposizione al contagio, magari intensificando l’azione a tutela di tutti quei lavoratori obbligati al lavoro perché operanti nei servizi essenziali». In ogni caso, una volta appresa la notizia della riapertura – continuano i segretari delle tre sigle sindacali – «la rsu Ast e i sindacati dei metalmeccanici si sono immediatamente attivati e stanno continuando a lavorare per proteggere in ogni modo la salute e la sicurezza dei lavoratori e delle loro famiglie e far rispettare il Protocollo condiviso del 14 marzo tra Governo, sindacati e Confindustria. I lavoratori non vanno lasciati soli – insistono Cgil, Cisl e Uil – quindi, accanto al necessario chiarimento di carattere scientifico, chiediamo a Regione e Comune di intervenire a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori, vista la loro responsabilità diretta in materia di salute pubblica». Infine, Cgil Cisl e Uil ribadiscono «la necessità di promuovere in tutte le attività lavorative in essere la predisposizione di ‘protocolli anticontagio aziendale’ come espressamente richiamato dal dpcm del 22 marzo».

L’azienda: entro mercoledì si riprende

Nel pomeriggio, rispondendo punto per punto a quanto contestato dalle rsu, l’azienda ha fatto sapere in una nota che «entro mercoledì tutti i reparti torneranno nelle condizioni di produzione standard, anche se programmati all’incirca per il 50% delle loro capacità». La riattivazione degli impianti comunicata al prefetto è stata necessaria, dopo una settimana di interruzione, «per alimentare, anche indirettamente, le filiere dei prodotti essenziali e rispondere alle richieste provenienti da clienti di settori strategici globali, testimoniate da lettere provenienti da tutto il mondo».

Fim, Fiom, Uilm: «Assordante il silenzio delle istituzioni»

Ad intervenire sulla vicenda sono anche i segretari di Fim, Fiom e Uil, rispettivamente Simone Liti, Alessandro Rampiconi e Simone Lucchetti, che reputano «pesante nella vicenda il silenzio assordante delle altre istituzioni locali e regionali che tra l’altro rappresentano i massimi organi deputati in materia, ed ancora ad oggi purtroppo, non abbiamo compreso le loro azioni». «Nei giorni scorsi – scrivono – abbiamo assistito ad una strumentalizzazione sulla strategicità di Ast che noi continuiamo a sostenere e rivendicare con forza. Tutti gli accordi fatti, negli anni passti, che sono stati sottoscriti hanno affermato questa condizione che deve essere indispensabile anche rispetto al futuro. È evidente che la strategicità menzionata nel dpcm del 22 marzo 2020 è riferita all’emergenza sanitaria e quindi ne cambia radicalmente il senso. Chiediamo a tutti i soggetti deputati di assumere massimo impegno e responsabilità». Ma i tre sindacalisti sono preoccupati più in generale per tutto il comparto metalmeccanico, che in provincia è sostanzialmente fermo. «Abbiamo ricevuto – continuano – richieste per ammortizzatori dedicati all’emergenza Covid-19 per oltre 6 mila lavoratori che rappresentano più dell’80% dell’intera forza lavoro. Sono pochissime le aziende in questo momento in attività e anche quelle legate alle filiere essenziali sono aperte in modalità ridotta. ll comportamento delle aziende non è stato uniforme, abbiamo avuto esempi virtuosi da seguire, come chi ha concordato con il sindacato fermate anche prima dei decreti al fine di sanificare e mettere in sicurezza la salute dei lavoratori, per ridurre il rischio da contagio, ripensando anche a nuovi modelli organizzativi, e chi invece ha pensato solo alla prosecuzione dell’attività con un vecchio cinismo padronale. Registriamo che già c’è chi tra le aziende si è resa disponibile per effettuare tamponi e test sierologici per i lavoratori, anche su questo punto serve chiarire se il sistema sanitario regionale è pronto a svolgere questo compito determinante per evitare la diffusione del contagio nei luoghi di lavoro». Infine, le segreterie territoriali ritengono urgente «che le prossime decisioni prese dal i Governo nazionale, siano efficaci per tutelare il lavoro e i lavoratori tutti, in modo da garantire una tenuta economica e sociale del Paese. In questo momento – concludono – pensiamo sia indispensabile effettuare incontri specifici in tutte le aziende del ternano per mettere in campo ulteriori azioni necessarie, oltre a ciò che prevedono i protocolli e dpcm per avere una ripresa delle attività produttive nel massimo del rispetto della sicurezza e della salute dei lavoratori».

UpT: «Vi sia la massima sicurezza, altrimenti si intervenga»

«Avevamo dichiarato che doveva esserci un percorso di confronto tra azienda, organizzazioni sindacali ed rsu per una eventuale ripresa produttiva – dichiarano in una nota i consiglieri comunali di ‘Uniti per Terni’, Valdimiro Orsini, Paola Pincardini, Anna Maria Leonelli ed Emanuele Fiorini -, soprattutto in considerazione della richiesta di acciaio dei produttori di materiale sanitario ad iniziare dai letti ospedalieri e dai contenitori di ossigeno. Una riapertura in sicurezza. Apprendiamo però in queste ore la nota dei sindacati, ma soprattutto la preoccupazione dei singoli lavoratori. Le stesse sigle sindacali, infatti, hanno dichiarato che centinaia di persone si muovono in un unico sito produttivo, rappresentando un rischio notevole, al contempo ci viene detto che è stata riscontrata una mancata organizzazione atta a contenere il contagio, tant’è che vi è stato un eccesso di personale nei reparti, le mascherine sono state distribuite alle ore 8 mentre il turno è iniziato alle ore 6, ci sono state difficoltà all’ingresso delle portinerie nella misurazione della temperatura. Bene rispondere alle richieste per l’emergenza sanitaria, perché siamo dell’opinione che l’unione fa la forza, ma se dobbiamo mettere a rischio la salute dei nostri lavoratori perché non si rispettano le norme previste dal Dpcm, allora noi non ci stiamo. Invitiamo in primo luogo il sindaco Latini, per le sue funzioni a tutela della salute pubblica, la presidente della Regione Tesei,  per la sua funzione nella gestione della sanità umbra, il prefetto di Terni che è l’occhio del Governo sul territorio, a mettere immediatamente in campo tutte le azioni necessarie per garantire la sicurezza dei lavoratori e della comunità a cui gli stessi appartengono. È necessario che i lavoratori – osservano i consiglieri di UpT – siano dotati di tutti i dispositivi atti alla loro incolumità, che vengano sottoposti, una volta la settimana, al tampone e pretendere la certificazione di non positività al Covid-19 degli autisti di camion che provengono da altre zone italiane. Se non vengono garantiti i presupposti per la tutela della sicurezza dei lavoratori e delle loro famiglie, come sembrano dire queste prime ore di riapertura, allora è necessario intervenire per fermare ogni possibile rischio».

«Perché questa discriminazione?»

È Codici Terni, attraverso il segretario delle delegazione locale Massimo Longarini, ad attaccare sul tema. Si prende «atto del grande dibattito politico e mediatico conseguente la decisione del prefetto di riaprire le acciaierie ed intende sottolineare che ancora una volta si tende a ragionare a ‘camere stagne’ ed a lasciare da parte il tessuto economico della città. Terni muore ma i titolari di mille piccole imprese, i lavoratori autonomi ed i negozianti, allo stremo e senza il paracadute della Cassa Integrazione, sono costretti a casa. Ora, dopo il danno dei grandi brand che veleggiano on line e consegnano a domicilio dall’alimentare, al vestiario, all’elettronica etc., ecco che in piena emergenza sanitaria – sottolinea l’avvocato – a Terni viene consentito il riavvio dell’industria pesante e di tutto l’indotto. Al danno dunque, la beffa dei migliaia di lavoratori che potranno lavorare e produrre a discapito di negozianti, imprenditori ed autonomi costretti alla chiusura. Codici Terni, pertanto, si interroga sulle ragioni di questa discriminazione ed invita il popolo dei titolari di partita Iva a sottoscrivere un documento da sottoporre al signor prefetto di Terni per conoscere le ragioni per le quali una multinazionale con migliaia di lavoratori può riaprire ed imprenditori, lavoratori autonomi, negozianti devono stare a casa e rimanere chiusi senza percepire stipendi?».

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