La Guardia di Finanza di Perugia, su delega della Procura e a seguito di specifico provvedimento emesso dal gip del tribunale, ha eseguito un decreto di sequestro preventivo per 861.381 mila euro nei confronti del rappresentante legale di due società di Panicale (Perugia), formalmente operanti nel settore agricolo. L’imprenditore è indagato per reati fallimentari, tributari e autoriciclaggio.
La denuncia legata alla ‘scomparsa’ dei beni storici
Il provvedimento trae origine dalle indagini svolte nel 2016 dai carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Perugia nei confronti dell’imprenditore che, all’epoca, era il factotum del proprietario della residenza storica (risalente al XVII secolo) ‘Villa Mongiovino’. L’imprenditore – poi diventato, nel tempo, legale rappresentante di diverse società riferibili al proprietario dell’immobile storico – era stato denunciato per essersi impossessato di una campana in bronzo e ferro risalente al ‘500 – attribuita al maestro Crescimbene da Perugia, asportata dal tetto della villa e consegnata ad un antiquario in conto vendita – nonché per essersi appropriato indebitamente di tutti i beni mobili presenti all’interno della dimora storica. Una vicenda giunta a sentenza nel 2022, con la condanna emessa dal tribunale di Perugia e la campana recuperata dall’Arma e restituita alla Galleria Nazionale dell’Umbria.
Le indagini sull’acquisto dell’appartamento a Perugia
Partendo da questo contesto, nel 2018 la Guardia di Finanza ha svolto accertamenti sulla provenienza del denaro con cui l’imprenditore avrebbe comprato un appartamento a Perugia, intestato formalmente alla figlia. «Dall’esame preliminare della documentazione bancaria – spiega una nota della procura di Perugia -, pur non rilevandosi elementi sufficienti a dimostrare che l’acquisito fosse avvenuto con i proventi illeciti della vendita dei beni mobili sottratti nella villa, emersero anomale e ingenti movimentazioni finanziarie (prelievi in contanti, bonifici, investimenti in polizze vita) dai conti delle società, risultate tra l’altro inattive, in totale stato di abbandono e inadempienti rispetto agli obblighi tributari».
La cessione dei terreni agricoli
«I successivi approfondimenti – prosegue la procura – concentrati sulle operazioni di cessione dei terreni delle due società, hanno consentito di appurare che sugli stessi non era mai stata svolta alcun tipo di attività agraria e che, quindi, non era possibile inquadrare tali beni immobili come ‘strumentali’ all’esercizio di impresa agricola e beneficiare del regime privilegiato di tassazione su base catastale. Da qui la contestazione dell’omessa dichiarazione dei redditi in relazione alle plusvalenze realizzate nella compravendita dei terreni».
Società ‘svuotate’ per acquistare immobili, aprire un ristorante, sottoscrivere polizze assicurative
«Contestualmente – spiega l’autorità giudiziaria – analizzando i conti correnti su cui erano confluiti i proventi delle operazioni di compravendita immobiliare, è emerso che gli stessi erano stati distratti dall’indagato, causando il dissesto finanziario delle società, per la sottoscrizione di polizze assicurative a suo nome, per l’acquisto dell’appartamento intestato alla figlia, per l’avvio di altre attività commerciali (tra cui anche un ristorante a Perugia) e per la costituzione di un trust in cui erano confluiti altri immobili. Per tali ragioni, verificata la fallibilità delle società derivante dall’accertata assenza di attività agricola e dalla circostanza che gli atti di disposizione dei patrimoni avessero privato le stesse società delle risorse necessarie a soddisfare le obbligazioni verso l’Erario, il pubblico ministero ne ha chiesto e ottenuto il fallimento, dichiarato dal tribunale di Perugia nel settembre 2022, con la successiva contestazione dei reati fallimentari».
Cosa è stato sequestrato
In conclusione – osserva la procura di Perugia guidata da Raffaele Cantone – «la ricostruzione delle condotte distrattive, consumatesi a partire dal 2015, e l’accurata analisi delle numerose operazioni di investimento e disinvestimento, hanno consentito di ipotizzare la sussistenza di profili di responsabilità penale in ordine ai reati di bancarotta fraudolenta, di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e di autoriciclaggio». L’importo del sequestro preventivo ai fini della confisca, è pari – stando agli inquirenti – ai profitti accumulati illecitamente dall’imprenditore. I ‘sigilli’ sono così scattati per i conti correnti, due polizze assicurative, un fondo pensione, partecipazioni societarie e beni immobili riconducili all’indagato.