«Il caso Suarez è stato il momento di mia maggiore difficoltà a Perugia», confessa Raffaele Cantone, procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Perugia, nel corso della trasmissione In Umbria, in onda su Umbria Tv giovedì sera alle 21.30 (repliche venerdì alle 8 e sabato alle 14).
Quella fuga di notizie per il caso Suarez

«Ero appena arrivato – racconta il magistrato napoletano, incalzato in studio da Giacomo Marinelli Andreoli – e mi sono ritrovato con notizie che uscivano sulla stampa prima che noi ci muovessimo. In quel momento ho ritenuto opportuno diramare quel comunicato in cui dicevo che sospendevo le indagini. E dopo quel momento devo dire che abbiamo lavorato bene, interrogando dirigenti juventini senza che la cosa trapelasse. Ricordo che l’azione penale sul caso Suarez prosegue. Fra l’altro c’è stata già una condanna penale, con un patteggiamento».
«Giornalisti devono fare informazione non comunicazione»

Particolarmente interessante quanto Cantone ha detto a proposito del recente decreto legislativo sulla presunzione di innocenza che, di fatto, impedisce ciascun rapporto fra giornalisti e forze di polizia, oltre che con i magistrati: «Si vorrebbe che i giornalisti tornassero alle ‘veline’, limitandosi alle verità giudiziarie; invece ritengo poco proficuo per il sistema giustizia creare meccanismi di distanza con la stampa: il nostro compito è consentire di creare notizie legittime. Credo sia eccessivo interdire i rapporti anche con le forze di polizia. Devo dire però che non ho visto grandi prese di posizione da parte degli organismi di categoria in estate, quando questo provvedimento è stato presentato».
L’esperienza all’Anac
Cantone, che si è detto felice dell’approccio con Perugia («anche se poi in realtà io frequento pochissimo la società civile», ha puntualizzato), è tornato sulla sua esperienza all’Anac: «Mi ha molto arricchito, ho conosciuto dall’interno la pubblica amministrazione e ciò mi ha permesso di verificarne i problemi ma anche le enormi potenzialità positive. Non è detto che dietro ad ogni errore ci sia un fatto illecito».