Ricerche che ripartono e campagne di scavo a rischio stop, il tutto all’interno del sito archeologico di Carsulae. Le prime sono quelle messe in campo dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e dall’università di Camerino. Gli scavi, invece, sono attivi dal 2012 grazie al contributo della fondazione Carit. Quest’ultimi rischiano però di arenarsi dopo aver portato alla luce, nel corso del tempo, diversi ‘tesori’.
In bilico A decidere il destino della nuova campagna, dopo che alle precedenti avevano preso parte studenti italiani e anche della Macquarie University di Sidney, sarà la Soprintendenza per i beni archeologici dell’Umbria. Non è ancora chiaro se lo standby sia dovuto all’orientamento del ministero – che darebbe la precedenza alla valorizzazione del patrimonio già emerso piuttosto che a nuove scoperte – oppure ai recenti cambi al vertice della Soprintendenza.
Attesa Sta di fatto che in questi giorni la ‘diplomazia’ è al lavoro – e la decisione dovrebbe arrivare nel giro di qualche giorno – per giungere ad una conclusione positiva della vicenda, evitando di fermare il percorso di ricerca attivato da tre anni a questa parte e giunto fino all’arco di San Damiano, fra i simboli principali della cittadella romana. Sul punto la stessa Fondazione Carit aveva impegnato una cifra consistente – intorno ai 150 mila euro – il cui destino è appunto legato alle decisioni che assumerà la Soprintendenza.
Si riparte I lavori viceversa ripartiti sono quelli dei ricercatori dell’Ingv – Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia – e dell’università di Camerino che da lunedì stanno effettuando numerosi rilievi geofisici di precisione, georeferenziati grazie a moderni sistemi Gps.
I rilievi non sono «assolutamente invasivi né distruttivi per le strutture ed hanno l’obiettivo di migliorare e approfondire le attuali conoscenze geologiche dell’area degli scavi», spiegano i ricercatori. «Nello specifico si tratta di rilievi di tomografia elettrica, che consentiranno di analizzare dettagliatamente il basamento di travertino su cui poggiano le strutture archeologiche e sul quale insiste un evidente fenomeno di dissoluzione carsica, dovuta all’azione distruttiva delle acque sotterranee».
Gli studi Lo dimostrano anche «alcuni livelli di travertino campionati in profondità dai carotaggi delle settimane precedenti, grazie ai rilievi eseguiti da Pierluigi Pieruccini, sedimentologo dell’università degli studi di Siena, che stanno fornendo preziose indicazioni circa lo spessore e la consistenza degli strati di quel travertino litoide che fu utilizzato anticamente come roccia da costruzione».
L’ambiente A questi strati di travertino, aggiungono, «si intercalano livelli molto diversi di sabbie nocciola, argille anche con livelli di torba che denotano un ambiente molto diverso dall’attuale, probabilmente fatto di grandi pozze d’acqua dolce, anche in ambiente povero di ossigeno, con suoli più o meno saturi d’acqua che si alternavano a piccole cascate».
I crolli I risultati dei rilievi geofisici dei prossimi giorni saranno utili anche per verificare la presenza di acquiferi più o meno profondi e la presenza di cavità sotterranee. «Cavità che potrebbero aver causato crolli già al tempo dell’antica città e che soprattutto potrebbero causarne altri ai giorni nostri, mettendo a repentaglio la stabilità delle rovine di Carsulae».
La valorizzazione Manca poco alla seconda tappa del progetto di ricerca ‘Approccio multidisciplinare al sito archeologico di Carsulae, ai fini della tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, paesaggistico e ambientale’, con il patrocinio della Soprintendenza per i beni archeologici dell’Umbria e del Comune di San Gemini, finanziato dalla fondazione Carit. Il progetto consisterà in una tre giorni – 22, 23, 24 maggio – di incontri per le scuole e il pubblico, con esperti e ricercatori presso il parco archeologico di Carsulae, in collaborazione con le cooperative Actl e Alis.
Parco scientifico «Un vero e proprio parco scientifico all’aperto – dice Federico Varazi, esperto di divulgazione scientifica – dove si alterneranno stazioni didattiche per le scuole, con approfondimenti di geologia e archeologia, grazie alla collaborazione di vari ricercatori e attività di tipo applicativo, dalla perforazione di un pozzo geognostico al rilevamento tramite georadar».