‘Cassa’ alla Novamont. Bordate dall’azienda: «Costi del polo chimico non compatibili con l’attività industriale»

Terni – Parla il manager Andrea Di Stefano: «Servono interventi urgenti. Altrimenti diventa un polo logistico e basta»

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di F.T.

Il comunicato è lì, ad indicare e rendere nota una situazione di cui il territorio ternano – già provato da crisi in serie – avrebbe fatto volentieri a meno. Poi ci sono le spiegazioni, che sono chiare, crude e per nulla confortanti per il futuro della chimica in quel di Terni, città che per anni ne è stata un po’ la culla italiana. Una situazione che, descritta dalla Novamont ma visibile anche ‘sul campo’, è piuttosto sconfortante e forse, anche e soprattutto per questo, dovrebbe fungere da stimolo per le istituzioni, perché si agisca senza disperdere prospettive di sviluppo e posti di lavoro come invece, su altre partite, è drammaticamente accaduto.

L’annuncio

Il punto di partenza è la cassa integrazione ordinaria sancita dalla Novamont per il sito di Terni che vede impiegate 85 unità produttive operative. «A seguito del perdurare di una situazione di forte incertezza del mercato di riferimento e nonostante gli interventi messi in campo dall’azienda per fare fronte all’incremento dei costi delle materie prime e dell’energia, agli effetti della guerra in Ucraina e alla situazione sempre più insostenibile delle condizioni economiche del sito industriale Polymer – spiega la nota del gruppo di Novara -, Novamont si vede purtroppo costretta a ridurre, sia pure temporaneamente, la propria attività nello stabilimento produttivo di Terni. L’azienda ha già comunicato ai lavoratori e alle rappresentanze sindacali la sospensione e/o la riduzione delle attività lavorative nonché la susseguente necessità di procedere a Cig ordinaria a partire dal 1° luglio 2022 per un periodo presumibile massimo di 13 settimane».

I fattori negativi che pesano

«Sono diversi i fattori negativi e distorsivi che si stanno simultaneamente combinando, tra l’altro in senso opposto alle linee del ‘green deal’, e che costringono l’azienda ad assumere, a titolo cautelativo, questa decisione: il fortissimo incremento delle materie prime e in particolare dei costi dell’energia (nonostante le misure messe in campo sin dal primo semestre dello scorso anno); l’immissione sul mercato di prodotti di origine fossile a elevato impatto ambientale, provenienti dall’Asia, a prezzi che fanno chiaramente congetturare azioni di dumping; l’effetto perverso dei costi per l’acquisto dei crediti CO2 che pesano sulle produzioni Novamont nonostante nel 2021 l’incidenza delle materie prime rinnovabili abbia raggiunto il 58% della produzione, con lo sviluppo di prodotti il cui contributo rilevante alla decarbonizzazione non è considerato ai fini del calcolo delle emissioni di CO2 complessive. Relativamente a questo aspetto – spiega l’azienda – va inoltre sottolineato che i prodotti ad alto impatto e totalmente di origine fossile provenienti dall’Asia, non devono pagare alcun costo della CO2; la diffusa illegalità sia nel mercato degli shopper – che secondo le analisi di Assobioplastiche registra ancora la presenza di circa un 30% di prodotti (pari a circa 25 mila tonnellate) fuorilegge – sia in quello interessato dal recepimento della direttiva Sup (single use plastic) in Italia; il perdurare di una situazione di incertezza per tutto il comparto delle bioindustrie per la bioeconomia circolare a tutt’oggi privo di un riconoscimento formale che permetta di identificare origine e valore economico e ambientale generato dall’intera filiera italiana».

E poi c’è il caso-Terni

Fin qui la nota ufficiale che in larga parte prescinde dalle specificità del polo chimico di Terni, ormai quasi del tutto svuotato – restano la Novamont e la Beaulieu – e le cui criticità vengono messe a nudo da Andrea Di Stefano, responsabile progetti speciali Novamont. «Purtroppo – afferma il manager ad umbriaOn – quella della cassa integrazione è una decisione che abbiamo assunto nostro malgrado. La situazione del polo chimico di Terni è sotto gli occhi di tutti e i problemi, anziché essere risolti, sono andati aggravandosi con il passare degli anni. Ad oggi i costi generali del sito sono incompatibili con l’attività industriale. Ovviamente la situazione si è appesantita con la chiusura di Basell e la messa in liquidazione di Treofan che avevano un peso rilevante sia sul piano produttivo che nel sostenere i costi generali. Servono, e lo diciamo senza mezzi termini, interventi infrastrutturali e di efficientamento del polo ternano: una richiesta che abbiamo avanzato con forza in più occasioni, anche in relazione al progetto di ‘sustainable valley’ messo a punto dalla Regione Umbria. Questi interventi avrebbero sicuramente un’incidenza significativa nel ridurre le problematiche attuali».

Andrea Di Stefano

Le criticità del polo chimico di Terni

L’analisi di Andrea Di Stefano tocca quelli che sono ritenuti i principali punti critici, in ottica Novamont, del polo chimico di piazzale Donegani: «Si parte dalla gestione delle aree comuni, ad esempio l’impianto antincendio che risale a 50 anni fa, attinge alla rete idrica e conta anche perdite importanti. È completamente da rifare. Parliamo di una rete sovradimensionata rispetto alle esigenze di chi, oggi, si trova nel polo. C’è poi l’aspetto energetico: oggi la fornitura è garantita da Edison con i costi che ricadono sulle imprese rimaste. Presso altri stabilimenti – spiega il manager – abbiamo effettuato interventi per impianti di co-generazione per ridurre i consumi. A Terni ciò non è possibile ed abbiamo definito un piano per mettere a punto un impianto fotovoltaico che, tuttavia, avendo bisogno la Novamont anche di vapore, non risolverebbe del tutto il problema. La nostra speranza è di poter sviluppare un progetto che preveda una caldaia di co-generazione che possa sfruttare una filiera di produzione territoriale. Esiste un piano, elaborato in collaborazione con la Coldiretti, incentrato sull’utilizzo di terreni non produttivi, anche per proseguire quel percorso di decarbonnizzazione che abbiamo da tempo avviato. Il terzo nodo critico è quello della depurazione delle acque reflue: il sistema del polo chimico è molto vecchio e richiede un intervento di rifacimento che, una volta realizzato, potrebbe rappresentare un asset anche per le attività extra-polo. Di fatto un nuovo depuratore, oltre ad essere utile in sé, potrebbe rendere l’impianto antincendio ‘autonomo’ dalla rete idrica, con tutti i vantaggi del caso. In sostanza – osserva Di Stefano – il polo chimico di Terni deve tornare ad essere attrattivo per le imprese ed oggi, per ragioni in primis di costi, non lo è».

«Da polo chimico a polo ‘logistico’»

Fra gli obiettivi fissati dalla Regione Umbria per il polo ternano, c’è quello di attrarre nuove imprese: «Ai costi attuali non verrebbero mai – afferma il responsabile progetti speciali Novamont – ma con questi interventi, se realizzati, le prospettive sarebbero certamente più interessanti, per noi e per chi potrebbe prendere in considerazione Terni per le proprie attività industriali, su filiere come la nostra o anche diverse. Il punto è che il polo chimico di Terni rischia di diventare un polo ‘logistico’: questo elemento deve esserci ma non può essere dominante».

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