Cgil Terni, Cipolla: «Costruiamo insieme il futuro del territorio»

Il segretario della Camera del Lavoro analizza la situazione – «gravissima fra crisi e vertenze» – e lancia l’appello ad istituzioni e corpi intermedi: «Mettiamoci attorno ad un tavolo senza pregiudizi»

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di F.T.

«Quella che ci troviamo di fronte oggi a Terni, ancora di più con l’emergenza Covid, è una situazione sconfortante dal punto di vista economico, lavorativo e quindi sociale. Dal nostro osservatorio, che è fatto di servizi quotidiani al cittadino, giungono segnali ogni giorno più allarmanti, di persone sempre più povere che cercano un aiuto, uno sostegno, in un numero molto superiore a quello che pensavamo. Negli ultimi 20 anni il Pil umbro è sceso di 30 punti e l’Umbria meridionale ha pagato e continua a pagare un prezzo altissimo. Lo dimostra la realtà di ogni giorno, fatta anche di tanti giovani che partono per non tornare, ma pure le vertenze in atto, nuove o riemerse, che ci preoccupano fortemente. Durante il Covid le differenze, poi, si sono ampliate: non sono stati tre mesi uguali per tutti. In questo contesto dobbiamo chiederci, ma dobbiamo farlo davvero, dove stiamo andando e cosa possiamo fare. Dobbiamo guardarci negli occhi, parlare, confrontarci. Accantonando le appartenenze perché il rilancio di questa parte di Umbria non è più rinviabile».

La cessione di Acciai Speciali Terni: «Contano i fatti, non il gossip»

A parlare è Claudio Cipolla, segretario generale della Camera del Lavoro di Terni, e con lui – per il ruolo che ricopre ma anche per quello di ex segretario della Fiom locale – non si può non toccare il tema Ast: «Se il buongiorno si vede dal mattino – afferma -, sul percorso di cessione si è partiti male. E la posta in gioco è alta perché se l’incertezza dell’azienda, che rappresenta il 15% del Pil umbro, dovesse prendere una brutta piega, le conseguenze economiche e sociali sarebbero pesantissime. La vendita di Acciai Speciali Terni non è affatto un ‘fulmine a ciel sereno’. La decisione di dismettere la produzione di acciaio, da parte di ThyssenKrupp, risale al 2010. Ast era stata venduta nel 2012 ma poi ricordiamo tutti come andò a finire. Tk, obtorto collo, l’ha ripresa il 1° dicembre del 2013 chiarendo però che l’avrebbe ristrutturata, riorganizzata e rimessa sul mercato. La ristrutturazione, fatta nel 2014, e la riorganizzazione possono dirsi completate. Ora c’è da affrontare il percorso di cessione che, in un quadro locale, nazionale ed internazionale che è molto più complicato rispetto al passato, richiede un atteggiamento serio e consapevole da parte di tutti gli attori. Io provengo da una scuola sindacale che fonda la sua attività non sul gossip, ma sui fatti concreti. E ad oggi, nonostante fiumi di parole, passerelle e ‘fazioni’ che già tifano per l’uno o l’altro possibile acquirente, la procedura di vendita non è ancora stata aperta. Siccome stiamo parlando di un gruppo multinazionale, la procedura di vendita deve rispondere ai criteri della Commissione Europea. Le offerte vere, e non le ‘chiacchiere’, giungeranno quando ci sarà un advisor che riceverà le manifestazioni di interesse con conseguenti proposte economiche alla proprietà. E noi discuteremo dei progetti industriali che gli offerenti metteranno in campo. Oggi, più che mai, servirebbe un’assoluta unità di intenti per far sì che Terni e l’Umbria mandino messaggi chiari. A ThyssenKrupp, che deve rispettare gli impegni e non indebolire l’azienda, rischiando la cessione di uno ‘scatolone’ vuoto. E al Governo perchè vigili sulla Commissione Europea, dimostrando nei fatti la strategicità di Ast e della produzione di acciaio, a cui il premier Conte ha fatto riferimento nei giorni scorsi. Di certo c’è che il sito deve essere venduto senza intaccarne l’unitarietà e individuando il player in grado di farlo funzionare ad alti livelli: l’inox, pur di ‘nicchia’, ha un mercato che cresce del 6% ogni anno. E le prospettive ci sono. Queeto dovremmo fare ora, anziché rincorrere voci e ipotesi o, peggio, ‘tifare’ per quelle che finora sono solo vaghe ipotesi. Se la partita la giochiamo bene, possiamo portare a casa un risultato fondato su un piano industriale di rilancio e sviluppo».

Le mille facce della crisi

Le vertenze in atto non si fermano però in viale Brin: «Ne siamo perfettamente consapevoli – dice Cipolla -, per questo stiamo seguendo in tempo reale le vicissitudini dei lavoratori della Sangemini e di Treofan: in entrambi casi la mancanza assoluta di prospettive e di chiarezza sta tenendo con il fiato sospeso qualche centinaio di famiglie, in un territorio che non può permettersi di fare altri passi indietro. Ma le questioni aperte non sono solo di stampo industriale. Penso ai tanti lavoratori del commercio, del turismo, dei servizi, della cooperazione, del comparto pubblico, della sanità. Il nostro timore è che, dopo il Covid, tante attività non riusciranno neppure a ripartire. Senza dimenticare poi la babele contrattuale, fatta di irregolarità all’ordine del giorno, con cui i lavoratori si trovano a dover fare i conti. In tanti hanno raggiunto i nostri uffici per capire a quali sostegni e sussidi abbiano diritto in questo periodo. E lì, in quella sede, sono emersi contratti fasulli e ‘pirata’, caratterizzati ad esempio da un monte ore molto minore a quello effettivamente svolto dal lavoratore, con una parte del compenso in busta paga e l’altra ‘in nero’. In questo senso il sindacato, da solo, non può farsi carico di una situazione di illegalità che sembra essere dilagante. Istituzioni e associazioni di categoria, insieme a noi, devono mettersi a tavolino una volta per tutte per rilanciare una contrattazione territoriale e agire perché le regole siano rispettate. È interesse di tutti gli attori che ciò avvenga: non stiamo invocando una ‘stretta’ indiscriminata, ma una nuova stagione di dialogo e legalità in cui a pagare le conseguenze della crisi non siano sempre e solo gli ‘ultimi’, come troppo spesso avviene».

«Ora o mai più»

Secondo il segretario generale della Cgil di Terni, ciò che manca è un percorso condiviso che consenta al territorio di individuare le priorità e le possibili soluzioni da mettere in atto: «In un contesto del genere, è doveroso fare riferimento anche alle risorse che i bandi europei, a prescindere dal Covid, mettono in campo, in particolare su tre direttrici: sostenibilità ambientale, welfare e digitalizzazione. Noi abbiamo idee e proposte precise per ciascuno di questi ambiti che si estendono anche ai trasporti, alla sanità – dove la crisi del periodo ha confermato il ruolo chiave dei servizi pubblici -, alle infrastrutture materiali e immateriali che, ad esempio, durante il Covid hanno visto tanti studenti delle zone interne fermi al palo per la sostanziale mancanza di un accesso di qualità ad Internet. Anche sul welfare c’è molto da fare, visto che la nostra popolazione è, mediamente, sempre più anziana e ci sono esigenze e bisogni più e meno nuovi, a cui dobbiamo delle risposte efficaci. Ma è necessario un cambio di passo: mettiamoci tutti insieme a tavolino, discutiamo, elaboriamo proposte condivise per agganciare nuove opportunità di sviluppo. Ecco, alle istituzioni voglio dire che ‘noi ci siamo’ e che siamo pronti a ragionare insieme, senza appartenenze né ‘bandiere’ di sorta, magari cogliendo anche l’occasione per costruire un nuovo sistema di relazioni. Ovviamente non basta solo la nostra disponibilità per giungere ad una visione che ci consenta di dare un nuovo futuro al territorio ternano. Si apra finalmente una discussione. Evitando, se possibile, ciò che è è avvenuto con il riconoscimento di area di crisi complessa Terni-Narni. Dove le risorse disponibili non ci sembra, salvo sporadiche eccezioni, siano state utilizzate con il coraggio che una nuova visione richiede. Si è rischiato poco ed è un peccato vista la battaglia condotta: si può senz’altro parlare di occasione persa».

Senza idee non si va da nessuna parte

In passato, ad appelli come quello lanciato da Claudio Cipolla hanno fatto seguito silenzi o, al massimo, tavoli ‘infiniti’ fatti di parole belle ma senza approdi né sostanza: «Questo è il momento della concretezza. E siccome per determinate proposte che mirano ad accedere ai fondi europei c’è una scadenza prefissata, la primavera del 2021, invito tutti a darsi da fare da subito. Perché i progetti non nascono dal giorno alla notte. Ovviamente c’è una precondizioni: che ci sia un’idea, una visione per l’Umbria. Altrimenti tutto il discorso cade. Noi, come Cgil, cerchiamo di dare tutto ciò possiamo ai territori di riferimento. Anche per questo i nostri uffici sono sempre rimasti aperti durante l’emergenza coronavirus, senza mai compiere un passo indietro. Finchè c’è una persona che lavora, quella persona può avere bisogno di un servizio, di una consulenza, di assistenza. Abbiamo la percezione che tale scelta stia pagando ma ora, a questo sforzo, bisogna abbinarne uno ‘nuovo’: provare a costruire insieme il domani che vogliamo».

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