Commercio in Umbria, c’è nuovo regolamento

La Confcommercio: «Bene la normativa per quanto riguarda la Grande distribuzione, ma c’è ancora molto lavoro da fare per il settore»

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«Superata un’impasse politica che ne ha ritardato lungamente l’entrata in vigore, è stato finalmente pubblicato il regolamento al Testo Unico del commercio della Regione Umbria che disciplina l’ingresso sul mercato regionale di strutture distributive con superficie superiore ai 2.500 metri quadrati. E’ una buona notizia – commenta Giorgio Mencaroni, presidente di Confcommercio Umbria – per una serie di ragioni. C’è voluto tanto tempo, ma ora abbiamo finalmente i criteri che consentono di governare lo sviluppo della grande distribuzione in Umbria, attraverso le uniche leve oggi a disposizione, ovvero quei motivi imperativi di interesse generale che risiedono essenzialmente nella tutela dell’ambiente, del paesaggio, della salute pubblica. Ci siamo battuti perché questi principi fossero accolti e la Regione ci ha ascoltato, superando così anche le molte resistenze che hanno accompagnato l’iter di questo atto».

Le norme Con il regolamento appena pubblicato, nel caso di nuove aperture, trasferimenti di sede, ampliamenti di superficie di una media o di una grande struttura di vendita, i Comuni devono acquisire preventivamente i pareri obbligatori e vincolati degli enti competenti in materia di salute e ambiente: Unità sanitaria locale competente per territorio e Agenzia regionale per la protezione ambientale. I pareri dovranno essere corredati dall’indicazione di eventuali correttivi necessari a mitigare gli impatti generati dalla struttura, per tutelare la salute e l’ambiente, compreso quello urbano, e i beni culturali.

Le perplessità Se la pubblicazione del regolamento è stata salutata con favore da Confcommercio Umbria, l’organizzazione esprime invece «non poche perplessità in merito alle modifiche al Testo Unico del commercio arrivate negli ultimi giorni del 2017. Così come è stato ridisegnato, il Piano triennale del commercio risulta svuotato dai suoi contenuti più qualificanti, riducendosi ad un elenco delle azioni da fare e delle risorse da attivare. L’eliminazione, inoltre, del Piano annuale limita ancora di più le opportunità di studio, approfondimento e di confronto sul futuro di un settore che sta attraversando una evoluzione profonda e rapidissima. Un settore poco conosciuto, poco valorizzato, poco incentivato; utilizzato spesso come bancomat per far fare cassa a molti: al proprietario del terreno, al costruttore, a pochi investitori e, non ultimo, alle amministrazioni comunali, che, attraverso i vari oneri, riescono a recuperare risorse che permettono di tirare avanti».

Quanto prima, dice ancora  Mencaroni, «occorre rimettersi al lavoro per disegnare nuovi strumenti normativi adeguati alle esigenze di un settore economico in crescita e trasformazione continua, del quale finalmente è stata compresa anche la valenza in tema di coesione sociale, sicurezza, qualità della vita; per una sua maggiore qualificazione al servizio del territorio e delle aree urbane».

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