Una settimana di cassa integrazione per l’area fusione Ast. La decisione è stata comunicata dall’azienda ai sindacati lunedì mattina. «La cassa, a detta dell’azienda, si rende necessaria per per abbassare i costi di produzione troppo alti – spiega per prima la Fim Cisl nazionale in una nota – a causa del costo dell’energia che rispetto ad altri Paesi europei, in Italia resta molto alto».
Le ragioni
I motivi del provvedimento, si apprende, sono legati alla decisione di Ast-Arvedi di fermare uno dei due forni elettrici di viale Brin per una settimana, a fine settembre, a causa degli elevati costi energetici. Costi che, secondo quanto comunicato dal management ai sindacati, non consentono di Ast di essere competitiva, anche rispetto ad importazioni asiatiche a prezzi riteuti ‘stracciati’.
Ast-Arvedi spiega
Lo conferma una nota ufficiale dell’azienda in cui, testualmente, si legge che «nel corso di un incontro con le rappresentanze sindacali tenutosi oggi lunedi 9 settembre, la direzione aziendale di Arvedi-Acciai Speciali Terni ha comunicato il fermo di uno dei due forni elettrici dell’acciaieria. La decisione è stata presa a causa del perdurare degli alti costi energetici che non consentono all’azienda di essere competitiva nei confronti delle crescenti importazioni dall’Asia a prezzi stracciati. L’azienda prevede, al momento, di fermare un forno elettrico per una settimana a fine settembre. Il livello del costo dell’energia elettrica in Italia, tre volte superiore a quello di altri Paesi europei dove sono basati i concorrenti di AAST, sta condizionando il piano di rilancio dello stabilimento umbro, vanificando gli sforzi di efficientamento fin qui compiuti ed i benefici degli ingenti investimenti già realizzati dalla gestione Arvedi. Nonostante l’adozione di misure drastiche come l’acquisto di bramme asiatiche per compensare l’incremento dei costi, il divario di competitività permane non solo nei confronti dei produttori asiatici ma anche verso gli altri produttori siderurgici europei che beneficiano di costi energetici sensibilmente più bassi. Lo stabilimento di Terni dal 1° gennaio al 31 luglio ha dovuto versare mediamente 97 euro per megawattora contro i 21 in Francia, i 32 in Germania, i 35 in Finlandia e i 62 in Spagna, pagati dai produttori di acciaio inox concorrenti di Acciai Speciali. Ciò comporta una forte distorsione della concorrenza con conseguenze pesanti per il più importante produttore italiano di acciaio inossidabile. La fermata del forno elettrico ne è la riprova. L’azienda – prosegue la nota – si sta battendo sui tavoli nazionali ed europei, con il supporto della Regione Umbria, per ottenere un costo equo dell’energia. Le preoccupazioni vengono costantemente condivise con i rappresentanti dei lavoratori e con tutti i dipendenti. Venerdì scorso è stato collocato sul principale piazzale interno allo stabilimento di Terni, un maxicartellone che mette in evidenza i ‘numeri’ della sperequazione in termini di costi che AAST deve subire rispetto agli altri concorrenti europei. Come si spiega nell’affissione, una soluzione è a portata di mano: consentire ad Acciai Speciali Terni di ripristinare le condizioni originali di autoproduzione grazie al collegamento diretto, giá esistente, con la centrale Enel di Galleto. AAST vedrebbe in questo modo ristabilite le condizioni che hanno permesso la nascita di un sito produttivo capace di grandi successi industriali, in grado di superare i più gravi periodi di crisi. Eloquente il titolo che accompagna l’affissione: ‘Abbiamo il diritto morale di avere le nostre centrali o di essere pagati da chi le ha espropriate’».
Ast: «Fra scontri e stop produttivi, ora la fase è delicata». L’analisi
Bandecchi scrive ai ministeri: «Subito un tavolo sull’Accordo di programma»
Il sindaco di Terni Stefano Bandecchi ha inviato una lettera di sollecitazioni sull’Accordo di programma per Ast ai Ministeri delle imprese e dell’energia. Una missiva per conoscenza alla Regione dell’Umbria. «In virtù della mancanza assoluta di qualsiasi notizia sull’attuale stato dell’arte dell’Accordo di programma, che ricopre notevole rilievo per il tessuto economico del territorio ternano e della Regione Umbria, dopo avere ascoltato il pensiero dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali territoriali ed anche avvertito l’emergere di un malessere espresso da alcune associazioni datoriali, si ritiene assolutamente necessaria la convocazione di un tavolo per fare chiarezza sull’argomento. Si porta a conoscenza dei Ministeri interessati – scrive Bandecchi – che, nel frattempo, l’qmministrazione comunale si sta adoperando in una forte collaborazione con il gruppo Arvedi per rendere ambientalmente sostenibile la produzione di acciaio, attraverso accordi ed interlocuzioni costanti, sia con le società interessate, sia con la cittadinanza e il Comitato costituito dalla comunità che vive a ridosso della fabbrica. L’equilibrio che si sta cercando di mantenere produrrà i suoi effetti complessivi solo se saranno effettuati gli investimenti previsti nella fase di preparazione dell’Accordo stesso, mentre qualsiasi eventuale ridimensionamento del piano industriale e delle attività previste, metterebbe di nuovo in crisi il progetto di ambientalizzazione della città nel suo complesso, su cui si stanno investendo ingenti risorse economiche ed intellettuali, che traghetterebbero la città di Terni verso il futuro green». Aggiunge l’assessore comunale allo sviluppo economico Sergio Cardinali. «Il sindaco Bandecchi si è mosso rapidamente. L’azione portatata avanti in questi giorni dal Comune di Terni ha evidenziato il problema dei costi energetici così come denunciato anche dal gruppo Arvedi con iniziative pubbliche. Ancora più significativo il fermo della produzione a caldo per una settimana e la richiesta della cassa integrazione per 200 lavoratori. C’è il rischio che tutto ciò sia il preludio della chiusura dei forni di fusione, lasciando spazio ai semilavorati in arrivo dall’India, un’ipotesi sciagurata per l’integrità produttiva del polo siderurgico di Terni. Anche la presidente Tesei si attivi subito nei confronti del ministro Urso per la convocazione del tavolo nazionale e smetta di fare false promesse ai lavoratori e ai Ternani tutti».
La posizione della Fim Cisl
«Proprio l’energia – ricorda il segretario nazionale della Fim Cisl, Valerio D’Alò – rappresenta il nodo per la firma dell’Accordo di programma che è propedeutico alla realizzazione degli 800 milioni di euro d’investimento previsti per il piano industriale di Ast. Di questi, 200 milioni di investimento sono stati già realizzati, ora serve la programmazione per realizzare gli interventi previsti per altri 600 milioni che hanno come obiettivo l’aumento dell’attuale produzione e inteverventi di carattere ambientale. Tutte cose – sottolinea D’Alò – determinanti per proiettare Ast in maniera più forte nel panorama degli acciai speciali, in una condizione di competizione europea e internazionale. Per farlo però, serve un giusto prezzo dell energia. Oggi le aziende pagano quattro volte di più al MWH rispetto alla Francia e tre volte di più rispetto alla Germania e Finlandia. Un costo che determina uno squilibrio competitivo per le aziende del nostro Paese e ancora di più, per aziende energivore come quelle siderurgiche».
Parla la Fiom Cgil: «Prima volta che accade»
«Questa mattina la direzione aziendale di Acciai Speciali Terni – spiega la Fiom Cgil nazionale – ha informato le segreterie territoriali dei sindacati metalmeccanici che nel mese di settembre, pur in una condizione di pieno produttivo, fermerà per una settimana una linea produttiva dell’area a caldo, per recuperare una parte dei maggiori costi dell’energia. La fermata verrà accompagnata da una richiesta di cassa integrazione ordinaria per circa 200 persone.
È la prima volta che l’area a caldo di Ast viene fermata per i costi alti e non per motivi produttivi, seppur con un mercato ancora debole e con poca visibilità da qui alla fine dell’anno. Se il costo dell’energia è l’ultimo nodo per l’Accordo di programma, ci aspettiamo da azienda, Governo e istituzioni locali azioni concrete per giungere al termine di questa lunghissima fase di incertezza. Lo slogan dell’azienda ‘abbiamo il diritto morale di avere le nostre centrali o di essere pagati da chi le ha espropriate’ ci dice di una trattativa con il Governo e forse con Enel per avere costi dell’energia a un prezzo competitivo. Lo stallo e i disimpegni su questo terreno – osserva la Fiom – non possono essere scaricati sui lavoratori e sulle lavoratrici dello stabilimento. In ultimo esprimiamo grande preoccupazione perché più il tempo passa e più vengono messe in discussione le linee guida del piano industriale presentate il 1° aprile del 2022. I duecento milioni di euro di investimento sin qui fatti dall’azienda rappresentano un quarto degli investimenti complessivi che puntavano al mantenimento degli attuali livelli occupazionali. La fase di incertezza deve finire in tempi definiti e si devono chiarire le responsabilità di questi ritardi che mettono in discussione produzioni strategiche, occupazione e salario. Come Fiom-Cgil proporremmo un consiglio di fabbrica straordinario e un ciclo di assemblee per informare i lavoratori, non escludendo l’apertura di uno stato di agitazione anche per eventuale uso improprio di ammortizzatori sociali. Il Mimit convochi urgentemente le parti, al fine di concretizzare l’Accordo di programma e il piano industriale che sono spariti dall’agenda».
La Uilm: «Non siano i lavoratori a pagare. Governo, sveglia»
«L’annuncio del gruppo Arvedi di voler fermare per una settimana una delle due linee fusorie del sito di Terni per noi non rappresenta un fulmine a ciel sereno». Lo affermano Guglielmo Gambardella (segretario nazionale Uilm) e Simone Lucchetti (segretario Uilm Terni). «Il gruppo di Cremona – affermano -, fin da subito, con l’acquisizione di Acciai Speciali Terni aveva posto alle istituzioni nazionali e locali la questione della competitività del sito in relazione al costo dell’energia, subordinando la realizzazione degli investimenti a risolutivi interventi normativi o infrastrutturali. Purtroppo, ad oggi, questi interventi non si sono realizzati ed il sito siderurgico ternano soffre di un gap competitivo rispetto ai competitor internazionali, sia per il maggior costo dell’energia e sia per il parziale compimento degli 860 milioni di investimenti previsti dal gruppo guidato da Giovanni Arvedi che in questi mesi è intervenuto più volte sul tem«». Abbiamo più volte chiesto una convocazione del tavolo ministeriale per fare il punto della situazione ma l’ultimo incontro si è tenuto nel lontano 14 novembre 2023. Da allora ci sono stati diversi confronti fra le istituzioni e la stessa azienda ma non hanno prodotto una soluzione. Come Uilm – concludono Gambardella e Lucchetti – crediamo che i ritardi registrati per la sottoscrizione dell’Accordo di programma, che avrebbe consentito di supportare gli investimenti, non possano essere pagati dai lavoratori subendo la cassa integrazione. Il Governo, che ha sempre ribadito la strategicità di Acciai Speciali Terni, è chiamato ad intervenire prima che sia troppo tardi».
Ugl Metalmeccanici: «Preoccupati»
«L’energia elettrica non è tutto. ma senza di essa non si può fare nulla». Così il vice segretario nazionale Ugl Metalmeccanici, Daniele Francescangeli: «La decisione di Arvedi – aggiunge – ci preoccupa visto che, come accaduto in passato, non è legata al calo delle commesse ma al costo troppo oneroso e fuori mercato dell’energia elettrica. Da anni l’Ugl Metalmeccanici si batte e continuerà a farlo, portando il tema del costo dell energia all’attenzione sia del Governo italiano sia a livello europeo, sottolineando la questione conseguente della competitività del sito temano. Purtroppo ad oggi non si è mai concretrizzata alcuna misura per abbassare i costi, nonostante il gruppo Arvedi intenda investire un totale di 860 milioni di cui 200 già spesi senza la firma dell’Accordo di programma».
Rsu: «Lo stop riguarda 200 persone»
Intervengono anche le Rsu di Ast dopo l’incontro con la direzione aziendale sulla fermata annunciata per fine settembre: «Coinvolgerà 200 persone tra operai, impiegati e quadri – spiegano le Rsu -. Ancora è in fase di definizione la linea che fermerà dal 24 al 30 settembre in virtù dei mix produttivi. Tale fermata è riconducibile alla contrazione di mercato di riferimento imputabile anche agli elevati costi energetici. I fermi impianto previsti verranno gestiti con cassa integrazione ordinaria (Cio), garantendo i medesimi requisiti fino ad oggi applicati e ottenuti nei precedenti incontri (maturazione ferie, par e rateo tredicesima) compresi gli istituti indiretti. Per chi vorrà integrare la Cio con i permessi annui retribuiti (Par), varrà il silenzio-assenso. Per chi non vorrà integrare la Cio con i Par, dovrà indicarlo tramite i moduli che saranno presenti in portineria». Oltre ciò le Rsu hanno chiesto alla direzione aziendale «la possibilità di elargire ai lavoratori un riconoscimento economico in ragione della perdita salariale».
Il Pd regionale: «Paghiamo l’immobilismo di Governo e giunta regionale di destra»
Il segretario regionale del Partito Democratico, Tommaso Bori, esprime «profonda preoccupazione per il fermo di uno dei due forni delle acciaierie di Terni» ed esprime «solidarietà ai lavoratori. Le ragioni – prosegue – che hanno portato alla fermata e alla cassa integrazione per i lavoratori, sono la dimostrazione che né il Governo Meloni né la giunta Tesei hanno mai avuto veramente a cuore la sostenibilità e la competitività di un impianto strategico come quello di Terni. Il tema irrisolto del costo dell’energia, per Ast, ovvero per un’industria energivora che arriva a consumare in un anno quanto l’intera città di Napoli, rappresenta un fattore imprescindibile che va affrontato quanto prima. Ne va del futuro di un sistema tanto complesso quanto importante per l’Umbria e per l’intero Paese, che deve essere messo nelle condizioni di competere nel mercato siderurgico al pari degli altri attori internazionali. Ritengo, per questo, quasi paradossale che non sia stata ancora verificata l’ipotesi di ripristino del collegamento tra Ast e la centrale idroelettrica di Galleto, che sarebbe in grado alimentare l’impianto attraverso energia pulita e a chilometro zero. Serve dunque che la destra che governa a livello regionale e nazionale – osserva Bori – si faccia carico delle sue responsabilità, di questo immobilismo che, a distanza di anni, non ha portato ancora alla firma del nuovo Accordo di programma e di affrontare in maniera costruttiva e responsabile il nodo energia, nonostante gli impegni assunti con Arvedi. Come ha giustamente sottolineato più volte in questi giorni la segretaria nazionale del Pd Elly Schlein, il Governo Meloni deve mettere in campo una politica industriale che accompagni i cambiamenti che stiamo vivendo. Bisogna dare continuità agli incentivi tenuto conto quelli legati alla transizione 5.0 finiranno nel 2025. Non possiamo più accettare che il Paese continui ad avere i costi dell’energia più alti in Europa. Ciò rappresenta un problema enorme non solo per la competitività del sistema, tanto da mettere in crisi comparti strategici come quello di Terni, ma anche di prospettive per l’occupazione. Il Partito Democratico regionale e nazionale – conclude Tommaso Bori – esprimendo solidarietà e vicinanza ai lavoratori che verranno penalizzati, loro malgrado, dal fermo della produzione di uno dei due forni, intende mettere in campo tutte le iniziative utili affinché la vicenda trovi al più presto una soluzione concreta e praticabile per l’azienda e per i lavoratori».
Il Pd di Terni
«L’annuncio del gruppo Arvedi della decisione di ridurre temporaneamente le produzioni, immediatamente successivo all’appello pubblico dell’azienda sui costi esorbitanti dell’energia, è motivo di grande preoccupazione». Lo afferma il segretario del Pd di Terni, Pierlugi Spinelli: «Per questo – prosegue – stamane abbiamo fortemente voluto che il consiglio comunale di Terni discutesse e approvasse subito il nostro atto di indirizzo che torna a sollecitare con forza il varo dell’Accordo di programma per l’attuazione del piano industriale di Ast. L’approvazione dell’atto da parte del consesso civico cittadino,con la sola astensione dei consiglieri di centrodestra presenti in aula, ha un significato chiaro: non sono più tollerabili i continui rinvii ministeriali, prima Giorgetti ora Urso. Il Governo Meloni ignora la centralità della questione industriale e lavorativa ternana e altrettanto fa il governo regionale della destra. Non è più tollerabile l’assenza totale di impegno della Regione, che parla dell’accordo ad ogni scadenza elettorale e poi se ne dimentica. Questione energia, riconversione ambientale, sviluppo produttivo e occupazionale sono decisivi per il futuro di Terni, non solo della maggiore industria umbra. L’astensione dei gruppi di destra in consiglio comunale è una conferma emblematica di questo disimpegno: la fedeltà ai governi Meloni e Tesei, per costoro, viene prima dell’interesse di Terni e dei suoi lavoratori. Basta con i rinvii – conclude Spinelli – e le promesse a vuoto, servono i fatti. Il Pd impegna tutti i suoi livelli nazionali, organizzativi e istituzionali in una battaglia che è decisiva per il futuro di Terni».
Forza Italia: «Impegnati ad ogni livello istituzionale»
Il coordinamento provinciale di Forza Italia Terni «segue con particolare attenzione quanto sta accadendo all’Ast, all’indomani della decisione dell’azienda di ricorrere ad una settimana di cassa integrazione e di spegnere temporaneamente uno dei forni in area fusione per contenere i costi di produzione, gravati da un inevitabile aumento del costo dell’energia. Il partito è impegnato – riporta una nota di FI – a tutti i livelli istituzionali per far sì che si possa avere un costo dell’energia competitivo, recuperando in tal modo gli errori compiuti nel passato quando non venne minimamente affrontato tale problema. Forza Italia sta cercando di debellare la logica del ‘no’ ad ogni cosa e sebbene ci voglia il tempo necessario per raggiungere soluzioni strutturali e definitive, vi è la consapevolezza che il governo è impegnato al massimo anche in sinergia con la nuova commissione europea».
Sinistra Italiana: «Molto preoccupati»
La segreteria provinciale di Terni di Sinistra Italiana «condanna con forza l’annuncio di Arvedi-Ast di sospendere nel mese di settembre, per una settimana, l’attività produttiva di una linea dell’area a caldo, ponendo in cassa integrazione circa 200 lavoratori, motivando la richiesta non con una flessione degli ordini ma con gli alti costi dell’energia elettrica. Questa decisione – osserva SI Terni – suscita vivissima preoccupazione sia per gli effetti immediati che provoca su un ampio numero di lavoratori che subiscono un pesante colpo in termini di reddito, sia per le prospettive che fa intravedere per il territorio di Terni, già gravemente provato dalla crisi economica e dall’incertezza occupazionale. Il costo dell’energia elettrica che deve sostenere Ast per la sua attività produttiva è certamente alto, superiore a quello di cui fruiscono i competitors europei. La ragione è molto chiara: in Italia manca, da lungo tempo, un piano energetico nazionale. Manca perché la politica energetica è stata lasciata in mano agli oligopoli del settore energetico, ad aziende che continuano a far affidamento sui combustibili fossili, che rispondono alle logiche dei mercati finanziari e non alle esigenze dello sviluppo produttivo e del lavoro, oligopoli che impongono tariffe ai consumatori finali definite in mercati speculativi paralleli, facendo profitti stratosferici non tassati adeguatamente, infischiandosene dell’economia reale. È un problema che riguarda tutta l’apparato produttivo industriale del nostro Paese ed in particolare le aziende energivore come quelle siderurgiche. È altresì singolare – aggiunge Sinistra Italiana – che l’alto costo dell’energia sia da Arvedi considerato insopportabile solo a Terni. Non vorremmo quindi che nel mirino dell’azienda sia stata messa l’area a caldo di Ast. Se così fosse sarebbe messa in gioco la prospettiva dello stabilimento ternano. Mentre nei programmi ravvicinati previsti a Piombino da Jindal o da Marcegaglia, si investe in aree a caldo con capacità produttive molto elevate, due o tre volte superiori a quelle attuali di Terni».
Il gruppo consiliare Pd in Comune: «Approvato il nostro atto. Centrodestra astenuto»
«Abbiamo lavorato con forza e determinazione – affermano i consiglieri comunali del Pd di Terni – per l’approvazione di un atto di indirizzo che impegnasse il Comune di Terni a sostenere, non solo a parole, ma con iniziative e fatti concreti e con una reale assunzione di responsabilità, la rapida sottoscrizione e attuazione dell’Accordo di programma per il piano industriale di Ast. L’atto è stato approvato (lunedì, ndR) con la discutibile astensione dei consiglieri del centrodestra. Abbiamo inteso ribadire con forza quali siano i temi centrali che devono occupare il consiglio comunale e l’azione amministrativa di questa giunta, ormai esposta invece alla deriva e concentrata solo su iniziative autoreferenziali e propagandistiche. Il nostro gruppo ha voluto di nuovo rendere evidente come la società Arvedi Ast, in merito a progetti di intervento nel tessuto sociale ternano, debba e possa lavorare sul solco di quanto ha già fatto a Cremona e la giunta, se ne ha la capacità e la forza, e fino ad oggi ciò non è avvenuto, deve coltivare questo percorso e rendersi immediatamente e fattivamente disponibile a guidarlo e favorirlo».
Italia Nostra: «Operazione di marketing»
Sulla vicenda interviene anche Andrea Liberati di ‘Italia Nostra’ Terni: «E così, con un climax lineare e intuitivo, Arvedi Ast Terni mette in cassa integrazione parte delle maestranze per i ‘costi energetici’: unica acciaieria nazionale a farlo oggi, pur in un contesto economico generale non esaltante.
Non solo – Aggiunge Liberati -. Nessun’altra realtà altamente energivora lo fa: ma come mai certi argomenti, senz’altro rilevanti, vengono ribaditi adesso e soltanto a Terni, indicando al contempo problema e soluzione ‘domestica’, le centrali di Galleto, riscoperte improvvisamente dopo 70 anni? Come sappiamo tali concessioni devono andare a gara pubblica ben prima della loro scadenza nel 2029, come prevede la legge. Arvedi Ast, frattanto, si è posizionata rivendicando ‘moralmente’ tali impianti: puro marketing, visto che la normativa europea esclude ‘aiuti di Stato’. Ma il marketing resta senz’altro un valido strumento verso una politica spesso asservita, come mostrano l’inquinamento conclamato e inarrestabile di lunga data, le megadiscariche-colabrodo senza Via aggiornata e tanto altro. Nonostante una città e una regione già totalmente piegate a tali interessi, il crescendo ‘protestatario’ della proprietà Arvedi Ast non si ferma. Il segnale della cassa integrazione Arvedi Ast, per una settimana e poi si vedrà, si registra proprio oggi, quando in Italia i costi energetici sono attualmente da tre a quattro volte più bassi del 2022, ancorché più elevati rispetto alla Francia (grazie al nucleare), alla Spagna (grazie alle rinnovabili), alla Germania (grazie al sistema-Paese, pure in crisi) e ad altri Stati. Non solo. Se questo gap dei costi dell’elettricità è strutturale in Italia da decenni, poche settimane fa il Governo ha messo a punto il DM Energy release, atto rilevantissimo esclusivamente per le imprese energivore, con il fine di allineare i costi del MWh all’Europa, ma solo per quelle industrie che investono nelle rinnovabili e che, magari, parteciperanno regolarmente a una gara pubblica per concessioni idroelettriche. Ribadiamo: perché, allora, mettere in cassa proprio oggi? I problemi di Arvedi Ast sono altri? Per saperlo – conclude Andrea Liberati – ‘Italia Nostra’ ha già trasmesso una comunicazione a varie autorità di controllo, per approfondire le condotte sin qui tenute dalla multinazionale italiana: qualora le conclusioni di tali organismi pubblici fossero diverse, l’azienda andrà soltanto commissariata e il management integralmente rimosso. Sarebbe peraltro l’occasione per programmare quei miliardari investimenti per le bonifiche su cui Arvedi Ast tace, grazie anche alla comprovata quanto demenziale subordinazione della politica non solo locale».
Ast, poster in azienda sui costi energetici. Piccolotti (Avs): «Una propaganda che sa di minaccia»