Covid Umbria, effetti del blocco attività

Il focus dell’Agenzia Umbria Ricerche sulle conseguenze per l’economia umbra: «2/3 delle unità locali industria ferme. Terziario colpito per il 45,6%»

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Il covid, la chiusura delle attività produttive non essenziali/strategiche e l’impatto sull’economia umbra. A realizzare un focus sul tema è l’Agenzia Umbria Ricerche: in particolar modo l’approfondimento riguarda il settore dell’industria, le costruzioni ed il terziario.

EMERGENZA CORONAVIRUS – UMBRIAON

Gli effetti

Tenendo in considerazioni il complesso delle attività tirate in ballo, i responsabili di ricerca – Elisabetta Tondini e Mauro Casavecchia – partono dal dato principale: «In Umbria risulta sospeso il 49,7% delle unità locali, che generano il 40,1% del valore aggiunto e il 40,8% del fatturato. In termini occupazionali resterebbe fermo il 45,8% degli addetti, percentuale che scende al 43% se si considerano i soli dipendenti. Questo almeno fino all’ultimo decreto del 10 aprile, che ha consentito la riapertura anche di librerie, cartolerie, negozi per bambini, attività di silvicoltura e raccolta di legname». C’è chi ha problemi maggiori: «L’industria è il comparto – specificano – più colpito dal blocco delle attività, con quasi i due terzi di unità locali ferme, cui corrisponde oltre la metà del valore aggiunto relativo e il 60% degli addetti. Il terziario (esclusa pubblica amministrazione, credito e assicurazioni e parti dei servizi alla persona) rimane colpito per il 45,6% di unità locali, cui corrisponde il 28,5% di valore aggiunto e il 38,1% di addetti».

Il caso Ast

C’è tuttavia una doppia precisazione da parte dell’Aur: «In primo luogo, talune unità produttive autorizzate a proseguire la propria attività potrebbero non essere effettivamente operative, laddove ad esempio non riescano ad assicurare le misure di sicurezza imposte. Oppure potrebbero decidere di fermare la propria attività per motivi di opportunità economica, per assenza di domanda o per strozzature di approvvigionamento nel proprio processo produttivo. D’altro canto, tra le attività esplicitamente escluse, ve ne possono essere alcune che, dimostrando la loro essenzialità per assicurare la continuità di talune filiere produttive, si avvalgono della deroga al divieto richiesta (con meccanismo di silenzio assenso) alle prefetture. Rientra in questa fattispecie la riapertura della Acciai Speciali Terni. Questo per quanto riguarda le imprese private di industria e servizi. Naturalmente i settori sopra esaminati rappresentano una parte importante ma non esaustiva del sistema produttivo. Restano infatti esclusi da questa analisi, da un punto di vista settoriale, altri comparti la cui attività non è mai stata oggetto di sospensione, come la pubblica amministrazione e il credito e assicurazioni – che hanno continuato a operare prevalentemente in modalità smart working – come pure l’agricoltura nonché porzioni importanti dei servizi alla persona».

Il quadro esteso

L’Aur si occupa anche delle ricadute sull’occupazione considerando l’intera compagine lavorativa della regione: «Il tasso di sospensione dall’attività lavorativa, riferito in questo caso al complesso degli occupati, si abbassa a circa un terzo del totale, allineandosi alla situazione nazionale. Tale quota si inasprisce tra gli autonomi, soprattutto quelli con dipendenti, che per la metà risulterebbero sospesi dalla propria attività lavorativa. Per fronteggiare i contraccolpi della sospensione o riduzione di attività, sono state varate misure governative che hanno esteso il sistema di tutele per il sostegno al reddito a favore dei lavoratori delle imprese in difficoltà, principalmente attraverso la semplificazione delle procedure e l’allargamento dell’ambito di applicazione degli ammortizzatori sociali. In questo modo, gli oltre 80 mila dipendenti umbri forzatamente in sospensione possono contare – almeno nel breve periodo e con l’eccezione di quelli alle dipendenze di datori di lavoro domestico – sui trattamenti erogati dalla Cassa integrazione ordinaria e in deroga, che ammontano all’80% delle retribuzioni. Il blocco delle attività produttive, dunque, non può che determinare una generale contrazione del livello dei redditi, solo in parte compensata dalle misure di sostegno. Misure che, pur indispensabili a tamponare lo stato di emergenza e a sostenere la domanda nell’immediato, non possono essere mantenute a lungo e dovranno lasciare spazio al progressivo riavvio delle attività non appena – concludono Tondini e Casavecchia – le condizioni sanitarie lo consentiranno».

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