di M.Lilla
Una linea comune in un tavolo politico tra sindacati e associazioni di categoria mai così unito, per cercare di costruire una voce forte che dia un’inversione alla profonda crisi in cui verte il settore dell’edilizia in Umbria.
Piattaforma comune L’intesa tra sindacati e costruttori è tanto forte, quanto critica è la situazione dell’edilizia in regione, i dati sono allarmanti e proprio lunedì 14 settembre, in una conferenza congiunta, le varie parti si sono rivolte alla politica per avere un sostegno concreto che rilanci il settore. Negli ultimi sette anni in Umbria le costruzioni hanno visto cedere un terzo del proprio mercato passando nella provincia di Perugia da 17mila operai del 2009 ai circa 9.800 del 2014, a Terni invece si è passati dai 5mila ai 3mila operai nello stesso periodo. Forte anche il calo delle imprese che dalle 4.548 del 2009 sono passate alle 2838 del 2014.
PARLA GIULIANO FIORITI – L’INTERVISTA
Investimenti pubblici e riqualificazione La crisi, rilanciano i sindacati, è frutto anche di una mancata visione politica aggravata da un calo degli investimenti pubblici nell’edilizia del 35%: «non riesce ad emergere una politica consapevole di questo cambiamento che sia in grado di aprire una nuova fase; abbiamo bisogno di limitare il consumo del territorio puntando al recupero, della difesa del territorio, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, di riqualificazione urbana, fino alla messa in sicurezza delle scuole e degli edifici pubblici, oltre ad un serio efficentamento energetico».
Nuova etica L’allarme era già stato lanciato dalle associazioni di categoria che hanno ribadito come sia fondamentale un cambio di rotta «Siamo pronti ad una nuova ‘etica dei costruttori’ – ribadisce l’ingegner Massimo Calzoni, presidente di Ance Umbria – siamo in totale accordo con i sidancati quando si parla di rivedere anche gli obiettivi, partendo da una riquilificazione dei centri sotrici, da una messa in sicurezza dei nostri territori. Non vogliamo consumare suolo inutilmente ma non possiamo pensare ad una riqualificazione delle nostre città se non c’è un indirizzo politico chiaro, troppo spesso lavori già assegnati si sono fermati per opposizioni non sempre chiare».
Massimo ribasso A detta di tutti la chiave di volta della questione è la struttura degli appalti, incapace di guardare al territorio, costruita con un sistema di massimo ribasso che distrugge la qualità, oltre ad essere gravata dalla scelta, attraverso il sorteggio delle imprese fattore questo che porta ad una dispersione dei lavori: «Non possiamo delegare la manutenzione del pubblico ad aziende lontane dal territorio che poi subappaltano e magari non pagano i fornitori perchè incapaci di sostenere il prezzo al ribasso con cui hanno vinto la gara». I sindacati e i costruttori chiedono anche che vengano utilizzati nuovi strumenti legali che diano priorità alle imprese del terriorio. «Bisogna garantire la qualità prima del risparmio – ribattono sindacati e costruttori – è necessaria una nuova legge che dia legalità e regolarità, che faccia rispettare i tempi di consegna e riveda i criteri di selezione delle imprese».
Nuovo corso La ripresa passa dall’edilizia, l’incidenza sul Pil regionale dell’edilizia è in continua discesa e per gli operatori non ci sarà ripresa se non si incentiva proprio il settore dell’edilizia, circa 13mila imprese d’indotto, attraverso un nuovo corso di investimenti e di programmi. I sindacati poi rilanciano la questione al prossimo appuntamento per la contrattazione di secondo livello per i lavoratori con i costruttori.