Dal cantiere navale di Stifone ai misteri del Nera: Narni affascina

Riprendono i viaggi di Montagne Misteriose fra le perle dell’Umbria e del territorio Ternano

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di Montagne Misteriose

Bene ragazzi e ragazze e gente di tutto il mondo: siamo tornati e stiamo tornando! In questa esplorazione estiva ci troviamo al cantiere navale di Stifone. Questo è un sito archeologico rinvenuto nel 1969 in Umbria, in località Le Mole del comune di Narni (terni), all’interno di un canale artificiale adiacente il corso del fiume Nera, circa 900 metri più a valle rispetto alla frazione di Stifone. La sua posizione è a ridosso di quello che era il porto fluviale dell’antica Narnia. Alcuni di questi resti sono ancora visibili nell’alveo del fiume.

Che il Nera venisse anticamente navigato, come tramite per i trasporti del comprensorio umbro verso Roma, lungo la via naturale che prosegue ad Orte con il fiume Tevere, si ricava dalle testimonianze di autori classici quali Strabone e Tacito. Il geografo greco fa riferimento a ‘imbarcazioni non di grosse dimensioni’, lo storico latino descrive invece nel dettaglio il viaggio del console Gneo Calpurnio Pisone e di sua moglie Plancina che, nel 19, di ritorno a Roma dalle province della Siria, decisero di lasciare la Via Flaminia e di imbarcarsi appunto a Narni.

«A partire da Narni, per evitare sospetti o perché chi teme è incerto nei suoi disegni, seguì il corso del fiume Nera e poi del Tevere. E accrebbe ancor più il risentimento popolare, perché, approdati con la nave presso la tomba dei Cesari, in pieno giorno e con la riva gremita di gente, si fecero avanti, allegri in volto, lui tra uno stuolo di clienti e Plancina con il suo seguito di donne» (Tacito, Annales, III, 9).

I resti si trovano all’interno di un canale artificiale scavato nella roccia, lungo circa 280 metri, un tempo unito al fiume Nera a monte ed a valle, come rilevano alcune mappe catastali. Si tratta di due pareti tagliate, opposte e distanti l’una dall’altra circa 16,5 metri, che presentano una serie di buchi squadrati su tre file, per un totale di 30 incisioni a parete secondo le misurazioni effettuate sul posto da chi si era preso cura di ricostruirne il disegno (sono 27 in totale quelli ancora visibili).

La funzione di tali fessure è stata interpretata facendo riferimento al bisogno di stabilità dell’imbarcazione in fase di assemblaggio, potendo fare da incassi per l’inserimento laterale di puntelli a sostegno. Intervallandosi i buchi per circa 13 metri a parete, e considerando come la puntellatura non riguarderebbe prua e poppa (ovvero le parti più sottili di un’imbarcazione), le misure sono parse piuttosto consistenti per dei semplici zatteroni fluviali, tanto più considerando la notevole distanza tra una parete e l’altra.

Si è preferito finora adoperare prudenza nel parlare di quinqueremi o triremi romane senza avere i necessari raffronti, specie se si considera come neppure gli storici abbiano stabilito con esattezza la misura di tali navi da guerra. Si è tuttavia concordi nel parlare di imbarcazioni a ridotto pescaggio quindi potenzialmente adatte per discendere l’ultimo tratto del fiume Nera, copiosissimo, prima di gettarsi nel Tevere. Le ragioni di una struttura cantieristica piuttosto lontana dal mar Tirreno, ma comunque ad esso ben collegata attraverso la via d’acqua, si rifanno invece all’abbondanza di materie prime offerte dal territorio dell’Umbria (legname di diversa qualità), con il comprensorio narnese caduto sotto la dominazione romana già dal 299 a.C.

È interessante poi constatare come gli autori classici del periodo, incluso quel Polibio da ritenersi lo storico per eccellenza delle Guerre Puniche, non abbiano fornito grosse indicazioni rispetto alla posizione dei diversi arsenali romani. L’esigenza di sicurezza potrebbe collegarsi alla scelta di costruire imbarcazioni nell’entroterra, senza quindi esporsi alle potenziali minacce nemiche dal mare.

Ed è difatti all’interno della città di Roma, nella zona del Campo Marzio, che gli storici moderni pongono la collocazione dei ‘Navalia’, dovendosi ritenere che quella di Stifone, laddove venisse confermata una qualsiasi attinenza con quel periodo, possa essere stata solo una delle diverse strutture cantieristiche utilizzate all’epoca. Noto peraltro quanto fu imponente lo sforzo bellico che nel 261 a.C. vide la flotta romana scendere sul mare a combattere contro Cartagine nella prima guerra punica. Doveroso però ribadire come, per alcuni aspetti della scoperta, si tratti al momento di ipotesi generalmente condivise ma ancora al vaglio.


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LE FOTO DI ‘MONTAGNE MISTERIOSE’

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