Dopo 100 giorni in ospedale vince il Covid e conosce la nipotina: «Grazie ‘Santa Maria’»

La storia di Alvaro Angelucci, 74enne di Amelia. Ricoverato lo stesso giorno in cui è nata la piccola, lunedì è tornato a casa

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di F.L.

Cento giorni di «pensieri, lacrime, preoccupazioni e speranza», lunedì la fine dell’incubo: è quello vissuto da Alvaro Angelucci, 74enne di Amelia, ricoverato il 21 novembre scorso per Covid all’ospedale ‘Santa Maria’ di Terni e dimesso, dopo un lungo «viaggio» tra i reparti della struttura, il 1° marzo. Da malattie infettive all’Ugca (Unità gravi cerebrolesioni acquisite), passando per la parte più dura, quella della terapia intensiva, l’uomo ha attraversato in prima persona tutti i risvolti più difficili e preoccupanti del virus, superandoli grazie alla sua tenacia, ma anche al lavoro di medici e infermieri del Santa Maria. Che così gli hanno permesso di conoscere e abbracciare – insieme ai figli Natalia e Pierpaolo e ai nipoti più grandi Annalaura e Giovanni – l’ultima arrivata di casa, la nipotina Matilde, nata proprio il 21 novembre, giorno del ricovero. Un ‘gioco’ del destino che si è rivelato più forte del virus.

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La missiva diretta al Santa Maria

È stata Natalia a rendere nota la storia – diffusa anche dalla sindaca di Amelia, Laura Pernazza – attraverso una lettera scritta a nome dell’intera famiglia per ringraziare tutti i sanitari dell’ospedale ternano. «Scrivo, spinta da un sincero e profondo sentimento di stima – si legge -, poiché è veramente difficile ‘mettere su carta’ e spiegare le emozioni, gli stati d’animo, i sentimenti che ci hanno accompagnato in questi lunghissimi 100 giorni, ma, finalmente, siamo qui a condividere un’immensa gioia: le dimissioni di mio padre! In un momento storico, in cui troppo spesso si sente parlare di malasanità in Italia, io e la mia famiglia, non abbiamo potuto fare altro che constatare l’elevato livello di competenze professionali e non solo…un vero e proprio ‘esempio di umanità’ della struttura sanitaria pubblica. Mi riferisco, in particolare, ai reparti di malattie infettive, di terapia intensiva e Ugca, dove mio padre ha compiuto il suo percorso, ricevendo tutte le cure, le attenzioni e l’amore da tutto il personale, indistintamente (primari, medici, capo sala, infermieri, fisioterapisti, psicologi…non vorrei dimenticare nessuno!) encomiabile ed ineccepibile sotto ogni aspetto! Restituire la vita ad una persona e a tutti i suoi cari, è la missione più difficile che si possa compiere, ma i nostri medici ci sono riusciti ancora una volta e questa è la testimonianza che il lavoro di squadra, l’impegno, la professionalità, l’umanità…in una struttura sanitaria pubblica adeguata può sempre vincere. Anche contro il nemico più subdolo».

Il pensiero rivolto alla Pernazza

«La situazione, in cui viviamo – continua la lettera -, non ci ha permesso di conoscerli personalmente, stringergli la mano e ringraziarli ad uno ad uno. Loro che sono entrati a far parte della nostra vita, con le loro voci, attraverso le telefonate quotidiane per informarci sulle condizioni di mio padre. Loro che lo hanno aiutato a fare delle videochiamate o videomessaggi (l’unico modo per vederci in questi lunghi e interminabili mesi). Loro che lo hanno supportato nei momenti di sconforto, che lo hanno coccolato e fatto sorridere, permettendogli di arrivare alla fine del suo viaggio con grande serenità e consapevolezza. Ecco a loro tutti noi saremmo sempre grati. Grazie di cuore, con l’augurio che possano proseguire con altrettanto successo e soddisfazione il loro lavoro». Un grazie la famiglia Angelucci lo rivolge anche al sindaco Laura Pernazza, «che – continua – ci è stata sempre vicina, e che nel limite delle sue competenze amministrative, è sempre in prima linea nella lotta contro il Covid, sensibilizzando la cittadinanza a rispettare le norme vigenti in materia e grazie ai concittadini che s’impegnano ogni giorno per farlo, perché’ vi possiamo assicurare che questo nemico è subdolo e difficile da sconfiggere. Per la nostra famiglia, sono stati 100 giorni di pensieri, lacrime, preoccupazioni e speranza. Una situazione surreale in cui sei completamente impotente e non puoi far altro che aspettare e pregare. Papà è stato più forte e ha vinto… ma non abbassiamo la guardia».

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