Esplosione a Gubbio: indagini chiuse. In 5 rischiano il processo con accuse pesanti

A un anno dai tragici fatti della Greenvest, la procura di Perugia ha notificato gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari

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Indagini preliminari concluse per l’incendio e la successiva esplosione che il 7 maggio del 2021, a Gubbio in località Canne Greche, distrussero un edificio adibito a laboratorio per il trattamento della cannabis light. Nel disastro – avvenuto nell’azienda Greenvest – morirono due dipendenti dell’attività: il 19enne Samuel Cuffaro e la 52enne Elisabetta D’Innocenzo. Altre due persone rimasero ferite, fra cui un ragazzo – minorenne all’epoca dei fatti – in maniera particolarmente grave. Sono cinque gli indagati a cui la procura di Perugia, guidata da Raffaele Cantone, con il pm Gemma Miliani titolare del fascicolo, contesta anche il ‘dolo eventuale’ – come per il rogo ThyssenKrupp di Torino – connesso alle ipotesi di reato di omicidio e lesioni. L’avviso di conclusione delle indagini preliminari è stato notificato ai responsabili delle due attività coinvolte nella lavorazione della cannabis light e ad uno dei titolari dell’immobile. Fra i resti contestati figurano anche l’omissione dolosa di cautele per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e l’incendio doloso, oltre alla violazione della legge sugli stupefacenti per il fatto che – secondo gli inquirenti – il prodotto trattato non si configurava come ‘cannabis light’. Il passo successivo, da parte dell’autorità giudiziaria, sarà rappresentato dalle eventuali richieste di rinvio a giudizio.

Due vite spazzate via nell’esplosione della Greenvest di Gubbio

«Lavorazione oggettivamente pericolosa»

«Sin dai primi mesi – spiega la procura di Perugia – si era ipotizzato che l’incendio potesse essersi verificato in conseguenza della tecnica utilizzata per l’abbattimento del Thc della cannabis, ‘inventata’ da uno dei soci della società, privo di alcuna conoscenza tecnica e scientifica e utilizzato al di fuori da ogni autorizzazione. Fin dal marzo 2021 era stato allestito un vero e proprio laboratorio al primo piano, dove erano state allestite delle ‘lavatrici’ ad ultrasuono nelle quali veniva introdotte le infiorescenze di cannabis insieme a pentano per abbassare il livello del Thc e classificare la cannabis come ‘light’. La lavorazione era oggettivamente pericolosa perchè prevedeva che un solvente infiammabile venisse immesso in lavatrici ad ultrasuoni, che si surriscaldavano rapidamente ingenerando un enorme pericolo di incendio e di esalazione di vapori pericolosi». Il pentano in particolare, stoccato al piano terra dell’immobile, non avrebbe rispettato «le condizioni previste dalla normativa antincendio e non è risultato installato alcuno strumento o macchinario che potesse evitare i rischi nell’utilizzo del solvente durante la fase della lavorazione».

L’angoscia dei testimoni, poi lo scoppio e le lacrime: «Sono morti tutti»

Tragedia di Gubbio: esplode laboratorio di ‘cannabis light’ – Foto

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