di M.Lilla
Sei mesi di esposizioni, di idee e cibo, Milano Expo 2015 si chiude e con esso anche l’avventura umbra. Il cuore verde più volte negli ultimi mesi ha cercato di attirare l’attenzione del pubblico tra i padiglioni di Rho, dalle due settimane del padiglione Italia, a Cascina Triulza, dalla Mostra Nazionale alla cena barocca in onore della Quintana, i vini e la cioccolata, la piccola Umbria tra le grandi attrattive internazionali – ci sarà anche Ferentillo, alla manifestazione di chiusura – ha mostrato i muscoli, ma anche qualche peccato di vanità che le sue tre regine, Marini-Cecchini-Porzi, senza trascurare Paparelli, hanno saputo ben cavalcare.
Istituzioni soddisfatte Pacche sulle spalle e sorrisi arrivano da tutte le direzioni, istituzioni pubbliche e associazioni di categorie si rincorrono nel voler raccontare come tutto il progetto di Umbria ad Expo sia stato un gran successo: poco più di 1,2 milioni di euro spesi per dare lustro al ‘Made in Umbria’, oltre ai finanziamenti arrivati dal ministero che hanno portato nel periodo del Padiglione Italia, circa 30mila visitatori in due settimane. Molti i riscontri positivi ma per i risultati concreti bisogna aspettare, e saranno positivi solo se la Regione diventerà come auspicato, attrattiva anche di programmazioni industriali più ampie, investimenti che vanno oltre il solo turismo. Guai però a ricadere su errori passati, fare rete è la necessità primaria, se è vero che manca il collante tra le tante realtà comunali, sarà importante unirsi nelle esperienze costruite a Milano, per rovesciare ogni ambizione malsana e insieme alzare l’asticella della competitività . Le istituzioni nei piccoli spazi fittati tra le giganterie milanesi, hanno dato modo di saper cavalcare le proprie solide tradizioni ma, tutti i progetti di marketing e gli accordi commerciali, avranno successo solo quando verrà costruita una network regionale concreto e non fittizio, senza fazioni che si remano contro.
Coltura e Cultura Il tema dell’esposizione sembrava cucito a pennello per l’Umbria: il vino e l’olio, i salumi, il tabacco e i tanti prodotti della terra, la pasticceria e l’acqua. La terra e suoi frutti insomma, per far del cuore verde il teatro dove, l’eccellenza alimentare condivide la terra con santi e artisti. Terra benedettina e francescana, da qui la piccola regione diventa punto di avvio per una riscoperta di tradizioni e voglia di riaccendere il passato nei progetti comunicativi, come il font ‘Monk’, creato dall’Accademia Vannucci e che avrebbero dovuto dare una marcia in più rispetto ad una regione la cui eccellenza agroalimentare necessita di una maggiore internazionalizzazione a fronte di un mercato fiorente che vale poco più di due miliardi di euro e che si pone in grande crescita. Vino, acqua e soprattutto l’olio sugli scudi ma anche filiere diverse, come il tabacco, campo in cui concretamente si sono chiusi accordi commerciali di un certo rilievo economico per tutta la filiera regionale.
Immagine Sensational? Ma non è stato solo cibo e genuinità , l’immagine del ‘cuore verde’ è passata necessariamente da quello che negli anni è stata pensata e pagata oro come la cartolina perfetta, ‘sensational’ di regione vincente, orgogliosa della sua storia, del suo cibo e dei suoi paesaggi, richiamata alla realtà da quelle foto di McCurry, unica spendibile immagine visiva dell’intera regione. Il successo non è in discussione ma forse, quello tangibile sta nei suoi personaggi invece che in quelle immagini statiche e per lo più fatte di stereotipi di un vivere che realmente non rappresenta la realtà delle vita comune regionale.
Oltre l’immagine Gli umbri invece, al di fuori delle istituzioni, hanno portato avanti la propria concretezza, costruendo e facendo crescere interi ‘pezzi’ di Milano Expo: dal grande successo del Cluster del Cacao, interamente gestito da Eurochocolate di Guarducci; a Marco Caprai tra le statue dei campioni del Made in Italy, l’Umbria è diventata protagonista fuori dai suoi voleri politici. Personaggi questi, hanno rivoluzionato qualcosa all’interno dei propri spazi, facendo scuola: dal doppio del fatturato portato a casa, circa dieci milioni, rispetto ai cinque previsti del Cluster del cacao e i premi di produzione assegnati ai lavoratori del padiglione; fino a quella green revolution tanto cercata da Caprai che in concreto è il più bel messaggio che resta: innovare la tradizione senza perdere di vista tecnologia e sostenibilità ambientale per evidenziare la «bellezza non replicabile della nostra Umbria».