Federmanager: «Su Asm serve realismo»

Terni – L’associazione di categoria chiede una riflessione sulle esigenze e le prospettive: «Bruciare la frazione secca può convenire rispetto alla discarica»

Condividi questo articolo su

di Federmanager Terni

La città di Terni, nella sua centenaria storia industriale, ha vissuto momenti complicati che riguardano l’assetto manifatturiero o la sua articolazione dei servizi. Mai, in questi periodi, è mancata una partecipazione non solo emotiva dei suoi residenti così come dibattiti articolati sui singoli problemi o sulle potenziali soluzioni. Oggi ben due settori industriali che fanno parte della sua storia (l’acciaio e la produzione idroelettrica) sono in vendita ed una terza quella dei servizi pubblici locali a rilevanza economica (Asm) sono alla ricerca di un partner industriale che ne consenta una prosecuzione efficiente delle prestazioni rese ai cittadini.

VENDITA ERG, OFFERTE ANCHE DA ENI E ENEL

Ma al di là di piccole schermaglie polemiche tra gli attori politici o incontri ministeriali dal sapore più rituale che concreto (vedi anche vicenda Treofan), l’opinione pubblica locale sembra assente da una vera partecipazione ed in svariati casi anche carente delle necessarie informazioni che consentano una espressione di pensiero o la proposta di un sentiero da percorrere.

VENDITA AST, AL VIA LA 1° FASE

Prendiamo il caso Asm perché caratterizzato da alcuni elementi paradigmatici di quanto sopra esposto. Nella progettualità di cosa fare per uscire dall’angolo è mancato sia il coinvolgimento e il confronto con le rappresentanze dei lavoratori e sia una discussione franca del soggetto azionista, a nostro avviso rappresentata dal massimo organo deliberativo locale, cioè il consiglio comunale.

ASM CERCA UN PARTNER INDUSTRIALE

Da ciò ne derivano affermazioni di principio o di parte senza un adeguato livello di divulgazione delle informazioni sottostanti. Ci auguriamo che nella prossima discussione del bilancio del 2020 non ci si limiti a valutazione solo sul risultato aziendale ma si approfondiscano anche i livelli di analisi delle business area coinvolte.

Se l’area più critica è quella della raccolta differenziata, si valuti cosa può significare uno ‘spin off’ di questa o, invece, se l’opzione è per la prosecuzione di un’unica realtà, individuiamo i punti attuali o futuri di possibili sinergie tra un settore e l’altro. Non possiamo scandalizzarci o gridare alla ‘privatizzazione’ di un attore economico solo perché si è alla ricerca di un soggetto esterno che apporti capitali, siano essi monetari o di natura impiantistica o di conoscenze.

Ma di contro la città dovrebbe sapere cosa hanno in testa gli amministratori dell’azienda: qual è il livello di capitalizzazione necessario perché Asm possa continuare la sua presenza competitiva? Il fabbisogno è di 30 milioni di euro come si mormora, più o meno, ed in quali settori si dovrebbe investire per migliorare qualità e redditività del servizio? Chi invece ritiene che questo ‘matrimonio non s’ha da fare’ esponga le sue alternative perché tutti valutino il prezzo di una inazione in una società il cui livello di debito è un multiplo del suo patrimonio netto. Ritengono forse opportuna la vendita di qualche asset di proprietà comunale, magari perché nella logica della sussidiarietà orizzontale si constata che alcuni servizi sono meglio resi (sia per efficienza che per efficacia) da soggetti privati?

Una cosa è certa: in questa fase una dose di realismo più che di ideologismo è necessaria. Che significa per esempio che Asm non brucerà mai nulla? Per quanto possiamo migliorare la raccolta differenziata, una quota del 15-10% rimarrà comunque inevasa. Che ne facciamo? Riteniamo che l’apporto ad una discarica con i costi di conferimento e l’impatto di CO2 del trasporto ad Orvieto sia, ambientalmente, preferibile di un utilizzo della porzione secca ad un impianto di termovalorizzazione situato a poche centinaia di metri e che rappresenterebbe una forma di ricavo, invece che di costo, per il soggetto conferente?

Crediamo, con onestà, che l’attuale fase costringa tutti a mettere sul piatto ogni possibile opzione, compresa quella di un allargamento del perimetro di intervento dell’azienda pubblica (esempio: siamo tra le poche città siderurgiche che non utilizzano il calore dei forni elettrici per riscaldare o generare energia elettrica) ma tenendo bene in mente che gli investimenti senza mezzi finanziari non si fanno. Perciò o li prendiamo dall’esterno o li prendiamo dall’interno oppure abbandoniamo qualche fumoso progetto che dovrebbe essere finanziato della ‘Next Generation founds’ per convogliarlo verso progettualità che diano centralità alla manifattura ed ai servizi ternani.

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli