Inchiesta Gesenu, Pietramelina si ferma

Dopo la diffida inviata dalla Regione, a rischio la raccolta dell’organico nell’Ati 2. Secondo la magistratura nel 2008 fu autorizzata una capacità di smaltimento eccessiva

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di L.P.

C’è il rischio che ora la raccolta si fermi. A dieci giorni dall’esplosione dell’inchiesta ‘Spazzatura d’oro’ le reazioni, prevedibili quelle politiche, iniziano a manifestarsi concretamente anche sulla gestione effettiva della raccolta dei rifiuti.

La sede Gesenu

La sede Gesenu

Stop umido E’ il caso di Pietramelina dove, dopo la diffida inviata dalla Regione ormai più di un mese e mezzo fa a Gesenu e Gest, da tre giorni ormai il centro di compostaggio non può più ricevere l’umido. Si parlava di ‘scarti eccessivi’ già 45 giorni fa e ora i tempi sono scaduti e la ristrutturazione non è mai stata avviata. Così a palazzo dei Priori tira aria di tensione e, anche se in netto ritardo, si iniziano a profilare diverse ipotesi. Tra tutte quella che prevede che l’organico raccolto nell’Ati 2 potrebbe essere spedito fuori regione oppure, ma appare più improbabile, il sindaco potrebbe firmare un’ordinanza con cui chiede ai cittadini di tenere la frazione umida nelle proprie abitazioni per qualche giorno.

Diffida M5S «Neppure in piena bufera l’Ati e il Comune hanno fatto il loro dovere» ha tuonato il capogruppo in consiglio comunale del M5S Cristina Rosetti che, a sua volta, lancia una nuova diffida, stavolta indirizzata all’ambito territoriale e allo stesso comune. «Non si azzardino a scaricare eventuali costi maggiori di una soluzione di emergenza, che è una procurata emergenza, sui cittadini, i quali sono certamente a credito a prescindere da quale sarà l’esito delle indagini, visto che in questi anni i loro Sindaci hanno permesso che sulle tariffe venisse scaricata ogni inefficienza».

gesenu1Organico a rischio Se, come ha riferito nei giorni scorsi l’assessore regionale all’ambiente Cecchini illustrando i dati della differenziata, l’Umbria e l’Ati 2 sta procedendo a gonfie vele secondo la tabella di marcia che prevede di raggiungere il 70% di differenziata entro un paio d’anni, come è possibile che a Perugia si blocchi la raccolta dell’organico? E, ancora, come potevano comune e Ati non sapere anche alla luce della diffida arrivata neanche due mesi fa? Eppure all’impasse si è arrivati, mentre secondo quanto riporta lo schema della magistratura, che indaga per associazione per delinquere e smaltimento illecito di rifiuti, attraverso false certificazioni, falsi formulari e registri l’ex direttore tecnico Giuseppe Sassaroli assieme ad altri dipendenti di Gesenu per anni hanno gestito, nella più totale tranquillità e in modo abusivo, ingenti quantità di rifiuti all’interno della discarica di Pietramelina.

Smaltilmento illecito E la storia affonda le radici nel 2008, quando arrivò l’autorizzazione per una capacità annua di smaltimento pari a 105 mila tonnellate, più che doppia rispetto all’effettiva capacità di trattamento stimata intorno alle 44 mila tonnellate annue così come già in precedenza indicata nelle relazioni redatte dalla stessa Gesenu e allegate all’istanza di autorizzazione in 60 mila tonnellate, le stesse dichiarate nel piano d’ambito del 2007. Un valore del tutto ingiustificato, secondo la magistratura, anche alla luce del fatto che l’impianto aveva sempre mantenuto la stessa capacità di trattamento e non aveva mai avuto una riconversione per aumento di produttività.

discarica-borgogiglione5Percolato Sarebbero state circa 380 mila le tonnellate di rifiuti smaltiti in discarica e solo fittiziamente trattati tramite biostabilizzazione e compostaggio. E proprio questa quantità sproporzionata sarebbe all’origine dell’elevata produzione di percolato, anche questo gestito e smaltito illegalmente, determinando la formazione di sacche di percolato con danno ambientale. Per dare l’idea, le carte dell’inchiesta parlano di una media di 210/210 tonnellate al giorno. Così, almeno, fino ad agosto 2013, quando poi la discarica di Pietramelina venne chiusa e furono costretti a portare i rifiuti a Borgiglione scrivendo o facendo scrivere nei formulari che accompagnavano i rifiuti e nei registri di carico e scarico operazioni di recupero o smaltimento non corrispondenti al vero, sia per quanto riguarda la natura del rifiuto che per l’identificazione del rifiuto stesso tramite codice Cer. E così, infatti, nello schema descritto dalla magistratura, emerge come a Borgogiglione finiva appena il 30% dei rifiuti Forsu che sarebbero dovuto essere stabilizzati all’interno del biostabilizzatore e smaltivano il percolato in violazione delle autorizzazioni.

Giuseppe Sassaroli

Giuseppe Sassaroli

Difesa Anche di queste anomalie venerdì avrebbe parlato con il magistrato Valentina Manuali l’indagato numero uno dell’inchiesta, Giuseppe Sassaroli che per oltre 36 anni ha gestito come direttore tecnico la Gesenu e che ora è ai domiciliari. Secondo la difesa, che ha fatto anche istanza al riesame per la scarcerazione e il dissequestro del patrimonio personale di Sassaroli, l’indagato sarebbe estraneo a ogni accusa, dal momento che tra le sue funzioni rientrava solo la gestione organizzativo-strategica e che se sono stati commessi degli illeciti, devono essere rintracciati i responsabili tra chi aveva la gestione operativa degli impianti. 

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