«Io, perseguitata con centinaia di telefonate anonime e ‘mute’». A giudizio c’è l’ex

Terni – A parlare è una 23enne di Orvieto, parte civile nel processo per stalking a carico dell’uomo: «La mia vita è cambiata»

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«Ho passato dei mesi terribili e ancora oggi le cose non è che vadano benissimo. Ho avuto ed ho bisogno del supporto di uno psicologo perché lo shock è stato forte e queste sono vicende che ti segnano nel profondo». A parlare è R.B., 23enne di Orvieto, parte civile nel processo che, di fronte al giudice del tribunale di Terni Chiara Mastracchio, vede imputato per atti persevutori l’ex fidanzato, 32enne orvietano. L’uomo, quando la ragazza non era ancora maggiorenne, l’avrebbe tempestata di telefonate da un numero anonimo e ‘mute’: una condotta andata avanti per circa tre mesi, fino a quando lo stesso non era stato convocato dai carabinieri per essere informato dei passi giudiziari attivati nei suoi confronti a seguito della denuncia sporta.

Il primo ‘trauma’

«L’origine di questa brutta storia – racconta la 23enne – risale alla Pasqua del 2017: dopo tre anni e mezzo di relazione, il mio ex mi lasciò con un messaggio. Già quello fu un duro colpo, a cui si aggiunse anche il fatto che pochi giorni dopo, emerse pubblicamente il suo fidanzamento con un’altra donna, con cui girava tranquillamente per Orvieto e con cui, poi, si sarebbe sposato. Ma era solo l’inizio».

Le telefonate, la denuncia, la scoperta

Infatti di lì a poco sarebbero partite le telefonate anonime, oltre 360 in tre mesi, negli orari più disparati e anche a notte fonda: «La prima arrivò una sera verso le dieci, era primavera e non avevo ancora 18 anni. Dall’altro lato solo silenzio e non diedi particolare peso alla cosa. Solo che poi le telefonate ‘mute’ si moltiplicarono, di giorno e di notte. Dall’altro capo percepivo dei rumori ma mai una voce o un segnale chiaro per capire chi fosse e cosa volesse. Appenna diventata maggiorenne, così, sporsi deuncia ai carabinieri. Che nell’autunno del 2017 mi contattarono per informarmi che, tabulati alla mano, quelle chiamate partivano tutte da un’utenza telefonica in uso al mio ex, intestata alla madre. Uno shock enorme, per una vicenda che io, lasciata da lui con un messaggio, non mi spiegavo e non mi spiego ancora oggi. Mai avrei pensato che dietro quelle chiamate ci fosse proprio il mio ex».

«Cosa avrei dovito fare?»

A quel punto parte l’iter che si svilupperà nel processo per stalking che da quattro anni è in corso a Terni. «La pressione psicologica scaturita dalla vicenda, mi ha portata ad evitare di uscire di casa da sola. E menomale che una volta, in un parcheggio privato di Orvieto, ero insieme a mia madre. Perché lui si era appostato dietro un’auto ed era saltato fuori: ne scaturì ‘solo’ una discussione, forse proprio perché non ero da sola. Ma quell’episodio non fece altro che aumentare le mie paure. Nei giorni scorsi, dopo tempo, sono stata sentita dal giudice e ho raccontato tutto. Anche di come la mia vita sia cambiata, del percorso psicologico che ho dovuto mettere in atto, delle telefonate che duravano anche svariati minuti. Di tutto. Sempre nel processo – prosegue R.B. – ho sentito le difese dire che, dopo i fatti, andavo lo stesso al ristorante, peraltro di carissimi amici della mia famiglia, che si trova sotto casa sua, che mangiavo spesso in pausa pranzo lì nei pressi, che continuavo ad andare in vacanza con mia madre visto che una volta lo incontrammo sul traghetto per la Sardegna. Ma, a parte il fatto che tutto ciò non lo avrei mai fatto da sola, cosa avrei dovuto fare secondo loro? Ammazzarmi o cercare di continuare a vivere?». La prossima udienza del processo è fissata per il 12 settembre e in quella sede potrebbe essere sentito l’imputato. Di certo la 23enne e il suo legale – l’avvocato Emilio Festa – sono pronti a dare battaglia, con la discussione – e quindi anche la sentenza – imminente, dopo tanto tempo.

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