L’Ast di Terni monitora la salute dei lavoratori: «Risultati confortanti»

Focus su esposizioni ai metalli pesanti e apparato respiratorio, coinvolti oltre 400 dipendenti nell’arco di 5 anni

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Esposizione ai metalli, fattori di rischio sull’apparato respiratorio e interventi di promozione della salute: si è focalizzato su questi tre ambiti il ‘Progetto Salute’ promosso da Ast, in collaborazione con l’Università degli Studi di Perugia, per monitorare l’andamento negli ultimi anni del benessere dei propri lavoratori. Oltre 400 quelli coinvolti nell’arco di 5 anni (2015-2020) nello studio, i cui risultati sono stati presentati martedì mattina nel corso di un incontro presso la Biblioteca Arvedi Ast, alla presenza del magnifico rettore Maurizio Oliviero e dell’amministratore delegato Dimitri Menecali.

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Valori inferiori ai limiti

Il campione, in particolare, è stato sottoposto a tre diverse tipologie di valutazioni, in primis quella dell’esposizione cumulativa a metalli. I risultati – spiega l’azienda in una nota – sono confortanti in quanto evidenziano valori non solo inferiori ai ‘valori limite’ ma anche, ad eccezione di pochissimi casi rapidamente rientrati, pari o inferiori ai cosiddetti ‘valori di riferimento’, cioè quelli che caratterizzano la popolazione non esposta professionalmente. Lo scopo principale è stato quello di correlare l’esposizione ambientale dei lavoratori a Cromo e Nichel con i valori derivanti dal monitoraggio biologico, misurazione della concentrazione dei suddetti metalli nelle urine dei lavoratori alla fine del turno di lavoro, generalmente lo stesso turno in cui è stata misurata l’esposizione ambientale.

Dati in miglioramento

Per quanto riguarda la valutazione dell’effetto di fattori di rischio professionali e non professionali sull’apparato respiratorio, lo studio – spiega sempre l’azienda – non ha evidenziato particolari criticità nella popolazione osservata ed anzi ha registrato dati migliorativi nel 2018 rispetto al 2015 grazie anche alle strategie di prevenzione nei luoghi di lavoro e la formazione attuata. L’analisi su 442 soggetti ha consentito di evidenziare un possibile declino medio annuo di alcuni gruppi di lavoratori, in particolare quelli più esposti a possibili agenti pneumopatogeni.

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