Lavoro in Umbria: «Qualità peggiorata»

Per Ulderico Sbarra, segretario generale Cisl Umbria, il tema prioritario «non è tanto la quantità del lavoro, che è pur importante, ma piuttosto le condizioni che lo regolano»

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Ulderico Sbarra

di Ulderico Sbarra
Segretario generale Cisl Umbria

La questione vera non è quanto lavoro si crea, quello ‘zero virgola’ che tanto piace a politici e amministratori. La questione vera è quella recentemente emersa alle cronache con i lavoratori edili dell’ex tabacchificio di Perugia, dipendenti di un subappalto edile, che è solo uno dei tanti aspetti che assume il degrado delle relazioni di lavoro.

Il tema prioritario, infatti, non è tanto la quantità del lavoro, che è pur importante, ma piuttosto le condizioni che lo regolano, la sua qualità, quell’insieme di norme e relazioni che ne fanno o meno un lavoro ‘dignitoso’. Sono anni che il sindacato confederale mette in evidenza e denuncia questo aspetto, che è sempre più diffuso e articolato. Il lavoro che peggiora ha infinite caratteristiche, che negli anni si sono costruite dietro la spinta ideologica della globalizzazione e dell’efficientismo aziendalista, che ha trovato nei governi la disponibilità ad allentare i vincoli ed ad indebolire le rappresentanze dei lavoratori.

Come ben dimostrato dal fatto che i giovani e più in generale i precari non si possono iscrivere al sindacato, costretti ad accettare ogni condizione, subendo la deregolare dei rapporti di lavoro con contratti nazionali sempre più delegittimati, tollerando il dumping contrattuale. Indebolendo il sindacato confederale si sono favoriti accordi opachi di comodo, al ribasso fino ad ipotizzare il salario minimo per legge. Quest’ultimo estremamente pericoloso e penalizzante rispetto a quello contrattuale. Quella che si va affermando è l’idea del livellamento al minimo vitale, salariale, pensionistico: un’idea assistenziale, contraria alla crescita e allo sviluppo, che si attesta intorno agli 800 euro (importo che tendenzialmente dovrebbe essere il riferimento anche per il salario e gli stipendi, sempre meno tutelati dalla contrattazione).

Questo è per grandi linee il quadro esistente e quello ipotizzabile per il futuro: reddito minimo per legge, nuova normativa sugli appalti, pressioni al Ccnl, tagli all’Inail sono decisioni che vanno nella direzione della de-regolazione, del contratto personalizzato, delle finte partite Iva, della proliferazione delle forme precarie di lavoro. Tutte forme che peggiorano la qualità di chi lavora oltre a mettere a rischio la sicurezza. Azioni che colpiscono in particolare i giovani, che subiscono tanta precarietà e sono privati di una reale prospettiva futuro, e in molti casi costretti ad andarsene all’estero. Gli stranieri in Italia, dal canto loro, sono impegnati massicciamente in settori come l’edilizia, l’agricoltura e la ristorazione. Ambiti questi che, insieme a commercio, turismo e parte della cooperazione, attualmente sono quelli in cui si concentra il fenomeno delle mancate retribuzioni, come nel caso dei lavoratori edili dell’ex tabacchificio ai quali si faceva riferimento.

Se la nostra regione viene collocata dall’Ocse tra quelle meridionali, l’Umbria dovrà fare i conti con un inasprimento della recessione e infine con la crisi istituzionale: non è infatti difficile capire che la situazione potrebbe subire un ulteriore peggioramento. Per questo va tenuta alta la guardia sul fronte del lavoro dignitoso, della legalità e regolarità di appalti e contratti (che continuano a subire una deriva) per evitare di ritrovarci a vivere le condizioni che penalizzano il Sud, non solo per quello che riguarda l’aspetto economico, ma anche per ciò che compete il sociale e l’ambito relazionale.

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