Le ombre sul cda Afas non piacciono a Romizi

Il sindaco non ha parlato ma i frequentatori di Palazzo dei Priori lo descrivono arrabbiato per questa vicenda. Il Pd: «Cda via»

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C’è stato un confronto in maggioranza martedì, chiesto dal sindaco per serrare le fila. E chi c’era lo ha descritto risoluto nella sua attività ma infastidito per la vicenda. Nonostante il cda delle farmacie pubbliche di Perugia sia molto vicino all’amministrazione comunale. Il caso che sta smuovendo le viscere di un’azienda pubblica che fino a questo momento era portata ad esempio di sana gestione è quello che riguarda l’acquisto di mascherine da un membro del suo consiglio d’amministrazione. Una vicenda su cui, inevitabilmente, si è scagliata la minoranza comunale con un lungo comunicato, dopo aver sollevato pubblicamente la vicenda, finita nel frattempo all’attenzione della commissione Controllo e garanzia.

Spesa di 11mila euro

Cristina Merli (Afas)

La vicenda risale allo scorso marzo quando l’azienda delle farmacie pubbliche perugine acquistò dalla società perugina Pigolotti mascherine per un controvalore di 11mila euro. Nulla di strano, anzi, tanto di cappello, considerando che in quel periodo trovare una mascherina sul mercato era una mezza impresa. Il problema è che, come si legge sul suo curriculum, legale rappresentante di quella impresa è Cristina Merli, membro del cda Afas. Fra l’altro nominato dal sindaco Andrea Romizi.

«Unica scelta possibile»

Il direttore generale Raimondo Cerquiglini, che ha condotto l’operazione, si è difeso dicendo che il cda (e quindi la Merli) non è stato coinvolto e che in quel periodo era fondamentale agire subito: «Era necessario muoversi in fretta per tutelare la salute di farmacisti e cittadini; l’alternativa sarebbe stata quella di dover chiudere le farmacie per mancanza di dispositivi di protezione; la scelta di acquistare mascherine da tale ditta era l’unica possibile in quel frangente, in quanto l’azienda era l’unica a essere stata autorizzata dal Ministero a riconvertire la produzione di materiali tessili in dispositivi di protezione con tutte le certificazioni del caso».

La nota della minoranza: «Dovevano dimettersi»

Il nuovo cda Afas

«Anche se la vicenda è avvenuta in un contesto emergenziale in cui è stato evidente un effettivo problema di approvvigionamento di mascherine ed è possibile che soprattutto nella fase iniziale della pandemia non erano molte le aziende del territorio che si erano organizzate per una rapida produzione, pur tuttavia non è accettabile l’idea che chi rappresenta l’azienda che vende le mascherine e chi rappresenta l’azienda che acquista le mascherine sia la stessa persona. Si sarebbe dovuto agire con maggiore attenzione e cautela, al fine di evitare di lasciare la ben che minima ombra sull’operato di Afas. È evidente che in una situazione come quella nella quale si è trovato il membro del Cda di Afas, in qualità di rappresentante della massima istituzione cittadina e in virtù di una superiore etica pubblica, si sarebbe dovuto dimettere dal Cda stesso un minuto prima di emettere la fattura alla stessa azienda della quale si è membri, al fine di tutelare nel migliore dei modi sia Afas che il Comune di Perugia».

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