Petrignano, Colussi: lunedì assemblea sulla cassa integrazione

Gli operai chiederanno all’azienda una reale rotazione. Interviene anche la Regione

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Lunedì 11 aprile i lavoratori Colussi di Petrignano si riuniranno in assemblea dopo l’annuncio della cassa integrazione. Chiederanno una equa ripartizione dei sacrifici che da qui in avanti i lavoratori dovranno affrontare.

Commesse o caro energia?

Dopo la sede di Fossano, Colussi ha attivato la cassa integrazione anche in quella di Petrignano d’Assisi, già oggetto di un forte ridimensionamento in termini di forza lavoro appena due anni fa, con un accordo difficile che portò a pesanti esuberi. Ma a differenza del comune piemontese (dove si parla di un problema relativo alle commesse), qui la causa è da ascrivere – secondo quanto fanno sapere i vertici aziendali – al caro energia e ai costi lievitati a causa della crisi economica.

Coinvolti trecento dipendenti

Tre mesi e una settimana di cassa integrazione per oltre 300 dipendenti, a rotazione. La cassa è partita il 4 aprile, ma la speranza è di riprendere a luglio la normale produzione con l’intero organico aziendale. Per questa prima fase si tenterà di smaltire le ferie degli anni precedenti. Poi Colussi ha già comunicato che presenterà istanza all’Inps per anticipare, alle normali scadenze del periodo di paga, il trattamento di cassa integrazione ordinaria. «Colussi tra le grandi aziende è quella che risente per prima e di più delle crisi di sistema – spiegano Cgil Flai, Fai Cisl e Uila – l’incidenza della Cigo sui redditi delle lavoratrici e dei lavoratori».

La nota dell’azienda

«La grave e straordinaria congiuntura internazionale – fa sapere l’azienda – che ha pesantemente colpito l’economia nazionale e il comparto agro-alimentare creatasi a seguito dell’avvio del conflitto tra Russia e Ucraina, sta avendo, inevitabilmente, parziali ripercussioni anche sulle attività del Gruppo Colussi. Lo scorso 31 marzo l’azienda ha incontrato la rsu e le organizzazioni sindacali territoriali per illustrare le misure che saranno adottate per fare fronte alla straordinaria congiuntura economica nazionale e internazionale che ci auguriamo sia temporanea».

«In particolare – si spiega in una nota aziendale – è stato condiviso un percorso di cassa integrazione ordinaria, e non di licenziamenti o chiusure aziendali, che ha l’ obiettivo di minimizzare gli effetti legati agli incrementi speculativi dei prezzi delle materie prime e dei costi energetici attraverso un utilizzo moderato dello strumento per consentire uno spegnimento alternato e selettivo di alcune linee di produzione, in base all’ approvvigionamento e alla disponibilità di materie prime e di materiali di confezionamento nonché alle mutate richieste del mercato e dei clienti. La cassa integrazione ordinaria coinvolgerà a rotazione ed in modo parziale il personale di stabilimento. L’ incontro con le organizzazioni sindacali è stato anche l’ occasione per rinnovare la centralità del sito di Petrignano nell’ ambito della strategia industriale del Gruppo che vede confermare gli importanti investimenti sullo stabilimento e che consentiranno di rinnovare e potenziare completamente 3 delle 6 linee di produzione entro la fine dell’ anno 2022».

Fioroni sente l’azienda

L’assessore regionale Michele Fioroni intanto ha annunciato che l’assessorato allo Sviluppo Economico ha attivato interlocuzioni con associazioni di categoria e con la governance aziendale di Colussi, per acquisire elementi informativi in ordine all’ evoluzione della situazione. «Dai colloqui con l’azienda, è emerso – spiega l’ assessore in una nota – un quadro di attenta valutazione e monitoraggio degli impatti congiunturali derivanti dai rincari delle materie prime sul ciclo produttivo, per cui Colussi è impegnata nell’ attuazione delle conseguenti ordinarie misure di gestione delle attività produttive e di riallineamento del ciclo delle scorte». Il caso Colussi è stato portato all’attenzione nazionale anche da Giorgia Meloni che, criticando il premier Draghi sulla questione ‘condizionatori’, ha citato proprio il caso Petrignano come una delle conseguenze della guerra sulla produzione aziendale italiana.

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