Macroregione, Umbria deve accelerare

Presentato il Rapporto economico e sociale dell’Aur per il 2016-2017. A Palazzo Cesaroni si discute di centro Italia, tra affinità e differenze

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di E.M.

Quale futuro per l’Umbria in rapporto alle altre regioni dell’Italia centrale? Cerca di rispondere a questo interrogativo il rapporto economico e sociale 2016-2017 dell’Agenzia Umbria ricerche, dal nome ‘L’Umbria tra Toscana e Marche’, presentato mercoledì mattina alla sala Brugnoli di Palazzo Cesaroni. In quello che è il stato definito il «primo evento istituzionale di ragionamento sulla cosiddetta Italia di mezzo», è stato illustrato un report che parte dall’Umbria per confrontarla con le sue ‘vicine’, per mettere in evidenza tratti identitari comuni e differenze, dal punto di vista economico ma non solo. Il rapporto, infatti, prende in esame anche caratteri territoriali, eccellenze, sistemi culturali e diffusione del benessere. E il quadro che ne esce è quello di un’Umbria complessivamente più vicina alle Marche che alla Toscana.

Perugia Res2Il processo di collaborazione Il tema della redifinizione degli ambiti amministrativi delle regioni è da tempo in agenda anche in Umbria e, secondo la presidente del Consiglio regionale Donatella Porzi, occuperà un rilievo sempre maggiore. «Ritengo che i contenuti di questo confronto debbano prescindere da aspetti geografici – ha detto durante il suo intervento d’apertura – dovremmo evitare che un’eventuale legge di riforma non tenga conto del contesto, è necessario che il progetto possa partire dal basso». Una prima forma di ‘unione’ tra Toscana, Umbria e Marche in realtà c’è già stata, a Bruxelles lo scorso 15 giugno, quando i presidenti Enrico Rossi, Catiuscia Marini e Luca Ceriscioli hanno siglato un protocollo d’intesa per la fusione degli uffici di rappresentanza. «I presidenti si sono già impegnati a coordinarsi nella gestione dei fondi europei, lavoro, istruzione, cultura e turismo – ha ricordato Porzi – perché si possa arrivare ad una forma di collaborazione sempre più stretta per mettere al centro esigenze dei cittadini delle nostre comunità. Questo processo ha subito un arresto legato agli eventi sismici, ma è avviato e non può essere arrestato».

L’Italia mediana Perché l’intesa prosegua, la regione Umbria punta a relazioni sempre più strette con Umbria e Marche. E in questo contesto, i dati dell’Aur sono una base da cui partire, per attuare politiche ed azioni comuni e strategiche. «Il tema è quello dell’Italia mediana, i cui confini sociali economici culturali e civili sono di difficile definizione – ha spiegato Lucio Caporizzi, direttore del progetto per la Programmazione, innovazione e competitività dell’Umbria – l’Italia è da sempre divisa tra ‘questione meridionale’ e ‘questione settentrionale’, ma da un po’di tempo a questa parte il ‘centro’ è stato preso come riferimento, per una migliore qualità della vita e una ricchezza distribuita in modo più equo».

Il dibattito sulla macroregione «Questo rapporto è stato fortemente voluto dalla presidente Marini per dare avvio a un dibattito su fatti, numeri e dati, in merito all’idea ancora in fieri della macroregione», ha spiegato l’assessore alle Riforme istituzionali Antonio Bartolini, che ha voluto cominciare parlando del libro ‘L’Italia centrata’, curato dal presidente della Toscana Enrico Rossi, che cerca di dare una visione diversa dei rapporti regionali in ambito nazionale. «Bisogna iniziare a spostare il dibattito da una dimensione ‘verticale’ del problema nord-sud a una dimensione orizzontale. Questo volume fornisce importanti spunti di riflessione. Ad esempio, il fatto che emergano alcuni dati di ‘identità umbra’. Per la prima volta, infatti, il cittadino si sente umbro più che cittadino della propria città. E se avviene questo, in una regione nata da un disegno politico e non da una questione identitaria, è grazie alla politiche regionali». Ma se oggi ci sono gli elementi per un’identità umbra, come si colloca questa in un’eventuale regione ‘di mezzo’? Solo un terzo degli umbri, infatti, oggi si dice favorevole a un’ipotesi di macroregione. Tra i motivi, i timori e la paura di perdere centralità. «Per questo viene richiesta attenzione e prudenza – ha sottolineato Bartolini – le burocrazie regionali sono molto ‘timide’ a lavorare su questo tema, non è stato facile concludere i primi due protocolli, ma fermi restando gli elementi che ci impongono prudenza, dal Rapporto economico e sociale emergono molti punti in comune, tratti fortemente identitari».

Le anime economiche Tra i vari capitoli del Res, riveste particolare importanza quello che mette a confronto il tessuto economico di Umbria, Toscana e Marche. Se le tre regioni hanno conosciuto uno sviluppo industriale molto diverso, è il lungo periodo di crisi che ha accentuato le differenze. Tra il 1995 e il 2015, infatti, l’Umbria e le Marche hanno avuto sofferenze maggiori e si sono decisamente allontanate dalla Toscana, che ha saputo reagire meglio e si è avvicinata di più a realtà come la Lombardia e l’Emilia-Romagna. Anche per livello di benessere, infatti, la Toscana risulta essere tra le regioni con il passo più veloce, insieme al Nord Italia, per situazione economica generale. Solo negli ambiti dell’istruzione e del paesaggio, l’Umbria supera la ‘cugina’. Queste differenze, secondo il rapporto dell’Aur, potrebbero accrescersi nei prossimi anni per vari fattori, tra i quali la presenza in Toscana di una città metropolitana come Firenze. E mentre le Marche sono forti nell’esportazione di manufatti e sostenute da un alto grado di apertura sui mercati esteri, l’Umbria rimane poco internazionalizzata. Ci sono, però, anche molti tratti in comune, che le regioni potrebbero valorizzare. Si tratta della tradizione manifatturiera ma anche del ricco patrimonio artistico e paesaggistico.

Paesaggio Proprio le caratteristiche ambientali rappresentano le maggiori affinità tra Umbria, Toscana e Marche, tutte caratterizzate da un paesaggio rurale, soprattutto collinare, con piccoli centri abitati e un patrimonio architettonico di interesse artistico e storico. «Due terzi degli umbri – si legge nel report – metà dei toscani e un quarto dei marchigiani vivono nei territori della ‘grande bellezza’, dove il ricco patrimonio culturale si coniuga con le tradizioni artigianali e imprenditoriali. Una grande potenzialità in grado di generare crescenti impatti economici, a patto di migliorare la capacità di valorizzazione nelle aree dove è più debole, soprattutto in Umbria».

Cultura Ma è la gestione del sistema culturale che più accomuna le tre regioni, che seguono un modello piuttosto simile, basato sulla costante attenzione al patrimonio, una grossa quota di spesa pubblica dedicata alla cultura e un’attenzione particolare a ridurre le differenze d’accesso all’arte. Caratteristica che vale anche per il sistema dei musei: mediamente, nelle tre regioni, ce n’è uno ogni 6.500 abitanti. Nelle Marche e in Umbria, però, prevalgono i piccoli musei, mentre «in Toscana le grandi istituzioni museali sono il punto di riferimento nell’erogazione dei servizi». Anche l’offerta di spettacoli e cinema è alta in tutte le tre regioni, ma anche qui la Toscana spicca. Se nella terra di Dante ci sono spettacoli nel 75% dei comuni, l’Umbria si ferma al 64% e le Marche al 61%.

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