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Home » Malattie del fegato, una cura da Perugia

Malattie del fegato, una cura da Perugia

di Francesca Torricelli
14 Settembre 2016
in Attualità, Dal territorio
Tempo di lettura: 2 minuti di lettura
Il professor Roberto Pellicciari

Il professor Roberto Pellicciari

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Nei laboratori dell’Università di Perugia è stato sintetizzato l’acido oboliticolico (Ocaliva), il nuovo farmaco che è in grado di curare la colangite biliare primitiva (Cbp), malattia autoimmune del fegato. L’acido obeticolico è stato sviluppato all’inizio del 2000 dal professor Roberto Pellicciari nell’allora dipartimento chimica e tecnologia del farmaco dell’ateneo di Perugia (oggi dipartimento di scienze farmaceutiche) nell’ambito delle ricerche sugli acidi biliari che Pellicciari e il suo gruppo hanno iniziato a partire dai primi anni ’80.

Il farmaco Ora, a dimostrarne l’efficacia, in particolare in quei pazienti che non rispondono in modo significativo alle attuali terapie, è lo studio clinico ‘A placebo-controlled trial of obeticholic acid in primary biliary cholangitis’, pubblicato sul The New England journal of medicine e che vede come coautore Pietro Invernizzi, professore associato di gastroenterologia presso l’Università di Milano-Bicocca e direttore del programma per le malattie autoimmuni del fegato all’interno dell’International center for digestive health e dell’unità operativa complessa di gastroenterologia dell’ospedale San Gerardo di Monza diretti dal professor Mario Strazzabosco. Grazie a questo studio, il farmaco è stato recentemente approvato dall’agenzia americana ‘Food and drug administration’ (Fda).

La colangite biliare primitiva fino ad un anno veniva fa chiamata cirrosi biliare primaria. Colpisce all’incirca 400 persone su un milione, in maggioranza donne oltre i 40 anni di età, aggredendo le vie biliari, provocando infiammazione cronica e il ristagno della bile nel fegato. Nel 30-40 per cento dei casi può progredire e portare scompenso epatico e cirrosi fino, nei casi più gravi, al trapianto di fegato.

Lo studio clinico ha dimostrato la sicurezza e l’efficacia della nuova terapia attraverso un trial che ha coinvolto 217 partecipanti; dopo dodici mesi si è verificata una riduzione dei livelli di fosfatasi alcalina (Fa) maggiore tra i partecipanti trattati con il farmaco rispetto a quelli trattati con placebo (47% dei pazienti trattati rispetto al 10% nei non trattati). La riduzione di Fa è la ‘spia’ dell’effettivo funzionamento del farmaco, risultato che ha permesso l’approvazione della terapia da parte della Fda. L’introduzione in commercio di Ocaliva è prevista entro il 2017. La ricerca che ha portato a realizzare il nuovo farmaco è una storia in gran parte italiana, che parte dalla sintesi della molecola avvenuta a Perugia fino alla costituzione dell’azienda italo-americana Intercept, creata appositamente per lo sviluppo clinico e la commercializzazione del farmaco, con un importante supporto finanziario di uno sponsor italiano.

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