Nestlé, gli ex dirigenti: «Incontro inutile»

Dopo il duro comunicato dell’azienda, chi pensava di dar vita ad una cooperativa per rilevare la produzione di alcuni marchi Perugina si tira indietro: «Non c’è la volontà»

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Salta l’incontro programmato per venerdì 15 fra i dirigenti di Nestlé Italia e gli ex dipendenti della Perugina che negli ultimi giorni avevano fatto trapelare l’intenzione di rilevare la produzione di alcuni prodotti storici del marchio creato da Luisa Spagnoli.

Gli ex dirigenti in pensione davanti al Mise

Incontro inutile Il motivo sarebbe il duro comunicato dell’azienda che – nella giornata di martedì – faceva chiaramente capire che non ci sarebbero stati grandi margini di manovra per il progetto: «Da quanto letto hanno praticamente dichiarato la non fattibilità di questo progetto – dichiarano amareggiati a umbriaOn – e allora, che andiamo a fare?». Poi, superata la fase di amarezza, arriva la nota ufficiale, che parla di un incontro «ormai superato» dalle «nette posizioni di chiusura» alla proposta di costituire una cooperativa per la produzione di prodotti con marchi storici Perugina oggi dismessi.

La chiusura di Nestlé Era nato un piccolo giallo attorno alla posizione di Nestlé Italia dopo il doppio comunicato di martedì pomeriggio. Prima una chiusura netta. «Perché il Workers Buy Out – spiegava Nestlé – è uno strumento con cui i lavoratori di una azienda, in crisi, in vendita o in liquidazione, decidono di rilevarla in tutto o in parte per continuarne l’attività. Perugina però è in trasformazione, ma non certo in crisi, né in vendita, né tanto meno in liquidazione. Non ci sono pertanto i presupposti, né di fatto né di legge, per dare concretezza a questo tipo di proposta».

I vertici di Nestlé Italia

L’apertura forzata Una chiusura pressoché totale, nonostante la frase possibilista («Rimaniamo comunque in attesa di contatti diretti per poter valutare nel merito eventuali proposte, possibilmente corredate da un concreto business plan»), che però richiamava all’ordine gli ex dirigenti, facendo capire che ogni eventuale proposta dovesse seguire i canali tradizionali, che non potevano prescindere dalla multinazionale titolare del marchio. Pochi minuti dopo l’invio del primo comunicato, arrivava una leggera apertura, con l’invio di una seconda nota – pressoché identica alla precedente – nella quale veniva aggiunta in neretto una postilla: «Aderendo alle sollecitazioni del vice ministro Teresa Bellanova, abbiamo fissato un incontro con il gruppo degli ex dipendenti venerdì 15 dicembre per ascoltare le loro proposte». Un modo per dire: noi non siamo d’accordo, ma visto che ci tenete venite qui e fateci sentire cosa avete da proporre.

The End Evidentemente una posizione che non è piaciuta agli ex dipendenti, un po’ per i toni eccessivamente tranchant un po’ per il contenuto implicito del primo comunicato, che – di fatto – faceva capire che non ci fossero margini di manovra per una iniziativa simile. Iniziativa che, lo ricordiamo, non aveva avuto grandi sponde né dalla politica locale né dai sindacati, trovando invece ampio credito presso il ministero dello sviluppo economico: non a caso, nella stringata nota che di fatto mette la parola fine a questa avventura gli unici ringraziamenti sono proprio per il viceministro Teresa Bellanova e tutto il suo staff, «per aver considerato fattivamente la proposta».

Tornano in ballo i sindacati Chiusa questa parentesi, i riflettori tornano ad accendersi sui colloqui in atto fra sindacati e azienda. Prossimo appuntamento: il 18 gennaio al Mise. Non ci sono tante novità rispetto agli ultimi incontri. Dopo il precedente vertice ministeriale, ci sono stati due appuntamenti ‘in trasferta’: il primo a Milano, il secondo in Svizzera (il Cae, dove erano riuniti tutti i dirigenti di Nestlé Europa). Ma in entrambi non sono emerse particolari novità, se non la conferma del ruolo sempre meno centrale dell’Italia nella produzione dolciaria e nelle dinamiche industriali della multinazionale.

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