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Home » Perugia, chiuso il ‘bazar dello spaccio’

Perugia, chiuso il ‘bazar dello spaccio’

di Fabio Toni
21 Luglio 2017
in Dal territorio
Tempo di lettura: 3 minuti di lettura
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Un bazar troppo ‘sospetto’ che, per gli inquirenti, è una vera e propria base logistica: non solo per lo spaccio di droga nella zona di Fontivegge, ma anche per organizzare quella ‘guerra’ fra bande ed etnie, fatta per lo più di risse e accoltellamenti, per contendersi lo smercio della droga sulla piazza di Perugia.

PARLA IL QUESTORE FRANCESCO MESSINA, VIDEO

Serrande abbassate Il negozio in questione, che si trova in piazza del Bacio, è stato chiuso dalla polizia di Stato dopo che gli agenti hanno applicato alla titolare – 39enne italiana ma di origini nigeriane – la misura preventiva della sorveglianza speciale. La donna ha, ora, l’obbligo di dimora a Corciano e quello di presentarsi alla polizia giudiziaria per due volte la settimana e di non poter muoversi di casa dalle 20 di sera alle 7 del mattino.

Base logistica Già nel febbraio del 2015 la donna era finita sotto osservazione perché all’interno del negozio etnico che gestiva allora si organizzavano gli spacciatori nigeriani che si contendevano la piazza con i magrebini. A quel tempo, durante una mega retata, scattarono le manette per 24 persone che, in quel negozio, trovavano protezione e nascondevano lo stupefacente. La donna, in seguito ai guai giudiziari, si era poi spostata in piazza del Bacio e anche lì, secondo quanto ricostruito, il nuovo bazar avrebbe giocato un ruolo centrale nelle dinamiche dello spaccio. Da tempo, infatti, i cittadini segnalano nella zona una situazione di illegalità diffusa, di traffici sospetti quando non anche di risse che finiscono a bottigliate. «Se un negozio etnico, anziché fare da collante con le proprie tradizioni diventa il punto di riferimento per elaborare strategie tra bande criminali allora quello non è più un esercizio commerciale – ha spiegato il questore Francesco Messina – ma siamo di fronte a un problema di ordine pubblico che ci costringe a intervenire quanto prima».

Due fermi In un’altra attività, gli agenti della sezione ‘criminalità diffusa’ della squadra Mobile di Perugia hanno eseguito il fermo, disposto dalla procura, di due maghrebini – uno residente nei pressi della stazione ferroviaria e l’altro ad Olmo – ritenuti al centro di una fiorente attività di spaccio di droga nella zonedi Fontivegge e Case Bruciate.

Il ‘trasferimento’ L’avvio delle indagini risale allo scorso maggio: la polizia si è concentrata sui due soggetti, che utilizzavano lo stesso telefono cellulare, notati in più occasioni a spacciare droga – eroina e cocaina in particolare – a Case Bruciate. Una zona scelta anche per la necessità di spostarsi dalla stazione di Fontivegge e piazza del Bacio, dopo i numerosi controlli e i conseguenti arresti operati dalle forze dell’ordine.

Modus operandi Gli agenti della polizia di Stato hanno accertato i contatti fra i numerosi e affezionati clienti e i due soggetti, attraverso il telefono ‘condiviso’, così come gli incontri per lo scambio droga-soldi, con la prima confezionata in piccoli involucri abilmente nascosti in qualche anfratto o buca nel terreno, per evitare di doverla portare ogni volta con sé.

Gli appuntamenti con i clienti venivano stabiliti per la maggior parte alla stazione minimetrò di Case Bruciate o in via Maturanzio. Nel corso delle perquisizioni eseguita dalla squadra Mobile è stato recuperato anche il telefonino usato per gestire l’attività di spaccio. Ora i due si trovano in carcere, a Capanne, in attesa dell’udienza di convalida.

Il quartiere «Le operazioni di questi giorni – ha spiegato ancora il questore Messina – rientrano nell’attività di controllo, prevenzione e repressione portate avanti dalla polizia per contrastare ‘l’emergenza Fontivegge’. Non è possibile, non è tollerabile, non possiamo permettere che un capoluogo di regione presenti una stazione dei treni o del Minimetrò che è una piazza di spaccio in cui bande avversarie si contendono i clienti come avverrebbe a Tunisi. Noi questo non lo permettiamo e stiamo facendo il possibile per ridare al quartiere quella tranquillità di cui ha bisogno per poter rinascere. Però, e questo lo dico da tempo, non si può contare solo sul lavoro delle forze di polizia, bisogna far tornare il quartiere all’interno dell’area di governo della città. Fino ad allora il nostro lavoro non basterà»

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