Perugia, ospedale da campo senza anestesisti

Paradossale la situazione nella struttura realizzata con i fondi della Banca d’Italia: è pronta ma non può partire perché mancano specializzati. De Luca (M5S) attacca

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Paradossale la situazione all’ospedale da campo di Perugia, dove, a più di un mese dall’inaugurazione mancano ancora gli anestesisti che servono per attivare i posti letto. Ne servono 20; sono dieci quelli che hanno risposto al bando.

SPECIALE COVID – UMBRIAON

Al momento coperta la metà dei posti

L’avviso è stato prorogato rispetto alla prima scadenza del 15 gennaio, ma nemmeno stavolta – scrive il Corriere dell’Umbria – si è arrivati al numero di adesioni utili per soddisfare le esigenze. Una decina le manifestazioni di interesse per andare a lavorare nelle tende montate di fronte al pronto soccorso. 

Contratto poco allettante?

Evidentemente – ricostruisce il quotidiano – non piace il contratto a tempo determinato di un anno che viene offerto ai medici, considerando anche il fatto che nelle strutture simili realizzate in altre regioni gli anestesisti vengono assunti a tempo indeterminato.

L’ospedale della Banca d’Italia

Un progetto da tre milioni di euro – finanziati dalla Banca d’Italia – che è andato in porto fra mille ritardi e difficoltà, tanto da rendere necessario l’intervento dell’Esercito che ha realizzato in tempi record un primo ospedale da campo, in attesa di quello di Bankitalia. 

«Sanità al collasso e silenzio preoccupante della giunta»

Sul tema interviene il consigliere regionale del M5S, Thomas De Luca: «Umbria da zona rossa. I dati ormai sono chiari. Il tasso di positività al 25% (più che triplicato nelle ultime cinque settimane) è tra i più alti d’Italia. L’Umbria raggiunge un altro triste primato nel paese, quello dei posti letto occupati per le degenze Covid: 46% per gli ordinari su una soglia di allerta del 40% e 45% per le terapie intensive su una soglia di allerta del 30%. Per quanto riguarda la trasmissione del contagio, l’Umbria è seconda solo alla provincia autonoma di Bolzano in relazione alle medie nazionali di incidenza per 100.000 abitanti e dell’incremento percentuale dei casi. La conseguenza sono le ospedalizzazioni in continuo e preoccupante aumento. Le code di ambulanze davanti all’ospedale di Perugia sono solo l’ennesima conferma. Sono gli stessi operatori della sanità perugina a parlare di ‘situazione di “collasso’ e di ‘sfiancamento’. L’ospedale di Perugia è saturo, ma ad oggi risultano solo 17 posti letto in terapia intensiva attivati a fronte dei 49 previsti dal piano di salvaguardia. Anche l’ospedale di Terni, nonostante nella provincia il livello del contagio sia un decimo di quello di Perugia, appare oltremodo – continua De Luca – sotto pressione e il numero di terapie intensive occupate superano quelle del nosocomio perugino. Nelle cliniche private, dove sono stati dirottati gli interventi chirurgici, vengono segnalate mancanze di anestesisti. Ma dove sono finiti i nostri governanti? Per il commissario regionale per l’emergenza sanitaria Massimo D’Angelo è colpa delle scuole. La presidente Tesei su questo fronte ha lasciato il cerino in mano ai sindaci. E così uno studente di un’area ad alto contagio come Amelia non può andare a scuola nel suo comune, ma può andare per esempio a Narni perché area a basso contagio. In tutto questo lascia perplessi il silenzio dell’assessore alla sanità, Luca Coletto, che lascia trapelare un’incapacità di azione a tutela della salute degli umbri. Nel frattempo il super consulente Bertolaso è stato archiviato e il Piano di Salvaguardia che aveva disposto per supportare la sanità regionale nel momento di maggior crisi si sta dimostrando impercorribile, così come avevamo ampiamente denunciato. Oggi suona quanto mai beffardo rimarcare il totale fallimento della politica degli ospedali da campo. Quello dell’Esercito per malati post-acuti a Perugia non è stato mai utilizzato per oltre un terzo della sua disponibilità. L’ospedale da campo della Regione Umbria, già inaugurato con titoli a quattro colonne, non sappiamo che fine abbia fatto. Ma sappiamo – conclude – che non si è riuscito a reclutare i medici per farlo lavorare al pieno. Dell’ospedale da campo di Terni abbiamo da tempo perso le tracce. Con quasi la metà dei soldi spesi si sarebbero potute adeguare in poco tempo le strutture dell’Ex Milizia di Terni e di Monteluce a Perugia, in una situazione meno precaria e più gestibile anche dal personale medico-sanitario. Nonostante i nostri incessanti appelli, hanno deciso di fare diversamente».

 

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